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Oltre Cinquecerchi
Pattinaggio artistico a rotelle, Rebecca Tarlazzi si racconta: “L’oro nel singolo la medaglia più sudata e desiderata; il mio obiettivo? Entrare nella storia”
Rebecca Tarlazzi, stella del pattinaggio artistico a rotelle, è indubbiamente un fenomeno. Dopo aver fatto incetta di medaglie nelle categorie giovanili, la pattinatrice classe 1999 di Granarolo (Bologna) tesserata con l’Unione Sportiva Persicetana ha segnato una moltitudine di record, conquistando esclusivamente il metallo più pregiato in tutte le rassegne iridate a cui ha partecipato a partire dal 2012 sia in singolo che in coppia, fino ad arrivare al bellissimo successo recente dei World Roller Games di Barcellona, dove si è imposta non solo con Luca Lucaroni (con cui ha messo in bacheca il quinto titolo consecutivo) ma anche nella difficilissima prova individuale al debutto nella massima categoria.
Un talento unico e da preservare quello di Rebecca, atleta che si è raccontata senza filtro ai nostri microfoni descrivendo nel dettaglio la sua strategia di gara, la sua crescita personale e professionale oltre che la sua voglia di alzare sempre di più l’asticella dal punto di vista tecnico per entrare definitivamente nella storia della disciplina.
Rebecca, hai conquistato subito la medaglia d’oro al primo anno nella massima categoria ai Campionati Mondiali appena trascorsi. Quali sono le tue sensazioni dopo aver raggiunto questo importante obiettivo?
“Faccio ancora fatica a realizzare il tutto, penso che ci vorrà un bel po’ di tempo prima di riuscire a metabolizzare. Questa medaglia l’ho desiderata davvero tanto, dietro c’è tantissimo sudore, forse per adesso è quella a cui do più valore tra tutte le undici conquistate“.
Ha colpito particolarmente il modo in cui sei riuscita ad agguantare il titolo: hai cambiato lo short program proponendone uno nuovo di zecca, modificando anche il layout inserendo il triplo toeloop anziché il triplo rittberger come salto singolo. A cosa sono dovute queste scelte?
“La decisione di apporre delle modifiche è maturata all’indomani dei Campionati Nazionali, dai quali sono uscita un po’ rammaricata: siamo al primo anno con il nuovo sistema di punteggio e alcune cose non le ho capite del tutto. Nella gara prima degli Assoluti, il Trofeo Internazionale Sedmak-Bressan, avevo ottenuto nel libero una valutazione sulle componenti del programma di 39.07, tra l’altro perdendo qualcosa in termini di performance in quanto ho lisciato il triplo rittberger e ho avuto alcune incertezze sia nella trottola (chiamata no level) che nella combinazione triplo toeloop/ritt/thoren/triplo salchow. Aver ricevuto un giudizio basso sulle components con un buon programma ai Campionati Italiani mi ha fatto rimanere molto male. Allora a quel punto ho deciso di cambiare qualcosa soprattutto nello short che non aveva convinto e che io stessa non ‘sentivo’ come il libero. Non avendo niente da perdere ho voluto sparigliare le carte e presentare a sorpresa un nuovo programma più spinto in termini di components e più oculato sulla qualità degli elementi“.
Una scelta da vera Campionessa. In quanto tempo lo hai costruito?
“Praticamente in quattordici giorni. Ho incontrato il mio coreografo Sandro Guerra la settimana dopo i Campionati Nazionali, quest’anno vicinissimi ai Mondiali“.
Questo cambio improvviso di programma ha ricordato tantissimo un tuo collega del ghiaccio, Matteo Rizzo. Lui prima degli Europei di Minsk ha sostituito il libero dopo essere rimasto affascinato dal film “Bohemian Rapsody”, anche per lui fu una scelta azzeccata…
“Sì è vero! Ci tengo a precisare che ho preso la decisione in autonomia. Sia Sandro Guerra che il mio team guidato da mia madre Annalisa Marelli mi hanno chiesto più volte se fossi sicura di fare una scelta così tanto rischiosa. Mettere sulle gambe in così poco tempo un programma che andava a lavorare soprattutto sulle components quindi ricco di fili, allungamento delle gambe eccetera è stato certamente più dispendioso, soprattutto perché è una parte che un po’ manca al mio bagaglio tecnico. Ho deciso di provarci perché altrimenti sarebbe stato un rimorso troppo grande“.
Direi che ha funzionato perfettamente! Quindi la scelta di optare per il toeloop anziché il rittberger è stata meramente conservativa no?
“Assolutamente sì. Credo che il programma sia piaciuto particolarmente proprio per la qualità, per la pulizia e per la scorrevolezza; inserire un triplo rittberger sarebbe stato un rischio troppo grosso, avrei affrontato l’elemento con più paura e avrei dato certamente meno da un punto di vista di performance, coreography eccetera“.
Ha convinto anche la selezione musicale; “Il terzo fuochista” di Tosca è una chicca della musica italiana recente…
“La musica è stata scelta da Sandro Guerra, quest’anno ho voluto lavorare soprattutto su qualcosa che fosse nella mie corde per facilitare un po’ il tutto con il nuovo sistema di valutazione. Per questo motivo abbiamo deciso di iniziare con dei temi musicali molto vicini al mio stile per poi allontanarci sempre di più nel corso degli anni“.
In linea generale guardando le tue performance non si può negare una crescita evidente sia dal punto di vista tecnico che prettamente artistico. Eppure stando ai commenti lasciati nelle tue pagine social dalle persone a te più care si evince una grande crescita anche da un punto di vista personale. In cosa ti senti cambiata rispetto a prima?
“Sinceramente gli anni scorsi per me le gare erano molto più facili in quanto c’era meno competizione. Essendo un talento molti elementi sono risultati subito abbastanza semplici, quindi non è che mi allenasi poi più di tanto. I miei allenamenti diventavano inoltre molto pesanti per via del mio carattere, diciamo che sono un po’ un cavallo pazzo. Quest’anno non mi ero posta degli obiettivi, volevo solo marcare il territorio e far notare la mia presenza. Poi però Silvia Nemesio si è allontanata dalle competizioni, la spagnola Monica Gimeno si è ritirata ed ho deciso di dare davvero il massimo per vincere. Ho lavorato tantissimo, davvero mai come nella mia vita neanche al primo anno di coppia tanti anni fa. Attenzione, per me lavorare tanto non significa per forza stare in pista per chissà quanto, dopo più di tot ore con i pattini ai piedi impazzisco. Prima capitava che saltassi moltissimi allenamenti per via di alcuni grilli che avevo per la testa, quest’anno mi sono imposta di raggiungere i miei obiettivi e quindi di vincere, dopo la delusione degli Italiani ancora di più“.
Tra l’altro è stata una stagione davvero dura, durata meno degli altri anni con tutti gli impegni ravvicinati…
“Sì esatto, da un punto di vista mentale e fisico è stato davvero dispendioso e impegnativo, la settimana dopo i Mondiali ne ho risentito parecchio“.
Il tuo oro rimarrà inoltre per sempre nella storia in quanto il primo ad essere stato assegnato con il sistema Rollart. Tu come ti trovi con il nuovo sistema? Qual è stato l’ostacolo maggiore che hai affrontato durante gli allenamenti?
“Essendo il primo anno chiaramente molte cose verranno certamente ritoccate, basti guardare i World Roller Games: rispetto ai Nazionali di Ponte di Legno ai Mondiali il metro di giudizio in generale è stato diverso, i giudici si sono mantenuti su delle valutazioni più basse, dunque come è normale che sia ancora bisogna trovare una linea comune. Negli allenamenti prima ci concentravamo soltanto sulle difficoltà tecniche, ora il lavoro si sposta maggiormente sulle components, sulla pattinata, sui lavori di piede; da noi chiaramente i fili non sono come sul ghiaccio, difficilmente riusciremo a raggiungere quel tipo di pressione e fluidità, da questo punto di vista il lavoro si è rivoluzionato soprattutto nelle impostazioni degli atleti più piccoli“.
Parlando di futuro invece, quali sono i tuoi prossimi obiettivi sul fronte tecnico?
“Sicuramente inserire il triplo flip e il triplo rittberger in combinazione, idea che in realtà era già nell’aria quest’anno ma che abbiamo preferito mettere da parte in quanto è meglio eseguire dei salti perfettamente ruotati e puliti piuttosto che rischiare di vanificare la prova con delle sbavature. Non nego che il mio obiettivo più grande però è quello di entrare nella storia diventando la prima donna ad eseguire un triplo axel in gara. Luca D’Alisera, che segue gli allenamenti insieme a mia madre per ciò che concerne gli allenamenti in coppia con Luca Lucaroni, mi sprona sempre per compiere questa impresa“.
Detto da lui che è il primo della storia ad averlo atterrato non può che essere uno stimolo enorme. A proposito di coppia: siete arrivati al quinto sigillo consecutivo, cosa bolle in pentola per i prossimi anni? Proseguirete o interromperete l’attività insieme?
“Non credo finirà la nostra avventura. Adesso come adesso siamo molto affiatati. Anche in coppia vogliamo spingerci oltre dal punto di vista tecnico: qualche anno fa avevamo iniziato a provare il triplo axel lanciato, poi per vicissitudini varie abbiamo accantonato; nei nostri piani c’è anche il quadruplo rittberger lanciato, salto a noi congeniale, e il quadruplo lutz twist, di sicuro dunque qualcosa di nuovo prossimamente sarà presentato“.
A te e Luca accomuna una cosa molto importante, ovvero partire sempre da favoriti assoluti. Come gestisci questa grande responsabilità? Senti molto la pressione esterna?
“Tendo a non ascoltare questo genere di cose. In generale personalmente quest’anno non avevo nulla da perdere, sono andata dritta come un treno fregandomene delle parole degli altri. Prima invece davo molto peso al pensiero della gente, ora ho capito che le persone usano molte parole, anche davvero pesanti, esclusivamente con la finalità di farti del male da un punto di vista psicologico. Io sono cresciuta nel mondo del pattinaggio da sola, sono partita da zero e insieme a mia mamma abbiamo scalato tutte le montagne possibili e immaginabili andando contro tutti e contro tutto senza alcun tipo di favoritismo, per questo la ringrazierò sempre per quello che ha fatto per me“.
Tra l’altro in passato si era diffusa la voce di un tuo probabile ritiro: era vero o si trattava solo di rumors?
“Sì era vero. Nel 2017 purtroppo avevo un fidanzato che era molto geloso sia della coppia con Luca sia del pattinaggio in generale; ci sono stati poi tra l’altro alcuni fattori esterni che mi hanno portato anche ad avere alcuni episodi di attacchi di panico al ridosso del Mondiale, quindi tra questo e il compagno che non mi aiutava io volevo smettere e allontanarmi da tutto. Nel periodo post Mondiali sono stata anche ferma per un po’ e, dopo aver rotto con il mio ex, ho capito finalmente cosa volevo fare della mia vita“.
In conclusione, cosa farà Rebecca quando finirà la carriera da pattinatrice?
“In questo momento sto frequentando il corso di laurea in Scienze Motorie, mi piacerebbe sicuramente rimanere nel mondo del pattinaggio per insegnare, io poi amo particolarmente i bambini. Ho inoltre intenzione di seguire alcuni corsi o master di perfezionamento nel mondo della fisioterapia o della riabilitazione, una professione che non cesserà mai di esistere“.
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Foto: S. Akimova (per gentile concessione di World Skate/World Roller Games 2019)