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Pattinaggio Artistico

Pattinaggio di figura: orgoglio Italia alle Finali Grand Prix. Danza da standing ovation, ottimo il resto

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Charléne Guignard-Marco Fabbri
Guignard-Fabbri/ IPA Sport

La Finale delle conferme. Non mancano certamente gli spunti d’interesse al termine dell’ultimo atto del Grand Prix 2024-2024 di pattinaggio di figura, andato in scena lo scorso weekend sul ghiaccio della Patinoire Polesud di Grenoble. Un evento che ha regalato all’Italia due podi, entrambi nella danza con la vittoria di Noemi Tali-Noah Lafornara e il secondo posto di Charléne Guignard-Marco Fabbri, oltre che due quarti posti, arrivati con Sara Conti-Niccolò Macii e Daniel Grassl.

Quanto successo nella danza è altamente significativo: dopo tanti, tantissimi anni apparentemente sprovvisti di un anello di congiunzione, forse la compagine azzurra ha trovato il binomio ideale che raccoglierà l’eredità dei veterani allenati da Barbara Fusar Poli. Tali-Lafornara hanno fatto qualcosa di straordinario, soprattutto per il poco tempo avuto a disposizione. Stiamo parlando infatti di una coppia di recente formazione, nata solo nella primavera del 2023 e di fatto alla prima stagione effettiva dopo il classico periodo di “insediamento”.

Per capire la potenza dei giovani atleti basta osservare da vicino la loro incredibile progressione in termini di punti: nell’ultima competizione della scorsa annata sportiva, i Mondiali Junior di Taipei, gli azzurrini avevano conquistato il settimo posto con il totale di 148.57. Dopo pochi mesi, per il primo appuntamento del circuito di categoria 2024-2025, gli allievi guidati dallo staff di Valter Rizzo si sono attestati in zona 161.26 a Riga, per poi salire di otto lunghezze a Bangkok, dove sono arrivati 169.47. In due contesti hanno addirittura scavalcato quota 170, ovvero alla Mezzaluna Cup (173.73) e all’Ice Challenge (171.20), soglia mancata per soli due centesimi a Grenoble, dove si sono fermati a 169.98.

Fascinoso anche lo stile Tali-Lafornara, i quali propongono un pattinaggio quasi neoclassico, fedele alla tradizione – dunque morbido, ampio e scorrevole – ma allo stesso tempo moderno. La catena di quella successione cominciata con Fusar Poli-Margaglio e proseguita con Faiella-Scali, Cappellini-Lanotte e Guignard-Fabbri, adesso è davvero al sicuro e potrebbe davvero fare bene anche a tutti gli altri team nostrani, ora sicuramente più stimolati.

E a proposito di Guignard-Fabbri, non esistono più aggettivi per descrivere la magia dei due pilastri della nazionale azzurra che, per l’occasione, hanno incasellato non solo il terzo piazzamento in top 3 in una finale, ma anche il sedicesimo podio complessivo nel Grand Prix. Numeri da leggende vere, anche se in terra transalpina non sono mancati alcuni segnali esterni non felicissimi, che vanno chiaramente al di là delle singole prestazioni dei nostri ragazzi.

Ora, come già detto più volte, in un anno sui generis come quello pre-olimpico Marco e Charléne hanno deciso di optare per un free program decisamente fuori dalla loro zona di comfort, in quanto incentrato sull’interpretazione di due “Robot”, con musiche e movimenti coerenti al tema trattato, non capito da tutti nonostante una ricerca e una raffinatezza sopraffina. Il solo fatto che due danzatori con così tanti anni alle spalle abbiano ancora oggi la voglia di sperimentare qualcosa di diverso rappresenta una speranza per un movimento che si sta invece appiattendo, con molti programmi tra loro simili a seconda dello stile. L’elemento straniante in questo discorso non è però l’effettiva ricezione della danza libera degli azzurri, quanto l’avvicinamento – lo diciamo senza paura: ingiustificato – di altre coppie, tra tutte quella britannica formata da Lilah Fear-Lewis Gibson.

A Grenoble Guignard-Fabbri hanno conquistato nel segmento lungo 122.99, ricevendo un feedback simile a quello appunto di Fear-Gibson (122.87) e dei canadesi Lajoie-Lagha (122.11), questi ultimi teoricamente anche più bravi rispetto ai pattinatori d’Oltremanica ma in qualche modo indietro nella scala gerarchica. A questo si aggiunge la distanza con Piper Gilles-Paul Poirier, che hanno raggiunto 127.12 non recuperando comunque il disastro della rhythm dance, e con Chock-Bates, primi con 132.12. 

La domanda sorge spontanea: al netto delle piccole imprecisioni, che ci fanno i nostri azzurri “nel gruppo” dei quarti e dei quinti, quando in realtà dovrebbero essere – come minimo – sulla stessa lunghezza d’onda di Gilles-Poirier? Davvero un riscontro tiepido di un programma può provocare uno scarto così ampio non tenendo conto della differenza in termini di tecnica (quella di Charléne e Marco non ha eguali), qualità e componenti del programma? La sensazione è che il giudizio espresso non rispecchi il reale valore di quanto successo sul ghiaccio.

Nelle coppie d’artistico la quarta posizione di Sara Conti-Niccolò Macii fotografa fedelmente l’equilibrio precario della specialità dove, con un livello più o meno pari, a fare la differenza è sempre la pulizia di rendimento. Nella fattispecie ad impedire agli atleti di Barbara Luoni di salire in top 3 è stata una caduta sul piatto forte della casa, il triplo salchow in parallelo, arrivata nel programma libero, errore che si aggiunge all’arrivo scomposto nel triplo rittberger lanciato dello short. In un contesto dove, Miura-Kihara a parte, ad avere la meglio è sempre la continuità a fini realizzativi (citofonare Hase-Volodin e Metelkina-Berulava) con tanti saluti alla reale valutazione delle components, qualsiasi sbavatura può davvero risultare fatale.

Malgrado la medaglia di legno però occorre rimarcare come Sara e Niccolò abbiano ottenuto per la quarta volta su cinque gare stagionali un punteggio sopra i 200 punti, soglia fondamentale per poter competere in ogni prova. Hanno fatto quel che potevano invece Rebecca Ghilardi-Filippo Ambrosini, ritrovatisi in una gara importantissima proprio mentre stavano provando sul ghiaccio di casa una serie di migliorie per sviluppare i propri programmi in vista dei prossimi eventi. Considerata la chiamata davvero last minute in sostituzione di Stellato Dudek-Deschamps, il bilancio non può non essere positivo.

Infine merita un plauso speciale Daniel Grassl, anche lui quarto classificato con una serie di novità molto importanti. L’altoatesino ha infatti subito convinto con il nuovo short program interpretato sulle note di “Human“, proponendo pronti-via una strategia all’attacco composta dal quadruplo lutz combinato con il triplo toeloop e dal quadruplo loop singolo. Splendido poi il libero – diventato già cult – sulle note di “Billy Elliot“, rodato con il solito layout con cui il nativo di Merano si è sempre ben comportato nell’ultimo periodo. A frenare la corsa di Daniel sono state le chiamate del pannello sulle rotazioni dei salti da quattro giri di rotazione. Ma sono defaillance facilmente recuperabili, non verificatisi tra l’altro in altri contesti.

Questo significa che l’azzurro, tornato in corsa da pochi mesi effettivi alla corte di Edoardo De Bernardis, con due programmi scevri di errori può davvero dare fastidio a praticamente tutti gli avversari, anche quelli più quotati. Quel 104 di tecnico di prima chiamata nel libero, poi sceso in fase di review, dimostra tutta la potenzialità di un talento destinato a salire ancora di colpi. Potrebbe attenderci una seconda parte di stagione davvero da urlo.

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