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Sci Alpino

Mattia Casse: “Vado avanti finché non ho paura. La pista dei Mondiali mi piace, non mi pongo limiti dopo il 2026”

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Mattia Casse
Casse / Lapresse

Mattia Casse si è reso protagonista di un fantastico avvio di stagione, vincendo il superG della Val Gardena (prima affermazione in carriera in Coppa del Mondo) e poi accarezzando il successo nella discesa libera di Bormio, dove un errore nella parte conclusiva l’ha costretto ai piedi del podio. Il quasi 35enne (spegnerà le candeline il prossimo 19 febbraio) ha dimostrato tutte le sue qualità tecniche e agonistiche, lasciandosi alle spalle i tanti infortuni che hanno minato la sua carriera e ora guarda con ottimismo ai prossimi appuntamenti.

L’azzurro è atteso dalle grandi Classiche di Wengen e Kitzbuehel prima dei Mondiali di Saalbach, dove punterà alle medaglie. Il nostro portacolori non si pone limiti, è entrato in una nuova dimensione e ha tutte le carte in regola per continuare ad ambire a grandi traguardi nel prossimo futuro. L’atleta tesserato per le Fiamme Oro si è raccontato ai microfoni di OA Sport, analizzando la prima parte di questa annata e proiettandosi verso i prossimi obiettivi.

La tua carriera è stata una corsa ad ostacoli, con tanti infortuni. Non ti sei mai arreso: dove hai trovato la forza di perseverare? 

La forza l’ho trovata su tanti fronti, su moltissimi fronti. In primis nella mia forza interiore di voler arrivare a dimostrare a me stesso che posso stare tra i grandi. Soprattutto anche con la famiglia. Con mia moglie, ogni volta che andava male o che ho subito qualche delusione, quando non girava, quando facevo veramente fatica, quando non c’era niente che andava, ci siamo sempre chiesti perché e cosa avremmo potuto fare per migliorare. Piano piano ogni anno siamo riusciti ad arrivare a toglierci delle belle soddisfazioni”. 

Ora che sei arrivato al vertice mondiale, quante stagioni ad altissimi livelli pensi di poter ancora disputare? Se ricordiamo Cuche e Walchofer, anche i 37-40 anni non fanno paura.  

Non saprei se sono al vertice. Il vertice è tutto da riscrivere. Io il futuro non lo conosco quindi cercherò di riscriverlo ogni giorno. Sicuramente la discesa è una disciplina dove si può andare avanti con l’età. Finché non avrò paura, finché starò bene e finché avrò voglia e ci saranno risultati. Finché ci saranno dei presupposti per andare avanti lo farò e cercherò sicuramente di divertirmi”. 

Discesa o superG? Quale delle due prediligi? 

Non ho una distinzione perché mi piacciono tutte e due. Sono due discipline dove voglio primeggiare. Voglio togliermi soddisfazioni su tutte e due e mi piacciono entrambe. Le tratto allo stesso modo perché sono veloce sia in discesa che superG. Quindi giusto che tutte e due abbiano la stessa attenzione, perché mi sembra un po’ riduttivo ributtarmi su una o sull’altra. Veramente mi piacciono tutte e due e vorrei starne al passo dei più bravi”. 

Per te è stato più importante vincere in Val Gardena o aver “rischiato” di vincere a Bormio, dove solo un errore ti ha privato del successo? Ti ha fatto capire la gara della Stelvio di aver definitivamente svoltato? 

Vincere è sempre vincere. Posso vincere a Bormio, Gardena… ovunque vincere è vincere. È arrivata in Gardena, non è arrivata a Bormio per un errore. Pazienza. Arriveranno da altre parti o non arriverà mai più, non lo so. Comunque della mia prima vittoria sono super contento e sono stato super fiero di averla raggiunta”.  

Wengen, Kitzbuehel o il Mondiale: dove ti piacerebbe maggiormente lasciare il segno? 

Adesso arrivano tre Classiche: Wengen, Kitzbuehel e Saalbach. Primeggiare… per come sono fatto e per come ho improntato la mia carriera o comunque il mio periodo, io lavoro per cercare di essere sempre competitivo su ogni tipologia di neve, su ogni tracciato o pendio. Ovviamente qualcosa mi è più congeniale. Sicuramente non mi metto paletti da nessuna parte e vediamo dove si andrà più forte”. 

La pista del Mondiale di Saalbach si adatta alle tue caratteristiche? 

In teoria il superG l’ho già fatto in passato, ma non il primo pezzo. Comunque è una pista che conosciamo e che conosco già. In discesa la prima parte è bella tosta e bella spinta, ci sono dei bei muri. È una pista interessante, mi piace. La conosco, quindi anche quello è bello: Courchevel non la conoscevo e sono rimasto un po’ imbambolato. In Austria sicuramente le prepareranno bene e vedremo, sicuramente sono curioso di come verranno fuori queste gare qua”. 

Il vero salto di qualità lo hai compiuto grazie ad un feeling perfetto con i materiali: sei d’accordo? 

Sicuramente con il cambio di materiali ho sopperito a qualche cosa a cui prima per qualche altro motivo non riuscivo a sopperire. Rossignol mi ha agevolato nell’entrata curva, infatti si è visto: sono un po’ più veloce e quindi avanti così”. 

Quale regalo vorresti farti da qui a fine carriera? 

Ne ho tanti, vediamo. Sicuramente mi piacerebbe riuscire a togliermi anche qualche altra soddisfazione, a livello ovviamente sportivo. Comunque ho ancora qualche anno davanti a me per regalarmi qualche bella emozione. Sicuramente lavoreremo per toglierci qualche altra soddisfazione. Un regalo in particolare è quello di rimanere sempre me stesso e cercare di competere sempre con i primi”. 

Perché gli italiani, se escludiamo Paris che è stato un fuoriclasse, fanno così fatica ad emergere da giovani nello sci alpino, a differenza di quanto accade in Svizzera e Norvegia? 

Paris lo prendiamo sempre come esempio. Anche quando parliamo fra di noi. Lui già a 22 anni, mi sembra, ha vinto a Kitzbuehel: è proprio un fenomeno della discesa e uno tra i più precoci se non sbaglio. Per gli altri, io non conosco le altre Nazioni e come lavorano, se non in Coppa del Mondo: non so come lavorino a livello giovanile e a un livello ancora più basso. Quello che mi piacerebbe è che i ragazzi venissero già belli indirizzati, strutturati, conservati già dalle categorie cuccioli o baby. Tu prendi un baby e lo porti fino in Coppa del Mondo, poi lo lasci in Coppa il Mondo: piano piano, come una goccia cinese, ogni giorno si struttura un percorso fatto di tutto, a livello fisico, mentale, materiali, scuola, livello privato e relazionale, tutto. Piano piano si costruisce la personalità, la persona e nel mentre si riesce a strutturare anche tutto quello che poi dopo sarà il massimo in Coppa del Mondo. Perché non si può prendere un atleta in quinta liceo o dopo all’Università e lo vai strutturare. Lo fai cambiare. Si, un po’ si può, anch’io sono in completa evoluzione, ma certe cose rimangono dentro. Adesso da quanto ho capito si stanno attivando, se ne sta parlando e ci sono già dei bei progetti che stanno nascendo”. 

Possiamo dire sin da ora che il tuo orizzonte temporale da atleta va oltre Milano Cortina 2026? 

Il mio orizzonte non lo so. Non mi pongo limiti e non mi pongo scadenze. Non mi pongo niente. Vado avanti e voglio andare avanti ovviamente nel migliore dei modi. Mi alleno, sto bene e finché starò bene e sarò veloce e sento di potermi divertire e di poter fare quello che faccio senza che mi pesa e senza aver paura vado avanti di sicuro e non mi pongo i limiti”. 

Per il post-carriera agonistica, ti immagini già come allenatore? 

Sinceramente non c’ho ancora pensato. È una cosa ancora ovviamente non lontanissima, ma comunque è ancora abbastanza lontana. Mancano ancora un bel po’ di anni. Vedremo più avanti. Adesso non ci ho ancora pensato”. 

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