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Sollevamento Pesi
Nino Pizzolato: “Ho convissuto 2 anni con il dolore. Nasar sa che se sono al 100% posso batterlo”
Quello appena trascorso è stato un quadriennio molto complicato per Antonino Pizzolato. L’azzurro, pilastro del sollevamento pesi, ha vinto per la seconda volta consecutiva la medaglia di bronzo in una Olimpiade. L’impresa – termine non scelto a caso – è stata compiuta nella pedana di Parigi 2024, dove si è distinto nella categoria -89 kg arricchendo una delle giornate più emozionanti di tutta la rassegna a cinque cerchi, contrassegnata dalla conquista di sei metalli complessivi.
Un podio importantissimo per il siciliano, il quale dopo il leggendario successo agli Europei 2022 di Tirana (con tanto di record mondiale), ha dovuto fare i conti con un infortunio alla schiena che, purtroppo, ha completamente stravolto il suo cammino olimpico. Oggi, a tre mesi da quel memorabile 9 agosto, Nino ha affrontato un intervento chirurgico in attesa di tornare più forte, grintoso e rabbioso di prima. Il sogno? Non tanto vincere, quanto mostrare ancora una volta al mondo (e soprattutto agli avversari) le sue capacità quando è al top della forma.
Sono passate tre settimane dall’intervento chirurgico, di cui hai spiegato i dettagli pochi giorni fa. Come stai adesso?
“Molto bene, era un intervento che dovevo fare già prima dei Giochi di Parigi. Ho deciso di non farlo perché sapevo che sarei riuscito a qualificarmi e a lottare per una medaglia anche con tutto il dolore. Certo, non è arrivato il metallo che desideravo. Ma siamo stati lì a combattere con le carte che avevamo quel giorno“.
Il tuo bronzo a Parigi è stato uno dei momenti più emozionanti delle Olimpiadi di Parigi. Merito di come è maturato, ovvero con quel “no lift” di prima chiamata nell’ultima alzata dello slancio, poi corretto in fase di review. Il tuo sguardo già diceva tutto. Come hai vissuto quei secondi, che tra l’altro non sono stati neanche pochissimi?
“Noi non possiamo mai sapere il risultato di una gara. Saperlo toglierebbe il bello e la gioia di competere. Anche un imprevisto può fare la differenza e quindi anche il favorito può rischiare di non vincere. Prima di salire in pedana bisogna essere però consapevoli di poter fare tutto bene. Io ero in pace con la mia coscienza, perché non potevo preparare l’Olimpiade meglio di come avevo fatto lottando con il dolore, sacrificando la vita sociale ed allenandomi anche la domenica cercando il più possibile di rispettare i tempi di recupero, l’alimentazione e il riposo. Insomma, avevo la coscienza a posto. In quei secondi non provavo il dispiacere per il risultato che in quel momento stava scappando per il giudizio degli arbitri, ma la sensazione di avercela messa tutta e di comprendere che niente è scontato. Poi ci ho creduto fino alla fine perché avevo la sensazione che l’alzata fosse in realtà valida, quindi sono stato lì con il mio team, fino alla fine, nella suspense. Sembrava si stesse per infrangere il sogno. Il risultato finale ha però ripagato tutto quello che ho fatto. E’ un bronzo, ma vale oro per quanto ho sacrificato la mia vita e per l’attenzione messa per arrivare all’obiettivo“.
Il tuo quadriennio, che poi tecnicamente è stato un triennio, è cominciato con quel meraviglioso oro (con tanto di record del mondo) agli Europei di Tirana. Poi il problema alla schiena ha cambiato tutto. Qual è stato il momento più difficile della tua rincorsa ai Giochi di Parigi?
“Il momento più difficile è stato da settembre 2022 fino al 9 agosto 2024. Un periodo lunghissimo, tortuoso, impegnativo, in cui è stato difficile avere la resilienza di aspettare il risultato. Lo dico sempre ai ragazzini in palestra: un conto è avere fiducia del processo del risultato, un altro è affidarsi alle mille variabili del tuo corpo. In casi come questo non sei padrone del risultato, non devi allenarti e basta, ma avere fiducia della tua salute fisica e capire se reggi o non reggi. Dolori ne ho sopportati tanti e ne ho imbeccati di giorni brutti, però ne è valsa la pena“.
Hai già dichiarato di voler continuare a “cafuddare”. Hai già un’idea di quanto potrai tornare in pedana?
“Al momento sarebbe una scelta azzardata dire quando ricomincerò. La cosa più importante in questo periodo della mia vita non è dimostrare di essere un Hulk capace di spaccare al massimo delle mie possibilità. Adesso dobbiamo pensare a far sfiammare la parte interessata. Mi sono operato con il Professor Gasbarrini, grande professionista nonché persona umana e caparbia. Al momento dobbiamo stare molto tranquilli. La prossima settimana dovrei cominciare la riabilitazione in acqua, così inizio a muovermi bene“.
Prima dei Giochi ha divertito molto la tua “competizione” a distanza con Karlos Nasar (poi diventato oro olimpico) sui social. Vi siete sfidati a colpi di alzate, motivandovi a vicenda. Qual è la sua migliore peculiarità secondo te?
“Ti risponderò in modo un po’ egocentrico. Quando sono al top della mia prestazione e della mia forma fisica, lui sa perfettamente che per quanto possa giocare forte, io trovo qualcosa che quel giorno non riesce a raggiungere. D’altronde lo dice la storia. Nei due Campionati Europei che abbiamo fatto al top tutti e due, lui ha avuto sempre la peggio. Lui a confronto mio paga la meno esperienza quando si gioca ad armi pari. In fondo non ha avuto mai un avversario oltre me che si mettesse lì a rompergli le scatole per la vittoria“.
Pochi giorni fa abbiamo intervistato Giovanni Pellielo, leggenda del tiro a volo. Un altro sport che, come il sollevamento pesi, vanta una fortissima componente mentale. Quanto influisce la testa in gara?
“Noi siamo la Federazione per eccellenza della forza. Ma il nostro non è uno sport prettamente fisico. Serve certamente una potenzialità fisica, però non è come andare ad affrontare una gara di squat o di panca dove l’approccio mentale serve, ma ad una percentuale ridotta. Il nostro sport ha degli intersechi. Per quanto tu possa essere forte, se la tua testa quel giorno non è al massimo dell’armonia e della motivazione, tu potresti fare anche venti chili meno del tuo massimale. La testa nel nostro sport gioca un lavoro complesso al fine del risultato. E va a prendere secondo il mio punto di vista ben più dell’80% della prestazione in gara. La differenza tra uno forte ed uno che vince è solo la testa“.
Da qui si spiegano le tre alzate nulle che spesso vediamo durante le gare…
“Sì però consideriamo che noi, atleti italiani, abbiamo come prima entrata una misura già importante, dal 93 al 95, 96, chi anche il 98% del massimale. Entriamo già in gara con delle alzate che sono già al limite delle nostre prestazioni”.
Alimentazione, dedizione, pianificazione quotidiana degli allenamenti. Essere un pesista non è semplice. Qual è secondo te il setting giusto che un giovane atleta deve avere?
“In tal senso la Federazione ha fatto un grande lavoro. Quando sono arrivato io non avevamo dei punti di riferimento, né un piano che permetteva agli atleti di capire come sviluppare il proprio lavoro. Oggi abbiamo creato un assetto per cui un ragazzino, appena entra qui dentro, può avere una visione più chiara di tutto. Ha una chiave di successo. Dove noi più grandi fungiamo da esempio, mangiamo bene e svolgiamo l’allenamento in un certo modo, facciamo lo stretching, riposiamo. Hanno quindi già un esempio su come lavora un atleta vincente; questo prima non c’era. A differenza di un altro sport un pesista è chiuso in palestra. Non soffre quindi agenti esterni, non è influenzato dal caldo o dal freddo. Tu affronti ogni giorno un bilanciere, che ha le sue peculiarità: non ha sentimenti, paure. La lotta è contro di lui. Io dico sempre il bilanciere deve essere il tuo migliore amico ma anche il tuo peggior nemico. Se non sei a posto, lui ti castigherà“.
Viviamo in un’epoca dove la palestra è diventato un luogo cool. Oggi la Gen Z è attratta da tanti influencer che, mostrando sui social il proprio stile di vita, invogliano e incoraggiano i giovani utenti a praticare tante discipline, dal body building al fitness. Come vivi questo fenomeno?
“Il mondo della palestra è molto vario, bisogna stare attenti a non confondere quello che facciamo con quello che viene fatto con il Body Building. Il nostro è uno sport olimpionico, abbiamo delle regole ferree da seguire e quindi degli stili di vita che sono d’esempio su tutti gli aspetti. Siamo promotori del benessere. Sono contento di fare parte di questo mondo perché è bellissimo dimostrare alla gente che con uno con le sue forze ce la può fare. Io vengo da un piccolo paesino, Salaparuta, dove nessuno sapeva che esisteva un mondo così ampio e che si potesse arrivare dal niente a due medaglie olimpiche. Oggi è un grande vantaggio avere le piattaforme, pronte a dimostrare che tutto è possibile e che l’importante è crederci, ma secondo me è un’arma a doppio taglio. Alcune volte i ragazzi prendono da esempio persone e influencer che fanno vedere una vita parallela rispetto a quella reale. Quindi ragazzi, non state lì a fissarvi di diventare come quella persona. Voi dovete trarre spunto delle cose che pensate vi siano congegnali e che possano funzionare nel vostro corpo. Nessuno è perfetto, affidatevi a delle persone competenti, attraverso di loro potete capire quale percorso intraprendere“.