Sci di fondo
Sci di fondo, Petter Northug e la suggestione di gareggiare alle Olimpiadi 2026 per il Liechtenstein. Boutade o fa sul serio?
Non è chiaro se Petter Northug fosse serio o faceto quando ha detto di aver fatto domanda per assumere cittadinanza del Liechtenstein, in maniera tale da poter gareggiare ai Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026. D’altronde lui ha sempre adorato giocare con i propri interlocutori, ponendosi con una faccia di bronzo e da schiaffi al tempo stesso.
Con il bronzo, per la verità, il rapporto non è eccezionale. Nell’arco della sua carriera ha preferito di gran lunga il più pregiato oro (se ne contano 8 individuali tra Giochi olimpici e Mondiali). Di schiaffi ne ha presi, sia con gli sci ai piedi che nella vita quotidiana, ma ne ha certamente rifilati più di quanti ne abbia incassati. Sia agli avversari sulle piste da sci, che alle avversità della sua esistenza, uscendo dal tunnel nel quale era finito pochi anni orsono.
A proposito di anni, il mai banale scandinavo si avvicina alla fatidica soglia che generalmente divide la vita di ognuno (le primavere saranno 39 nel prossimo giorno dell’Epifania). Un’eventuale presenza in gara a Milano-Cortina 2026 avverrebbe dopo aver varcato il bastione senza ritorno degli “anta”. Non ci sarebbero aspettative particolari o grandi attese, un suo ipotetico comeback sarebbe fine a sé stesso, giusto per fare atto di presenza e divertirsi.
In Norvegia lo hanno preso sul serio e si augurano vada fino in fondo (non inteso come sci). In un momento storico in cui proliferano i ritorni in attività, alcuni con un senso e altri meno, quello di Northug sarebbe figlio di dinamiche legate al riscatto personale e alla volontà di ritrovare sensazioni perdute.
Il fato tende a punire chi rientra in maniera troppo ottimistica e anacronistica (Marcel Hirscher e la sua avventura olandese sono finiti subito dopo essere cominciati, almeno per quanto concerne il 2024-25). Dunque, bisogna ponderare bene le proprie mosse (verosimilmente, Lindsey Vonn ci proverà comunque).
Però lo sci di fondo non è lo sci alpino. Il rischio di farsi male fisicamente è decisamente inferiore. Al massimo, si prende qualche sberla morale, concretamente rappresentata da distacchi calcolati nell’arco dei minuti e da posizioni in doppia cifra che cominciano con un “3” o un numero più elevato. Ad alcuni (e alcune) va bene comunque, al Northug “dei tempi belli” no di sicuro.
Il Northug attuale è però differente. Più maturo umanamente e reduce da alcune sbandate (sia reali con la sua auto che figurate), tutte però figlie di sostanze malsane oramai uscite dalla sua esistenza. Non conterebbe il risultato, per Petter bardato con la tuta del Liechtenstein. Conterebbe semplicemente il fatto di competere nuovamente, per ritrovare sensazioni perdute e in nome di ciò che è stato il passato.
Ricordate la fortunata serie televisiva “A-Team”? Uno dei personaggi, lo stereotipo del “fuori di testa”, era Templeton Peck. Chiamato “Face” nella versione originale, tradotto “Sberla” dai doppiatori italiani. Due nomignoli perfettamente applicabili a Petter, sulla base di quanto appena esposto. Se davvero “l’operazione Liechtenstein” si compirà, sarebbe una nuova puntata di un serial di successo. Un cammeo agonistico, nulla più, ma estremamente gradito. Alle latitudini norvegesi e non solo.