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Rugby
L’Italrugby e i 5 perché di un decollo ancora rinviato
L’Italrugby non vola più. La crescita della Banda Brunel sembra essersi bruscamente interrotta in seguito alla quarta – pesante – sconfitta consecutiva per mano dell’Australia. Un’involuzione preoccupante quella della Nazionale, inaspettata dopo il brillante novembre 2012 e l’ultimo Sei Nazioni da record. Scopriamo insieme i motivi.
COPERTE CORTE – Brunel, durante il suo insediamento sulla panchina azzurra, aveva parlato di ‘equilibrio’ come il cardine del suo progetto di crescita per l’Italrugby. Equilibrio tra reparti, nei gameplan, nel modo di interpretare la partita. Un equilibrio apparentemente vicino ad essere raggiunto, dopo i test match del novembre 2012 e l’ultimo Sei Nazioni, ma un miraggio dopo la spedizione sudafricana di giugno e la resa di qualche giorno fa a Torino. Se, da un lato, il ct francese sta cercando di imbastire una fase offensiva più pungente e laboriosa, dall’altro la difesa sembra ormai la lontana parente di quella in grado di alzare un muro contro qualunque treno. Inoltre, il movimento azzurro può contare attualmente su un numero ristretto di uomini in grado di fare la differenza a livello internazionale, più di quanto si possa pensare. E con le pesanti assenze di Minto, Favaro e Masi, ecco che Brunel si ritrova sguarnito di tre pilastri imprescindibili, praticamente impossibili da rimpiazzare.
AVANTI IN REGRESSO – Il riferimento, purtroppo, non è alla sola mischia, ma all’intero reparto, mai così in difficoltà come nelle ultime uscite. Gli infallibili corazzieri azzurri, da sempre una spina nel fianco per ogni squadra (dagli All Blacks all’Inghilterra) sono all’improvviso diventati mansueti e facilmente addomesticabili. Peraltro, se in mischia Castrogiovanni&co. pagano le nuove regole d’ingaggio, ancora poco chiare e non assimilate neanche tra Benetton Treviso e Zebre, per quanto riguarda il breakdown e le collisioni trovare il bandolo della matassa diventa estremamente complicato, poiché raramente l’Italia ha dovuto penare in questi fondamentali. Solo riappropriandosi dei suoi storici punti di forza la nazionale azzurra potrà tornare a seguire il suo percorso di crescita.
DIFESA INDIFENDIBILE – Non solo una questione di ‘coperta corta’ come spiegato due punti più su, perché i gravi errori di sabato pomeriggio hanno messo in luce una vera e propria disorganizzazione della linea difensiva, sfruttata a pieno dagli scatenati trequarti Wallabies. Dei segnali in tal senso si erano già avvertiti durante il tour sudafricano, ma quanto visto all’Olimpico di Torino non può che far risuonare tutti i campanelli d’allarme. Le cause? La totale assenza di coesione nei movimenti e la tendenza a volersi scoprire troppo, quando invece contro squadroni del genere – e in condizioni fisiche del genere – sarebbe opportuno trincerarsi.
PROBLEMI DI GESTIONE (E PRESSIONE) – Calare in quel modo la tensione e l’aggressività dopo appena 20 minuti contro una squadra come l’Australia è di fatto una condanna a morte. L’impressione è che la meta di McLean, di colpo, abbia appagato gli azzurri, come se fosse stato già raggiunto un obiettivo, come se il match avesse già preso una piega decisiva in favore della Banda Brunel. Una gestione dell’incontro a dir poco deficitaria, che ha messo in risalto nuovamente le lacune mentali dell’Italrugby, non ancora in grado di fare i conti con la pressione che comportano particolari situazioni, come quella del vantaggio di sabato. Contro Fiji e – soprattutto – Argentina, la testa potrebbe risultare più importante di qualunque altro aspetto tecnico-tattico.
AAA PIAZZATORE CERCASI – Tra 10-19 e 16-19 la differenza si avverte ed è sostanziale, per di più se il -3 nello score si fosse registrato all’intervallo. La questione-piazzatore, in ogni caso, non riguarda soltanto il match contro l’Australia e i due fondamentali penalty sciupati da Di Bernardo, in quanto si ripropone praticamente in ogni incontro dell’Italrugby (con rare eccezioni) successivo all’addio di Diego Dominguez. Tante le occasioni lasciate per strada (le ultime a Twickenham nel Sei Nazioni e proprio contro i Wallabies un anno fa) per scarsa vena dalla piazzola nei momenti decisivi. Di soluzioni concrete, al momento, se ne vedono ben poche, se non quel Tommaso Allan in cui sono riposte gran parte delle speranze in vista dei Mondiali 2015.
daniele.pansardi@olimpiazzurra.com
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