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Ciclismo

Michele Bartoli: “Tiberi ha una testa difficile da scalfire, lavoriamo sul suo punto debole. Ho un rimpianto da corridore”

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Michele Bartoli
Bartoli / Olycom

Michele Bartoli è stato tra i più forti corridori da classiche a cavallo degli anni Novanta e Duemila: nel palmarès spiccano i trionfi al Giro delle Fiandre 1996, Liegi-Bastogne-Liegi 1997 e 1998, Freccia Vallone 1999, Amstel Gold Race 2002, Giro di Lombardia 2002 e nel 2003, un titolo italiano, due tappe al Giro d’Italia ed un giorno in maglia rosa e il bronzo ai Mondiali di Lugano 1996 e Valkenburg 1998. Una carriera che parla di ben 57 vittorie. Oggi Bartoli, toscano e classe 1970, è uno dei preparatori più apprezzati dal gruppo.

Che bilancio tracci della stagione di Antonio Tiberi?
“Direi buono. Se pensiamo i risultati antecedenti a questo anno, direi bene. Quando ho cominciato a lavorare con lui ho subito visto che c’erano delle potenzialità. Ha fatto un’ottima stagione, peccato per la Tirreno e la Vuelta che ha avuto qualche problemino, così come qualche problema di salute sul finale di stagione”.

Quello che colpisce di Antonio è l’ambizione: ha dichiarato che andrà al Giro d’Italia 2025 per provare a giocarsela con Vingegaard, Roglic ed Ayuso…
“Antonio ha tutte le carte in regola per giocarsela con i migliori. Ha una testa molto forte, è difficile scalfirlo in qualche modo”.

Che tipo di lavoro state facendo per migliorare nel cambio di ritmo in salita?
“E’ un po’ il suo punto debole, ma ci stiamo lavorando e i risultati si vedono, sia sul cambio di ritmo in salita in termini di secondi, ma anche di minuti. Nelle gare a tappe, con il passare del tempo, Antonio riesce a far valere anche questa sua qualità, ha un buon recupero e se il cambio di ritmo in salita può essere ostico durante la prima settimane, con il passare dei giorni migliora e dunque riesce a trovare un buon feeling anche sul cambio di ritmo”. 

Lo spunto veloce è un altro aspetto su cui Antonio può guadagnare ancora qualcosa…
“Assolutamente, ci stiamo lavorando con tanto allenamento e facendo dei lavori specifici in palestra. Ogni atleta ha degli equilibri sottili, e fondamentale è concentrarsi sulle lacune per poter migliorare, ma senza tralasciare i punti di forza che vanno ugualmente allenati”. 

Quanto pesa sulla preparazione non conoscere ancora il percorso del Giro d’Italia 2025?
“Può influire fino ad un certo punto, è più una questione di logistica e quindi di organizzazione per poter andare a fare qualche ricognizione delle tappe. In termini di preparazione non cambia molto, una volta che in linea di massima si sa quello che ci sarà”.

Possiamo aspettarci un ulteriore salto di qualità da Zambanini? E dove può arrivare?
“Zambanini può migliorare ancora tanto. Sia lui che Antonio hanno ancora un paio di anni per crescere”.

Un dominatore come Pogacar sta aggiungendo o togliendo qualcosa allo spettacolo del ciclismo?
“Se c’è Pogacar c’è spettacolo, però si perde l’incertezza. E’ chiaro che nelle gare un po’ di interesse di perde, ad oggi Tadej è imbattibile, al momento non vedo nessuno che possa impensierirlo”. 

La vittoria che ricordi con più affetto nella tua carriera?
“Ce ne sono due: il Fiandre che era il sogno da bambino e l’Amstel Gold Race che è stata la prima Classica che ho vinto dopo il mio infortunio, a distanza di tre anni. All’Amstel c’era anche mia moglie incinta di nostra figlia Clarissa ed è stata l’unica vittoria in cui mi sono emozionato”.

C’è invece un rimpianto? Una corsa che, se potessi tornare indietro, ti piacerebbe correre di nuovo?
“La Roubaix che ho corso solo nel mio ultimo anno di carriera e mi sono reso conto che era una corsa adatta a me e quindi alle mie caratteristiche”. 

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