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La visionaria Tathiana Garbin: dalla serie B al trono mondiale in 7 anni

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Garbin / Fran Santiago/Getty Images for ITF

C’è stato un tempo, pochi anni fa, nel quale il periodo di capitanato di Tathiana Garbin sembrava davvero in una situazione al di là del critico. Sembra un momento lontano, ora che il 2024 si è chiuso con un trionfo atteso 11 anni, ma l’Italia a un certo punto era finita, nei fatti, nella Serie C del tennis femminile globale. Ma andiamo con ordine.

Tathiana Garbin subentrò nell’ottobre del 2016 a Corrado Barazzutti, che aveva guidato la selezione femminile per 14 anni, nei quali c’erano state quattro Fed Cup, come si chiamava allora la Billie Jean King Cup. Aveva avuto un passato nella coppa da 11 match giocati, con un record di 4-3 in singolare e di 2-4 in doppio. Un arco di tempo, il suo, quello che va dal 1999 al 2008. Nel mezzo, ad ogni modo, un primato ce l’ha: è stata (ma al Roland Garros) la prima italiana a battere una numero 1 del mondo. Ce la fece, a Parigi, contro Justine Henin, e che la belga fosse afflitta da qualche problema fisico ha un peso relativo, perché andava comunque battuta. La mestrina ci riuscì.

Il 2017, per una fatalità del caso, vide Italia e Slovacchia una di fronte all’altra. Quella che poi è diventata la finale 2024, quella che fu la semifinale 2002, al PalaFiera di Forlì fu il primo tie con Garbin in panchina. Cominciò bene, con Francesca Schiavone che demolì Anna-Karolina Schmiedlova per 6-3 6-1. Poco dopo, però, comparve Rebecca Sramkova (sì, sempre lei), che riuscì a scardinare le certezze di Sara Errani battendola per 2-6 6-3 6-4. La romagnola, il giorno dopo, s’infortunò e non fu più in grado di competere con l’eterna Daniela Hantuchova: finì 6-2 6-0. E a finire fu anche il lavoro di Sramkova, che sconfisse Schiavone 6-2 6-4 nonostante momenti finali in cui la milanese cercò in tutti i modi di riscaldare l’ambiente forlivese. Pochi lo ricordano, ma quel giorno esordì Jasmine Paolini, in doppio in coppia con Martina Trevisan (durò poco, perché sul 5-2 a sfavore Schmiedlova e Sramkova si ritirarono). Fu così che servì lo spareggio con Cina Taipei, alias Taiwan, in cui la squadra priva delle sue big fu sconfitta, pur con alcuni brividi (Trevisan vinse 12-10 al terzo ed Errani fu costretta a una rimonta nel secondo match), per 3-1. Paradossalmente, per Sara cominciò proprio lì il periodo più difficile, perché in quell’arco di tempo si consumò la catena di eventi che la portò alla prima squalifica legata al caso del letrozolo.

Si passò così al 2018: Garbin sapeva che c’era Deborah Chiesa in ascesa e la chiamò per Italia-Spagna. Beninteso: a Chieti la stella fu Sara Errani, che portò due punti e vinse l’ultimo duello di puro tennis con Carla Suarez Navarro, insieme alla quale ha dato vita a partite storiche. Ma Chiesa, al debutto, s’inventò un grandissimo tie-break del terzo set per battere Lara Arruabarrena, fatto che le consentì di diventare eroina per un giorno. Non sapeva che la sua carriera sarebbe stata bruscamente frenata da un’artrite che ne frantumò le possibilità di arrivare al top proprio quando stava facendo dei passi importanti in tal senso. Ci fu così l’occasione di rientrare nel World Group, ma il Belgio dei tempi era forte per davvero: la miglior Alison van Uytvanck e un’Elise Mertens che, da allora a oggi, la sua forza l’ha mantenuta, non diedero scampo alle tricolori e fu 0-4.

Il 2019 fu l’anno disastroso. Nel frattempo c’era stata la seconda (e assurda) squalifica di Errani, a scoppio ritardato. La romagnola poté rientrare appena in tempo per il tie con la Svizzera, in cui lottò come poté con Belinda Bencic, ma senza poter vincere. La sconfitta arrivò con i due ko di Camila Giorgi, tornata in azzurro dopo tre anni, che oltre che dalla futura campionessa olimpica perse anche contro Viktorija Golubic. La marchigiana si infortunò prima del confronto con la Russia, a Mosca, in cui ci fu poco da fare: Martina Trevisan e Jasmine Paolini contro Potapova e Pavlyuchenkova in quel periodo non potevano bastare. Se il World Group II era la Serie B (o più che altro una sorta di A2), qui si andava nella vera e propria Serie C, la zona euro-africana.

Questa, però, di fatto si trasformò in una vera e propria Serie B nel momento in cui ci fu la riforma della coppa con annesso cambio di nome. All’atto pratico, World Group I e II furono fusi in una cosa sola con Finals teoricamente da svolgersi ad aprile 2020. Già, teoricamente, perché nel frattempo impazzò il Covid-19 e nulla fu più possibile. Nemmeno il playoff promozione dell’Italia, che nel frattempo, con Giorgi, Cocciaretto, Paolini, Trevisan e Gatto-Monticone, aveva agilmente passato il concentramento in Estonia, dove solo Anett Kontaveit (padrona di casa e al tempo di una corsa che l’avrebbe portata al numero 2 del mondo) batté un’azzurra, Giorgi nel caso, e dopo dura lotta. Toccò attendere un anno, l’aprile 2021, per andare a Cluj-Napoca e battere per 3-1 una Romania senza Simona Halep, ma con Irina Bara, Elena-Gabriela Ruse e Mihaela Buzarnescu che al tempo era nei suoi momenti migliori. Fu di nuovo World Group, in un’altra salsa.

E, nel 2022, il turno di qualificazione andò anche bene: Jasmine Paolini, già in fiducia da fine 2021, batté Alizé Cornet, Camila Giorgi fece il resto e ad Alghero l’Italia batté la Francia già nei primi tre incontri. Non era ancora tempo per le celebrazioni, però, perché con Svizzera e Canada arrivò un secco 3-0 nelle Finals. Si cominciò con il tie-break perso da Elisabetta Cocciaretto contro Jil Teichmann nel terzo set della prima sfida, quella con le elvetiche, si chiuse con il doppio 6-0 subito da Martina Trevisan da Leylah Fernandez.

Il 2023, invece, le complicazioni le vide subito. L’ultima Italia con Giorgi in campo, ma solo nel primo singolare, perché un problema al ginocchio la fermò. Si rivelerà, questo, un elemento fondamentale: dopo il 2-0 firmato Giorgi e Trevisan, nel secondo giorno Paolini perse da Schmiedlova e Garbin dovette schierare Cocciaretto, che perse da Kuzmova (che poi, oggi, è Hruncakova). Si andò così al doppio, dove Cocciaretto e Trevisan dovettero sudare di tutto per battere Kuzmova e Mihalikova. Il doppio Errani/Paolini era ancora ben lontano dall’essere qualcosa di concreto e Sara, dopo la seconda squalifica e il rientro del 2019, non era più stata chiamata per tentare di perseguire una linea giovane (che, peraltro, i risultati non li ha dati mai: Nuria Brancaccio non è mai esplosa, Bianca Turati si è ritirata a 25 anni e Lucrezia Stefanini, dopo gli Australian Open 2023, non ha mai dato seguito a quel risultato). Vennero così le Finals, in cui, sul veloce al coperto di Siviglia, Martina Trevisan e Jasmine Paolini riuscirono a fare miracoli su miracoli specie con la Francia, battendo Cornet e Garcia. Fu 2-1, e 3-0 poi con la Germania, anche se i doppi lasciavano sempre i brividi per poco affiatamento delle protagoniste. In semifinale, fu battuta la Slovenia di Kaja Juvan e Tamara Zidansek, ma in finale si dovette cedere al Canada perché, semplicemente, Marina Stakusic azzeccò la settimana della vita e Leylah Fernandez aveva tutto per dar fastidio a Paolini.

Nel 2024, con l’Italia direttamente ammessa alle Finals, c’è invece stato tutto il tempo di ricomporre tante cose. E, nel frattempo, è successo di tutto. Il ritorno in auge di Sara Errani, l’esplosione di Jasmine Paolini, la conferma a buoni livelli di Cocciaretto e Trevisan. Tutti elementi che, in questi giorni di Malaga, hanno portato al trionfo finale. E tutto con un cerchio particolare: un anno fa, nei giorni spagnoli, Tathiana Garbin annunciò di avere un tumore raro. Un anno dopo, con più vitalità che mai, è qui a festeggiare. E a far festeggiare l’Italia.

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