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Salto con gli sci
Perché gli sport invernali non sfruttano di più il mese di novembre? Si privilegia invece la primavera…
“Che fretta c’era, maledetta Primavera” cantava Loretta Goggi in uno dei suoi successi più celebri. Ebbene, tale verso non appartiene più al gergo degli sport invernali, il cui calendario è cambiato rispetto al recente passato. Se qualche anno orsono, la stagione entrava nel pieno a novembre, con appuntamenti diffusi già a fine ottobre, oggi si aspetta l’inizio di dicembre prima di dare realmente fuoco alle polveri.
In compenso, si allunga l’annata sino a fine marzo o addirittura inizio aprile. Al di là di quello che avviene nel mondo del ghiaccio, che ha il vantaggio di essere indoor, lo sci alpino e il salto con gli sci terminano dopo l’equinozio primaverile. In Norvegia e Scandinavia, poi, si sfrutta tranquillamente aprile per mandare in scena appuntamenti di carattere internazionale, seppur non inseriti in Coppa del Mondo.
La ragione è banale. Si chiama neve. Il clima è cambiato e, di conseguenza, un’attività fortemente stagionale deve adeguarsi. Lo dice il nome stesso “sport invernali”. Se l’inverno non c’è, allora non c’è modo di mandare in scena alcunché. Novembre non viene più sfruttato perché è difficile trovare contesti pienamente innevati già a questo punto dell’anno.
Al contrario, la neve caduta durante l’inverno, benedice molti ambiti anche a inizio primavera. Dunque non è un problema gareggiarvi, anche grazie alle tecnologie correnti. Si fa di necessità virtù, soprattutto se si ragiona con una forma mentis che non sia legata a logiche climatiche prettamente mediterranee, come avviene troppo spesso alle nostre latitudini.
Allargando lo sguardo a Nord delle Alpi, piuttosto che all’America, ci si renderà conto di come aprile possa essere un mese fresco, nel quale congedarsi adeguatamente dall’inverno, senza obbligatoriamente avere un’atmosfera mite. L’anomalia è l’Italia, dove le discipline della neve sono praticate sull’’Arco Alpino. Il resto del Paese è decisamente a meridione rispetto a chi – sugli sport invernali – ha invece una cultura più ampia, anche in termini di impatto sulla società e sulla cultura popolare.