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Sci di fondo, Therese Johaug e il ritorno al successo dopo 1.000 giorni. Pronti per una storia da… “Mille e una notte?”

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Johaug | La Presse

Venerdì 6 dicembre abbiamo avuto una certezza. Esiste un’entità superiore, che in molti chiamano Dio. Soprattutto, abbiamo scoperto che ha un senso dello spettacolo non indifferente. Come altro potrebbe essere spiegato il ritorno al successo di Therese Johaug a esattamente 1.000 giorni di distanza dall’ultima affermazione nel massimo circuito?

Un numero più che mai significativo. Primo perché “mille”, preso in senso lato partendo dalla sua radice araba, significa semplicemente “innumerevoli”. Esprime il concetto reso dal nostro “ennesimo” in matematica. Secondo perché, preso nella sua accezione algebrica in senso stretto, è una perfetta cifra tonda. Il ritorno alla vittoria dopo esattamente 1.000 giorni ricorda tanto il cerchio di Giotto, ovverosia un’opera di perfezione pura.

Peraltro, la trentaseienne scandinava era già rientrata in Coppa del Mondo a Kuusamo, dovendosi però accontentare di un secondo e di un quarto posto. Il povero commentatore svedese Tomas Petterson è stato travolto dalle polemiche per una frase pronunciata dopo la quarta piazza nella mass start di domenica 1 dicembre. Il vocabolo “perdente” – utilizzato dal telecronista in relazione alla fenomenale norvegese – è stato decontestualizzato e strumentalizzato.

Alfine, lui e Johaug si sono chiariti vis-a-vis durante la conferenza stampa antecedente alla tappa di Lillehammer. A Therese, però, quella parola non è andata giù. Ha pertanto deciso di rigirare il dito nella piaga, dimostrando di essere sì buona e cara nell’aspetto, nelle recenti pubblicazioni editoriali e nella neonata attività di influencer culinaria, ma di essere altrettanto agonisticamente spietata. Non potrebbe essere altrimenti, perché se l’indole sportiva non fosse quella della vincente naturale, non sarebbe lì dove è ora.

Domenica 8 dicembre, la prodigiosa trentaseienne proveniente dal minuscolo villaggio di Dalsbygda ha voluto ribadire di essere l’unica dei circa 600 abitanti del borgo a non campare sulla mungitura delle vacche delle colline norvegesi, bensì di essere una feroce predatrice sportiva, sbranando tutte le (presunte) avversarie nello skiathlon.

Lei ha dichiarato di essere tornata solo ed esclusivamente per i Mondiali di Trondheim, che saranno quelli di casa, senza guardare oltre. Però, in Norvegia, c’è già chi ha cominciato a supplicarla di proseguire e di “tirare” fino ai Giochi olimpici del 2026.

I commentatori della parte occidentale della Scandinavia sono evidentemente più svegli degli orientali cugini Tre-Kronor, non solo nella dialettica. C’è chi ha già notato come, tra la fine della rassegna iridata e l’inizio di quella a Cinque cerchi, trascorreranno 334 giorni. Sostanzialmente, un terzo del fatidico 1.000 intercorso fra i trionfi più recenti di Johaug.

“Mille e non più mille”, verrebbe da dire. Perché di certo non passeranno altri 1.000 dì fra Lillehammer e quello che sarà l’ultimo successo della carriera di Therese. Una carriera che peraltro difficilmente vedrà altre 1.000 albe. Nel frattempo, comunque vada, è già valsa la pena di rimettersi in gioco.

Di cifre tonde da raggiungere, in termini di vittorie e podi, ce ne sono altre e a stretto giro. A lei, verosimilmente, interessa il giusto. Più dei numeri, concetti invero teorici, la norvegese concupisce qualcosa di ben più concreto. L’oro delle medaglie. Un’eventuale affermazione mondiale (e/o olimpica) futura andrebbe a completare una sorta di favola. Per adulti, come quelle raccolte ne “le Mille e… una notte”!

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