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Simone Alessio: “A Tokyo fui arrogante. Voglio diventare n.1 in una nuova categoria, penso saranno i miei ultimi 4 anni”

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Simone Alessio
Alessio / Lapresse

Simone Alessio rappresenta (insieme a Vito Dell’Aquila) una delle due punte di diamante del taekwondo italiano, vantando a soli 24 anni un palmares strepitoso in cui spiccano due titoli mondiali, un oro europeo e la vittoria alle Finali Grand Prix del 2022. Tre mesi fa, da numero uno del ranking, è salito sul podio ai Giochi Olimpici di Parigi conquistando la medaglia di bronzo nei -80 kg e rimandando dunque l’appuntamento con l’ultimo grande traguardo che manca all’appello nella sua bacheca. Il fuoriclasse calabrese si è raccontato ai microfoni di OA Sport, ripercorrendo i punti salienti della sua carriera e guardando avanti verso una nuova sfida in vista di Los Angeles 2028.

Innanzitutto come stai e come hai trascorso questi tre mesi dopo i Giochi di Parigi 2024?

Sto bene. I tre mesi sono stati sicuramente un tentativo di realizzazione, perché prima lo sogni e lo cerchi, poi quando lo ottieni io non sono mai stato abituato a realizzare quello che ho fatto. Ho sempre avuto la fama di vincere un titolo e andare avanti come se il titolo non fosse niente. E parlo di Mondiali, Europei, Grand Prix. Ho sempre pensato che niente fosse abbastanza. Invece il lavoro per arrivare alle Olimpiadi è stato lungo e tortuoso, quindi dalla mia testa e dal mio corpo ho sentito il bisogno di fermarmi, facendo tutto quello che dovevo fare tra interventi, interviste o altro, però staccando. Adesso sto bene. Mi manca un po’ quella determinazione ogni giorno in palestra di andare ad allenarmi, nel senso che mi sto allenando, ma in modo più divertente che ossessivo. Ho staccato il giusto e sono pronto a ripartire quando si avvicineranno i grandi eventi“.

Ripercorrendo le tappe principali del tuo percorso agonistico, pensi che il titolo mondiale di Manchester (seppur in una categoria non olimpica) sia stato un punto di svolta fondamentale per la tua carriera anche a livello di consapevolezza?

Sì e no. Il primo titolo importante per me è stato quello agli Europei Junior. Mi ha dato la conferma di essere abbastanza forte per poter competere a livello internazionale e mondiale. Poi sicuramente la consapevolezza di aver vinto un Mondiale è differente e ti porta su un altro livello. A quel punto devi essere bravo a mantenere quel livello, perché magari arrivi lì con il lavoro ed il talento, poi confermarsi è la parte più difficile. Il Mondiale mi ha fatto capire di dover cominciare ad essere più professionista e ad avere un livello superiore rispetto a prima. Essere campione del mondo ti porta poi ad un altro status e ti fa ragionare differentemente. Prima magari in allenamento facevi normalmente l’80% di quello che potevi fare, poi quando arrivi ad avere uno status superiore agli altri non puoi più accontentarti di quell’80%. È stato quello che a 19 anni mi è servito“.

Il tuo salto di qualità definitivo si è materializzato poi dopo la grande delusione di Tokyo. Come hai vissuto la tua prima esperienza olimpica ed i mesi successivi?

La mia prima esperienza olimpica è stata un seguire un obiettivo senza sapere quando lo avrei raggiunto. Ho completato la qualificazione a maggio, con le Olimpiadi a luglio, quindi è stato un grande inseguimento ed un lungo lavoro per raggiungere l’obiettivo. Aver ottenuto il pass così vicino ai Giochi, non mi ha neanche permesso tanto di staccare e di realizzare, perché ho subito cominciato la preparazione olimpica. Il tempo era poco e non mi ha aiutato tanto, infatti per Parigi volevo qualificarmi da ranking perché volevo avere tutto il tempo per preparare bene le Olimpiadi. Tokyo è stata una delusione in realtà perché, arrogantemente, pensavo di essere il più forte al mondo già a quell’epoca e volevo vincere a tutti i costi. Poi con il passare del tempo ho capito che non ero ancora arrivato alla maturità e alla forza generale giusta sia fisicamente che mentalmente. In quel momento è stata una delusione perché pensavo di aver raggiunto un livello altissimo, adesso parlando di tre anni fa dico che ero ancora un ragazzino non ancora maturo a livello generale come atleta“.

Il 2022 è stato un anno trionfale, che ti ha proiettato anche in vetta al ranking, con un solo vero passo falso proprio ai Mondiali di Guadalajara. Hai patito mentalmente quella situazione o eri comunque soddisfatto in generale della tua stagione?

Ho patito tanto quel Mondiale, perché quella era stata una stagione perfetta. Avevo vinto tutto, il Grand Prix in casa e l’Europeo, quindi una stagione che poteva veramente perfetta. Quel Mondiale mi ha tolto tanto a livello mentale, perché pensavo di aver fatto tutto bene o comunque di essere ad un livello mentale e di maturità adeguato per poter vincere un altro titolo iridato. In realtà avevo bisogno di quella bocciatura, perché mi ha fatto vedere tante cose che prima sbagliavo nonostante avessi vinto tutto quell’anno. Ho vissuto particolarmente male quel Mondiale, perché poi ho rischiato la depressione. Ho vissuto dei mesi in cui non volevo uscire e non volevo avere nessuno accanto. Ero scontroso, più str**** di quanto lo sia adesso. Stavo veramente male, però quello mi ha permesso di avere una luce diversa nella preparazione al Mondiale successivo. Avevo la determinazione giusta di capire quello che avevo fatto bene o male prima, in occasione del Mondiale che ho perso in Messico“.

L’oro mondiale di Baku nel 2023 è stato quindi molto importante per sbloccarti psicologicamente in vista delle Olimpiadi?

Sì, è stato fondamentale. Sono arrivato a quel Mondiale dopo aver superato un brutto periodo. Quando ho vinto, ho capito che quella era solo un’anticipazione di quello che avrei dovuto affrontare per Parigi, quindi è stata una carica particolare. Mi ha fatto dire ‘ok, ora sono pronto ad affrontare lo stress e le difficoltà che ci sono in una preparazione olimpica’. Oltre ad una rivincita personale e ad una piccola rinascita, quell’oro mondiale è stato una grande lezione in vista di Parigi“.

Ti presentavi a Parigi da numero uno al mondo, con uno status diverso rispetto a Tokyo. Qual era il tuo stato d’animo nel villaggio olimpico e poi il giorno della gara? Hai sentito un po’ la pressione?

In realtà no. Prima delle gare di solito sono molto scontroso, soprattutto perché la mia dieta per arrivare a -80 kg è particolare partendo da una base di 90 kg. Ogni volta scendere così tanto di peso ti provoca sbalzi d’umore che le persone al mio fianco non gradiscono (ride, ndr). In quel periodo però stavo veramente bene. Non avevo la pressione di dover vincere, ma avevo la voglia di vincere. Avevo alle spalle un carico di lavoro fatto così bene che lì ho vissuto l’Olimpiade veramente appieno. Ho vissuto la cerimonia d’apertura, ho vissuto il villaggio olimpico giorno per giorno. Le persone accanto a me si aspettavano un Simone Alessio super str****, perché lo sono, ma in quel momento ero solo felice di poter concludere un percorso faticoso avendo comunque tutte le carte in regola per poter vincere

A mente fredda, dopo alcuni mesi, prevale il rammarico per quella beffarda sconfitta ai quarti o la gioia per la tua prima medaglia olimpica?

Prevale sempre la gioia. Prevale la gioia perché alla fine ho realizzato che un oro o un bronzo non mi avrebbe cambiato di più la vita. Io volevo vincere il titolo olimpico per poter cambiare il mio status, per essere un oro olimpico ed essere il più forte del mondo. In realtà poi il bronzo mi ha permesso di vivere le stesse emozioni però in maniera giusta, non ‘spiattellato’ in tutto il mondo ma solo alle persone giuste. Ho vissuto il bronzo con la mia famiglia e con le persone che mi vogliono bene. È stato un traguardo raggiunto perché comunque che sia oro, argento o bronzo, è comunque una medaglia olimpica che a me mancava e sono veramente troppo contento di averla ottenuta. Mi ha permesso di essere felice con le persone che mi volevano veramente felice, perché poi io sono uno che si fa prendere quando tutti ti cercano e ti guardano. Questa cosa mi avrebbe un po’ distolto da quelli che sono i valori importanti che ho capito nel tempo: la famiglia, la mia ragazza ed i miei amici. È stato una gioia aver potuto realizzare quello che sognavo, cioè prendere una medaglia, con le persone giuste. Ovviamente l’oro non mi avrebbe fatto perdere la mia famiglia o altro, però in questo momento a mente fredda dico: ‘Guarda, ho il bronzo, adesso non mi interessa cambiare il colore della medaglia. Va bene così’“.

Cos’è scattato dentro di te dopo aver perso ai quarti con l’iraniano?

Sono scattate tante cose, perché l’obiettivo era quello di festeggiare con la mia famiglia. Sono entrato nel Grand Palais i giorni prima della gara e mi giravo verso la tribuna immaginando dove fossero la mia famiglia, la mia ragazza ed i miei amici. L’obiettivo era quello di vincere e di festeggiare con loro. Quando sono uscito ai quarti, il pensiero principale è stato quello di avergli fatto perdere del tempo. Allo stesso tempo però mi dicevo: ‘Io ho fatto tutto. Mi sono allenato bene, ho fatto tutto quello che dovevo fare. Non posso recriminarmi niente, evidentemente non mi merito una medaglia’. In realtà poi ho avuto la fortuna di essere ripescato e di potermi giocare il bronzo. Lì ho detto ‘no, adesso basta’. Super cattivo, agonisticamente, pensando solo a combattere e basta, senza nessun pensiero a momenti neanche sulla tattica. Volevo proprio entrare a combattere e l’avversario non si doveva muovere, dovevo fare tutto io. Ovviamente in realtà non è stato così, perché ogni incontro è a sé e ‘mente arrabbiata, mente occupata’. Comunque è stato un po’ sulla cattiveria agonistica di dire ‘ora mi avere proprio rotto le scatole’ (ride, ndr)“.

Sai già quando tornerai in gara? Quali sono i tuoi prossimi obiettivi in vista del 2025?

Non si sa ancora quando si aprirà la prossima stagione, perché il Mondiale era a maggio e poi l’hanno spostato ad ottobre. Il primo grande impegno è stato rimandato, però penso di voler tornare a combattere sicuramente nel 2025. Quest’anno ho chiuso i battenti, ma l’avevo detto già ad agosto. Non combatto più nel 2024 perché non mi piace fare le cose a metà. Adesso mi sto allenando anche bene, combatto tutti i giorni, quindi avrei tranquillamente la possibilità di gareggiare. Quando raggiungi però un certo livello di preparazione delle gare, se lasci qualcosa a metà ti rode veramente tanto. In questo momento non ho voglia di preparare una gara. I miei prossimi obiettivi saranno quelli di confermarmi il numero 1 al mondo in un’altra categoria, nei pesi massimi. Ho salutato la -80 kg, perché il mio corpo cresce e sarebbe un massacro arrivare a 28 anni in -80 kg. Non è che non ho voglia di soffrire, ma penso che il percorso che ho fatto nella -80 sia stato adeguato e con i tempi giusti. Rimanere magari nella -80 kg perché avrei più possibilità di vincere l’oro olimpico, in questo momento la vedo più una cosa che mi limita. Voglio mettermi in gioco nei pesi massimi perché sto meglio a livello di salute mentale e fisica. Piuttosto non raggiungo l’oro olimpico, ma questi quattro anni me li godo anche perché molto probabilmente saranno gli ultimi. Non mi ci vedo a combattere ancora a 30 anni. Voglio quindi godermeli, divertendomi a fare quello che faccio“.

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