Formula 1
F1, dal GP di Baku 2018 al GP del Canada 2019. Un anno di errori per Sebastian Vettel
“Under Pressure“. Citando il celebre titolo di un pezzo dei Queen (con David Bowie) che ha fatto la storia della musica mondiale, quel che è un po’ entrato invece nella storia della F1 è l’andamento sotto pressione del tedesco Sebastian Vettel. Il teutonico della Ferrari, ingaggiato per ripercorrere le orme del “Kaiser” Michael Schumacher, è reduce da un GP molto amaro. In Canada, quando guidava la corsa, un errore nel corso del 48° giro gli è costato 5″ di penalità per aver ostacolato, a detta dei giudici di gara, il rivale dei rivali Lewis Hamilton nel suo incedere.
A prescindere dall’opinione che si può avere sulla penalizzazione, resta il fatto che Seb, ancora una volta, non è stato esente da sbavature. Riavvolgendo il nastro dei brutti ricordi, nell’ultimo anno, sono davvero diversi gli episodi in cui Vettel è stato protagonista in negativo. Viene in mente il GP di Baku (Azerbaijan) e la spiattellata delle gomme, la toccata in partenza di Le Castellet (Francia) con Valtteri Bottas, la penalità nelle prove in Austria, l’uscita di scena nella famigerata Sachs Kurve di Hockenheim (Germania), i testacoda di Monza e di Austin (Stati Uniti) e l’attacco azzardato a Suzuka (Giappone). Una lista della spesa che si è arricchita nell’annata delle “imprecisioni” in Bahrein ed a Montreal.
Senza voler mettere in croce il quattro volte iridato, il bilancio è in chiara perdita e una Rossa bisognosa di un leader in pista, forse, ricerca un andamento più regolare. Se, infatti, gli update alla voce “errori” si aggiornano con costanza, non altrettanto si può dire delle vittorie, dal momento che il pacchetto Sebastian-Cavallino Rampante è ormai fermo al successo del GP del Belgio del 2018. Ovviamente, le responsabilità non sono solo quelle del pilota, per via di una macchina non all’altezza dei rivali. L’impressione però è che quel quid di differenza Vettel lo faccia vedere sempre poco, come nella splendida qualifica canadese, ma non con la dovuta costanza.
Al cospetto di un Hamilton, che non sbaglia praticamente mai, l’accumulo di errori è un chiaro fattore discriminante da aggiungersi al differenziale esistente tra le Frecce d’Argento e la vettura di Maranello. Certo, date le circostanze, dovendo recuperare, i piloti del Cavallino sono costretti a rischiare di più ma, per l’appunto, viene a mancare quella “Stella Polare” necessaria per scrivere la storia in modo diverso.
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giandomenico.tiseo@oasport.it
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