Ciclismo
Claudio Chiappucci: “Nibali e Carapaz unici protagonisti al Giro. Ineos saprà gestirsi al Tour senza Froome”
Anche se non è più in bicicletta, il Diablo è sempre il Diablo. E’ un Claudio Chiappucci analitico e schietto quello che intervistiamo nelle settimane di mezzo a cavallo fra il Giro d’italia e il Tour de France. L’asso del pedale lombardo analizza il momento dopo la corsa Rosa e prova a dare una sua lettura del futuro per il movimento italiano, senza dimenticare un’istantanea su Carapaz, Nibali e Froome.
La prima cosa che le chiedo è sul Giro d’Italia appena concluso: che opinione s’è fatto della Corsa Rosa?
“E’ stato un Giro dove s’è visto pochissimo, se non per l’azione di Carapaz che di fatto gli ha consentito poi, con un’ottima gestione successiva, di portarsi a casa il trionfo finale. Nibali è stato un altro che ha cercato di fare qualcosa, come ha dimostrato la classifica generale, dopodiché si sono visti gli attaccanti: non solo una volta, anche di più. Giovani emergenti come Ciccone o Masnada. Ci sono ragazzi che possono ambire a tanto nel futuro ma, come movimento italiano, si vede che dopo Vincenzo non sembra esserci nessun’altro in grado di ambire alla classifica di un grande giro a tappe”.
Come mai si è visto un Giro così “piatto”? Qualcuno ha parlato del disegno del percorso, qualcuno delle condizioni climatiche difficili. Dove sta la verità?
“Le condizioni avverse non credo proprio. Io ne ho fatte di Giri e di condizioni meteorologiche come queste ne ho trovate e ti posso garantire che se fosse stato caldo come qualcuno avrebbe voluto sarebbe stato anche peggio. Il fresco fa recuperare i corridori, il caldo li ammazza. In venti giorni è normale che questo possa succedere, nel 1988 io ho preso la neve sul Gavia e l’abbiamo fatto. Oggi non l’hanno fatto. A parer mio bisogna fare delle valutazioni diverse, non dipendenti da questo.
E’ stato un giro piatto invece, perchè sono venute fuori tappe in fotocopia. I cinque, sei di classifica si sono controllati in ogni tappa lasciando ampio spazio alle fughe, spesso costituite da dieci o venti corridori che poi son diventati un po’ sempre gli stessi e quindi sono venute fuori due mini-corse fra tappe giornaliere e classifica generale”.
A lei sarebbe piaciuto correre un Giro come questo?
“Oggi ci sono molte più salite e meno cronometro, che io non apprezzavo, e all’epoca facevano la fortuna di corridori come Indurain. Ai miei tempi c’erano un paio di prove contro il tempo di sessanta o settanta chilometri l’una, quindi percorsi lunghi: oggi con due non ne fai una della nostra epoca. Per ciclisti come me sarebbe stato tutto molto più giocabile”.
Dal Giro trasferiamoci idealmente al Tour: l’infortunio di Froome come cambierà gli equilibri in corsa?
“Non credo più di tanto, anzi. Paradossalmente si è liberato un posto ed è probabile che in casa Ineos avranno meno problemi per gestire la corsa. Geraint Thomas l’anno scorso ha dominato il Tour e quest’anno ci sarà anche Bernal che potrà fare bene.
Froome è un corridore di alto livello e spessore, fa specie che spesso cada a terra. Non riesco a capire come mai ed è una domanda che personalmente mi son posto. Non è la prima volta che gli succede e già in passato si era dovuto ritirare dal Tour per una caduta (l’anno in cui poi vinse Nibali – 2014, ndr). Un leader così, solitamente, è raro che abbia degli incidenti del genere. Bisognerebbe capire se ha avuto dei problemi o ha dei momenti in cui abbassa la concentrazione. Comunque, ribadisco, che questa situazione mi ha molto stranito”.
Una domanda specifica su Vincenzo Nibali. Ha detto che sarà al Tour con l’ambizione di cercare di vincere qualche tappa e di cercare di mettersi indosso la maglia a pois. E’ una “realtà” che può starci, viste le sue abitudini da uomo di classifica?
“Fare un pensiero del genere può portare a due possibili strade: la prima è che stia invecchiando, la seconda è che voglia togliersi un po’ di pressione.
In passato molti corridori esperti, mi viene in mente Jalabert, hanno puntato al simbolo degli scalatori quando magari sentivano di aver meno da dire, ma onestamente non credo che Nibali farà solo questo. Secondo me ci proverà comunque”.
Abbiamo parlato di tanti giovani italiani emergenti. Bettiol, Ciccone, Masnada, ma quanto è lontano l’arrivo di un corridore in grado di reggere le tre settimane per coltivare l’ambizione di una vittoria al Giro, al Tour o alla Vuelta?
“Attualmente non c’è, o meglio non hanno dato segni in questa direzione. Un conto è correre tappa dopo tappa, senza la pressione della classifica, un conto è stare sempre davanti, giocarsi tutto, sbagliare poco o nulla. Ripeto, i giovani ci sono ma non vi sono certezze sugli sviluppi in questo senso”.
Ultima domanda: c’è un corridore che oggi la entusiasma e uno in cui si rivede Claudio Chiappucci?
“I tempi son cambiati: rivedersi nei corridori di oggi è difficile, anche perchè è cambiato il modo di correre e le strategie di gara. A me piace chi sa combattere, sa fare un’azione, ma anche chi sa essere uno costante. Vedere ciclisti che si spendono tutto l’anno, senza dedicarsi all’andare forte in un solo e determinato periodo dell’anno.
Carapaz, che ha fatto dei bei numeri in salita, ad esempio mi ha entusiasmato: ha vinto due tappe mostrando doti anche da finisseur battendo Caleb Ewan sul traguardo di Frascati, mentre a Courmayeur è andato via con uno scatto determinato. E’ stato davvero bravo, ha disputato un grande Giro sapendosi amministrare anche con una squadra che di fatto aveva in Landa un capitano praticamente designato.
Come italiano invece dico Nibali: tatticamente è bravissimo e sa imporre le proprie azioni quando serve, poi è un osso duro, sta ancora bene e ha molta esperienza”.
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Foto: Lapresse