Artistica
Emozione sportiva del 2019 – Oscar OA Sport: la magia delle Fate, il cinqueeee di Windisch, il Settebello sul trono, il ruggito di Bettiol
Il 2019 ha regalato grandi emozioni agli appassionati di sport, l’Italia si è resa protagonista di una stagione positiva e non sono mancati i momenti in cui esaltarsi, istanti in cui ci siamo emozionati e in cui il cuore ha palpitato più del normale, in cui siamo sobbalzati sul divano per un gesto sportivo fuori dal comune compiuto da un nostro portacolori. La redazione di OA Sport ha selezionato quattro emozioni indimenticabili, quattro imprese entrate nel nostro cuore per estro, originalità, imprevidibilità, impatto emotivo, portata storica.
OSCAR OA SPORT 2019, L’EMOZIONE DELL’ANNO:
PRIMO POSTO – L’ITALIA DI GINNASTICA ARTISTICA CONQUISTA IL BRONZO AI MONDIALI:
Mercoledì 8 ottobre 2019. Schleyer Halle di Stoccarda, Germania. È il giorno della Finale a squadre femminile dei Mondiali di ginnastica artistica, la prova regina dell’intera rassegna iridata, quella che premia la validità dell’intero movimento di una Nazione. In pedana si presenta anche la piccola Italia, qualificata all’atto conclusivo per il rotto della cuffia dopo un turno eliminatorio al cardiopalma. Lottare per una medaglia sembra altamente improbabile, gli USA sono i dominatori annunciati ma anche Russia, Cina e la baldanzosa Francia sembrano essere decisamente superiori. Enrico Casella ci crede, il CT ha lavorato alacremente con le sue ragazze negli ultimi anni, vuole provarci fino all’ultimo e non gli basta tornare a casa soltanto con la qualificazione alle Olimpiadi. La classe 2003 pende dalle sue labbra, è consapevole dell’impresa titanica che l’attende ma non dà nulla per scontato. Uscirà fuori un pomeriggio indimenticabile che segnerà per sempre la storia della nostra Polvere di Magnesio, la gara perfetta da incorniciare e da tramandare ai posteri, quella che permette alle Fate di salire sul podio iridato a 69 anni di distanza dalla prima e ultima volta.
Siamo bellissime col bronzo al collo, il trucco si scioglie, il mascara non regge più, il rossetto evapora in lacrime di gioia che sublimano un’Italia da leggenda. Giorgia Villa, Asia D’Amato, Alice D’Amato, Elisa Iorio, Desiree Carofiglio spingono l’Italia in una nuova dimensione con un carattere e una grinta da veterane: tengono la media al corpo libero, si esaltano con i doppi avvitamenti al volteggio, giganteggiano alle parallele asimmetriche, sfruttano gli errori di cinesi e francesi, alla trave stringono i denti e fanno festa. Quegli abbracci, quelle esultanze, quel bronzo rappresentano l’emozione più bella di questo grande anno di sport dell’Italia: siamo sul podio in un evento prestigioso, nella gara regina di uno sport che è di classe A alle Olimpiadi e dove l’unica gioia risaliva a un’altra era geologica. Semplicemente storiche, semplicemente favolose.
SECONDO POSTO – DOMINIK WINDISCH VINCE LA MASS START DEI MONDIALI:
Cinqueeeeeeeeeeee, cinqueeeeeeeeeeeeeeee, cinqueeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee. I bersagli crollano sotto i suoi colpi con una facilità imbarazzante, nella tormenta più gelida, nel vento più totale, in una bufera da lupi, in condizioni meteo che ricordano la steppa più desolata più che un poligono di tiro. Domenica 17 marzo, Oestersund è sferzata da folate prepotenti, il cielo è cupo, la mass start maschile dei Mondiali di biathlon diventa una lotteria proprio in occasione dell’ultima serie di tiro, quella in piedi: le gambe tremano, il vento entra in maniera fulminea, colpire i cinque bersagli a cinquanta metri di distanza diventa un’impresa improba. Sbagliano tutti i big, i primi dieci non trovano la quadratura del cerchio, si rendono protagonisti di una sequela di errori da horror.
Da dietro arriva l’uomo che non ti aspetti: Dominik Windisch. L’azzurro è un eccellente biathleta ma viene da una stagione anonima, entra all’ultimo poligono fuori dalle prime dieci posizioni e con un distacco importante. Pensare al podio è già qualcosa di utopistico, ardire alla vittoria trascende l’impossibile. Ma è il giorno di grazia, quello in cui tutto è perfetto, quello in cui se ci credi puoi scrivere una pagina di storia: apre dal bersaglio centrale. Lo tira giù. Secondo e terzo, presi rapidamente. Il quarto si chiude. L’ultimo colpo è da manuale del biathlon: cinqueeeeeeeeeeeeeeee, cinqueeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee. Dome centra lo zero in piedi da fenomeno in condizioni non proibitive: di più.
È primo, l’ultimo giro sugli sci è dolce come lo zucchero filato per un bambino, trascende il Paradiso, è la liberazione pura, è la consacrazione definitiva, è la sublimazione di tanti sforzi, è un’impresa che fa commuovere. Dominik Windisch è Campione del Mondo poche ore dopo Dorothea Wierer, due ragazzi provenienti dalla stessa valle, trionfanti nella stessa specialità, nello stesso giorno, il giorno di una magica Italia e delle lacrime ghiacciate di un paladino sbucato all’improvviso come solo nelle sceneggiature più belle di un film da Oscar.
TERZO POSTO – SETTEBELLO CAMPIONE DEL MONDO:
Italia-Spagna. Una grande classica della pallanuoto. Tutti gli appassionati ricordano la battaglia mitologica della Picornell, la “tonnara” di Barcellona consegnata semplicemente alla leggenda dello sport. Sono passati 27 anni da quell’epopea, il Settebello si laureava Campione Olimpico e in vasca c’era Sandro Campagna. Il colosso questa volta guida la Nazionale ai Mondiali, gli azzurri non si presentano tra i favoriti a Gwangju ma partita dopo partita iniziano a crederci, prendono confidenza con le nuove regole, entrano nel vivo della competizione e si rendono protagonisti di una cavalcata straripante: la Grecia si arrende ai quarti, la grande rivale Ungheria viene liquidata in semifinale, la battaglia per l’oro è con gli iberici che hanno eliminato Serbia e Croazia.
L’appuntamento è per il 27 luglio in Corea del Sud, il Settebello è chiaramente favorito ma il primo quarto si conclude in parità. Gli azzurri poi mettono il turbo, segnano a raffica, col passare dei minuti capiscono di avere in pugno lo scettro, Figlioli e compagni dominano in lungo e in largo, la piscina si tinge di tricolore e l’Italia vince il Mondiale a otto anni di distanza dall’ultima volta. Da padroni autentici, da Imperatori delle acque, da vero Settebello.
QUARTO POSTO – ALBERTO BETTIOL STACCA TUTTI SUL KWAREMONT E VINCE IL GIRO DELLE FIANDRE:
Vincere nell’Università del ciclismo è un’impresa per pochi, laurearsi in una Classica Monumento è estremamente complicato, tagliare il traguardo in solitaria dopo un’azione da brividi è un numero da circo che soltanto un fuoriclasse è in grado di compiere in un tempio indiscutibile del pedale. Il Giro delle Fiandre è un punto di riferimento nel calendario primaverile, una micidiale corsa di un giorno che segue la Milano-Sanremo e precede la Parigi-Roubaix: imporsi in casa dei maestri belgi può consacrare un atleta all’immortalità sportiva.
Alberto Bettiol non è certo il grande favorito della vigilia, un italiano non vince addirittura dal 2007 (Alessandro Ballan) e sperare in una magia appare impossibile ma come spesso accade i sogni si realizzano nel bel mezzo della notte più cupa, quando meno te lo aspetti, quando nemmeno riesci a credere nell’impossibile. Il toscano si rende protagonista di una gara accorta e poi attacca sul Vecchio Kwaremont, il Muro simbolo del Giro delle Fiandre, quello dove i campioni più grandi della storia hanno fatto la differenza: potenza straripante, allungo fulmineo, tutti gli avversari rimangono piantati e poi negli ultimi 13 chilometri si inventa una mini-crono per tagliare il traguardo in solitaria, in lacrime, siglando una delle più grandi imprese dell’anno.
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Foto: Simone Ferraro/FGI