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Basket, Mondiali 2019: il cammino dell’Italia parte dalle Filippine. Serve la vittoria contro Blatche e compagni
Era dal 26 agosto 2006 che l’Italia non giocava una partita valida per i Mondiali di basket. L’ultima volta fu sempre in Asia, a Saitama, in Giappone, in un ottavo di finale stregato contro la Lituania, nato bene, proseguito male, ripreso per i capelli da Marco Belinelli e poi chiuso con una sequenza di eventi non narrabile a parole, la cui fine fu uno 0/3 dalla lunetta di Gianluca Basile. Nessuno allora poteva saperlo, ma per 13, lunghi anni sarebbe stata l’ultima gara dell’Italia in una manifestazione iridata o olimpica.
Quest’anno gli azzurri tornano alla carica, sempre passando verso Oriente, dalla Cina. Ed è ancora orientale la squadra che gli uomini di coach Meo Sacchetti si trovano ad affrontare: le Filippine, un Paese in cui la pallacanestro è sostanzialmente una religione. Anche dalle nostre parti non è raro vedere ragazzi e uomini filippini portarsi un pallone al campetto: è soltanto un piccolo spaccato di ciò che accade nella madrepatria, dove le partite hanno un bacino d’utenza altissimo e, sostanzialmente, è quasi impossibile trovare qualcuno incapace di fare un arresto e tiro. Esiste una sola altra nazione, 35 volte meno popolosa, in cui si può assistere a una simile dedizione per questo sport: la Lituania.
A differenza dei baltici, però, i Gilas non hanno da molto tempo una valida selezione nazionale al di fuori del continente asiatico, nel quale hanno anche fatto molta fatica dagli Anni ’90 del secolo scorso fino a metà degli Anni ’10 del 2000. In quest’occasione si presentano, peraltro, senza la possibilità di schierare Jordan Clarkson, perché la sua battaglia con la FIBA per essere considerato filippino senza essere per questo classificato tra i naturalizzati, visto che quel sangue ce l’ha davvero nelle vene, continua a non avere esito. Dovendo scegliere, perciò, coach Yeng Guiao ha bisogno di un uomo di peso sotto canestro, Andray Blatche, uno dei dodici naturalizzati di scena in terra cinese (tra gli altri undici c’è il nostro Jeff Brooks), ex ala-centro dei Washington Wizards, con cui è arrivato ad assommare oltre 16 punti di media nell’annata 2010-2011, e dei Brooklyn Nets, prima di proseguire la carriera in Cina. Blatche è l’uomo dal quale passano molte delle speranze delle Filippine, che possono anche contare su Kiefer Ravena, tornato da una lunga squalifica per doping, e su un gruppo dall’età media abbastanza alta in cui spicca la personalità di Japeth Aguilar. Rispetto a Spagna 2014 sono cambiati sette dodicesimi del roster, con il carismatico Jimmy Alapag che, vista l’età di quarantadue anni, ha smesso di giocare da tre per intraprendere la carriera di coach. Le Filippine si sono qualificate tramite due gironi asiatici, andando a far compagnia in questo senso ad Australia, Giappone e (solo nella seconda fase) Iran. In preparazione ha vinto quattro partite, ne ha perse due e, curiosamente, ne ha pareggiata una, in cui non è stato disposto di giocare il supplementare.
L’Italia, invece, arriva da una qualificazione tutto sommato tranquilla, con pochi intoppi e pensieri negativi spazzati via dopo la vittoria con la Lituania in quel di Brescia. L’assenza di Nicolò Melli pesa, oltre a creare un dilemma su chi dovrà contenere Blatche, e la scelta di Meo Sacchetti è stata quella di provare qualche soluzione estemporanea in più sul fronte dei piccoli, scegliendo di portare Ariel Filloy al posto di suo figlio Brian. Gli azzurri contano per buona misura su cinque uomini: Daniel Hackett, Marco Belinelli, Alessandro Gentile, Gigi Datome, Danilo Gallinari. Sono loro gli uomini cui è chiesto uno sforzo offensivo maggiore, quelli che con il talento e la capacità di trattare il pallone sono in grado di segnare o far andare a canestro i compagni. La Nazionale non ha vissuto una bellissima fase di preparazione, continuamente costellata da infortuni ed evenienze di ogni genere (il forfait di Melli, l’appendicite di Gallinari, il recupero di Datome dall’operazione sostenuta a fine stagione con il Fenerbahce) e chiusa con sei sconfitte consecutive (due con la Serbia, una con Grecia, Turchia, Francia e Nuova Zelanda). Per gli azzurri, battere le Filippine sarebbe fondamentale per scacciare via molti fantasmi e soprattutto dare una consistente forma al progetto di qualificazione alla seconda fase, per il quale è necessario superare sia i Gilas che l’Angola al fine di non doversi ritrovare a fare calcoli strani. Giunto a Foshan, Meo Sacchetti ha parlato alla stampa e dichiarato come il gruppo stia procedendo con fiducia verso l’esordio: “Il mio primo obiettivo è proprio quello di aprire la manifestazione con una vittoria e poi fare un passo dopo l’altro. Nel corso della preparazione c’è stata la sensazione che fossimo in difficoltà ma negli ultimi allenamenti ho visto un coinvolgimento di tutti nell’usare la voce per aiutare il compagno“.
31 agosto 2019, ore 13:30. Tredici anni dopo quella mattina di Saitama, il cielo del baseket mondiale torna a tingersi d’azzurro. Da Marco Belinelli a Marco Belinelli, che di quella spedizione è l’unico superstite ancora con la maglia della Nazionale addosso.
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federico.rossini@oasport.it
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Credit: Ciamillo