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MotoGP, Jorge Martin ci ha ricordato come non si viva di soli calcoli, ma anche di emozioni

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Caro Jorge Martin, questa è una lettera di ringraziamento. Ti daranno dell’idiota, dell’imbécil, del gilipollas e chi più ne ha, più ne metta. Un po’ lo sei stato, sia chiaro, perché in pochi minuti hai rischiato di mettere a repentaglio quanto avevi sapientemente costruito per un anno. Che bisogno c’era di scornarsi con Francesco Bagnaia, sapendo di avere un margine tale in classifica generale da poterti permettere di arrivare terzo e archiviare comunque una gara favorevole in ottica rincorsa al titolo?

“Volevo vincere” hai detto ai microfoni subito dopo la gara. Già. Negli stadi italiani, le curve talvolta intonano un canto che comincia in maniera affine e non finisce bene per gli avversari, dileggiati proprio per questa loro volontà. Non è il caso di riportarlo per intero, il testo, anche perché il secondo posto alla fine te lo sei conquistato, evitando spiacevoli conseguenze nella tua folle battaglia con Pecco.

Non sei stato un esempio di lungimiranza, Jorge. Se c’era un modo per rimettere in palio una corona iridata ormai prossima a essere posta sul tuo cranio, proprio la tua testa ha fatto di tutto perché potesse concretizzarsi. Non sappiamo quale grillo abbia cominciato a saltare allegramente dentro di essa e forse non vogliamo neppure saperlo. Si è chetato in tempo per evitare il patatrac.

Classifica Mondiale MotoGP 2024: Bagnaia a -24 da Martin prima dell’ultimo GP

Però, appunto, grazie. Grazie per aver ricordato a tutti come lo sport non sia necessariamente bieco e freddo calcolo. In un’epoca pervasa da una tecnologia invasiva e imperante, nel quale l’inaridimento delle capacità cognitive a favore della cosiddetta “Intelligenza Artificiale” si fa sempre più marcato, tu hai dimostrato di non essere un cyborg.

Te ne sei fregato, almeno per qualche minuto, dell’algebra. Hai seguito l’istinto, l’adrenalina, l’indole che ti ha fatto scegliere di balzare in sella a una moto da corsa. In realtà, se ci pensiamo bene, tutto quanto è legato al motorsport è irrazionale. Perché mettere a repentaglio la propria vita su un’auto o una moto lanciati a 300 km/h in mezzo a tante altre? Per quanto la sicurezza sia sempre messa in primo piano, la disciplina resta pericolosa. Anzi, resta una follia in senso stretto.

Già, perché essere folli? Perché siamo umani, ecco perché. Lo spettacolo, l’intrattenimento, l’emozione fanno parte della nostra esistenza. Le cerchiamo atavicamente, forse per sentirci vivi. È qualcosa che un computer non potrà mai provare o sostituire. Jorge Martin, con la sua “follia” iniziale, ci ha ricordato proprio questo aspetto del nostro essere. Umano, appunto.

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