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Sci Alpino

Sci alpino, la “lost generation” azzurra. A quando la prima vittoria di un italiano nato negli anni ’90?

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Alex Vinatzer
Alex Vinatzer / LaPresse

A corollario di quanto scritto nelle scorse settimane, ovvero che l’Italia dello sci alpino è entrata in una crisi apparentemente senza fine nelle discipline tecniche, si può aggiungere una considerazione, espressa sotto forma di quesito. Sapete chi è il più giovane sciatore azzurro ad aver vinto in Coppa del Mondo? Cinque secondi per pensarci, prima di leggere la risposta.

Ebbene, un plauso a chi ha indicato Dominik Paris, il quale ha visto la luce il 14 aprile 1989. Il dato, a pensarci bene, fa rabbrividire. Il più giovane italiano a essersi imposto nel massimo circuito è più vicino ai 40 anni di quanto non lo sia ai 30! In altre parole, tutti gli sciatori tricolori venuti al mondo dagli anni ’90 in poi, non hanno ancora trionfato!

Chissà, se Mattia Casse (leva del 1990) e Florian Schieder (classe 1995) non fossero stati massacrati da infortuni ripetuti, avrebbero festeggiato almeno un’affermazione, peraltro clamorosamente sfiorata lo scorso anno da Guglielmo Bosca (un 1993 emerso in tarda età). C’è ancora tempo nelle discipline veloci, dove è evidente come il prime di ogni sciatore venga raggiunto fra i 30 e i 35 anni.

Tris norvegese a Soelden, vince Steen Olsen. Vinatzer rimonta ed è quinto dietro al brasiliano Braathen!

Nelle discipline tecniche Luca De Aliprandini (coetaneo di Casse) è senza dubbio più vicino alla fine della sua carriera di quanto non lo sia all’inizio, mentre Alex Vinatzer ha ormai scavalcato i 25 anni. Non è più un ragazzino di primo pelo e su di lui sta venendo appiccicata la poco ambita etichetta di “eterna promessa” (sempre pronta a essere mantenuta, però).

Insomma, se si volesse essere sensazionalistici, si potrebbero usare formule del tipo “l’Italia dello sci alpino ha disimparato a vincere”; oppure se si volesse essere melodrammatici, ci si potrebbe strappare le vesti in relazione all’irreversibile declino dello sci tricolore.

Sensazionalismo e melodramma non appartengono però alla sfera dell’analisi, che dovrebbe sempre essere asettica e slegata da logiche emotive. I dati dicono come ci sia una “generazione persa” in ambito azzurro. Almeno per il momento, perché gli anni ’90 hanno ancora il tempo per emergere e scoprirsi vincenti anche in campo maschile. Non lo saranno mai quanto la controparte femminile, ma lo spazio per imporsi c’è.

Prima o poi Vinatzer centrerà il bersaglio grosso, non si può credere che un atleta del suo talento resti a secco all’infinito. Magari qualche veterano centrerà la proverbiale “giornata della vita”, oppure nella velocità chi deve ancora raggiungere la trentina, sboccerà nel momento in cui la prima cifra della sua età diventerà un “3”. Come diceva 007, “il Domani non muore mai”.

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