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Rugby a 7
Rugby a 7, con Duodo finalmente si investirà sul rugby olimpico? Forse, ma serve l’aiuto di World Rugby
Sono passate poche settimane dall’addio di Marzio Innocenti a capo del rugby italiano e Andrea Duodo ha preso le redini del movimento con molte aspettative da parte dei tesserati, degli addetti ai lavori e dei tifosi. L’attenzione è tutta rivolta alla nazionale maggiore, al massimo campionato italiano, mentre in piccola parte si pensa al movimento femminile, alla questione del Sud, o alla gestione dell’United Rugby Championship. Mentre sui media lo spazio rivolto al futuro del rugby a sette in Italia non esiste. Esiste, invece, nel programma di Duodo?
Esiste, ma alle parole ora bisognerà vedere se si passa ai fatti. Il neopresidente ha dichiarato più volte che il rugby olimpico è un’opportunità per la palla ovale italiana e che in passato non si è investito abbastanza. Ma Duodo sa che non basta premere un pulsante e di colpo il rugby Seven diventa competitivo in Italia. Serve una progettazione, servono investimenti e serve confrontarsi con World Rugby per rendere i costi sostenibili. Come?
Il primo passaggio è quello di legare il rugby a sette a un gruppo sportivo militare, come capita per moltissime discipline olimpiche. Come ho scritto pochi giorni fa, però, questa è un’ipotesi già sentita con la presidenza Gavazzi prima e Innocenti poi, restando tutto lettera morta. Ora serve che si passi ai fatti. E, da quello che ho potuto sapere in questi giorni, degli abboccamenti ci sono stati e sembra che la volontà politica di dare una svolta nella gestione del Seven ci sia. Ma, come detto, non basta.
Perché creare un gruppo sportivo di rugby Seven e investire centinaia di migliaia di euro nel rugby a sette è assurdo se la programmazione internazionale è limitata a due weekend estivi quando si disputa il torneo di Rugby Europe, cui l’Italia partecipa da anni. Così non si cresce, non si crea interesse mediatico e la strada verso l’elite ovale e l’avere una reale chance di qualificarsi alle Olimpiadi resta ripidissima. Cosa serve allora?
Serve che la Fir si faccia sentire a livello internazionale, con World Rugby, chiedendo di cambiare la struttura del rugby a sette mondiale. Alle Svns, cioè il torneo mondiale che coinvolge le migliori nazionali in otto tappe da dicembre a giugno, infatti va aggiunto un “mondiale B” cui possano partecipare le nazionali di seconda fascia. Un torneo che da un lato dia una promozione alla massima serie, ma dall’altro soprattutto permetta alle nazionali di seconda fascia di avere un programma agonistico importante, lungo e impegnativo. Solo così gli investimenti della Fir sarebbero giustificati e la presidenza Duodo non avrà più alibi per lasciare il rugby a sette morto e sepolto in Italia.