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Calcio, Hakan Sukur: “Costretto a fare il tassista a Washington, Erdogan mi ha tolto tutto…”

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Ha avuto una carriera assolutamente di tutto rispetto. Ha vestito le maglie di Galatasaray, Torino, Parma, Inter, Blackburn e Bursaspor. A tutto questo ha aggiunto anche 112 presenze con la sua Nazionale, la Turchia, alla quale ha regalato 51 reti e ha contribuito a conquistare la medaglia di bronzo ai Mondiali del 2002. Se non avete ancora indovinato l’identikit di questo calciatore classe 1971 possiamo dirvi che ora è costretto a fare l’autista Uber a Washington. Trattasi di Hakan Sukur, centravanti da 332 gol complessivi che, per questioni extra-calcistiche, ha visto la propria vita cambiare in maniera davvero radicale.

Come riportato dal Corriere della Sera, infatti, l’attaccante turco “paga” il suo impegno politico intrapreso nel 2008, quando mosse i primi passi proprio nel partito dell’attuale presidente Recep Tayyip Erdoğan, fino a diventare parlamentare nel 2011. Dopo diversi anni nei quali tutto filava liscio arrivò il tentativo di colpo di Stato che, nel 2016, tentò di esautorare il numero uno della Turchia. Hakan Sukur venne accusato di aver preso parte al golpe e di essere al fianco di Fetullah Gulen, ex alleato e nemico del presidente turco.

L’ex attaccante di Torino e Inter nega con forza ogni genere di accusa e lo fa per mezzo di una intervista a ‘Welt am Sonntag’: “Golpe? Quale sarebbe stato il mio ruolo? Nessuno è in grado di spiegarlo – le sue parole riportate dal Corriere della Sera – Ho sempre fatto cose legali. Non sono un traditore o un terrorista. Sono un nemico del governo, ma non dello Stato o della nazione, amo il mio paese”.

Nonostante ciò, Sukur negli ultimi anni ha vissuto momenti difficili, sia per sè stesso, sia per la sua famiglia. “Grazie al partito era aumentata la mia popolarità. Poi quando sono iniziate le ostilità è cambiato tutto. Ricevevo continue minacce dopo ogni dichiarazione. Hanno lanciato bombe nella boutique di mia moglie, i miei figli sono stati molestati per strada. Mio padre è stato incarcerato e tutti i beni sono stati confiscati”.

A quel punto la decisione di cambiare aria e volare negli Stati Uniti. Ma la situazione non si è modificata. “Ho gestito una caffetteria in California, ma venivano persone strane al bar”. Intimidazioni che oggi sembrano cessate, anche se l’ex nazionale turco per campare è costretto a vendere libri e portare a spasso le persone tramite l’applicazione Uber. La sua speranza è di poter tornare liberamente nel suo Paese. Proprio per questo motivo prova a mandare un messaggio ad Erdogan: “Ritorna alla democrazia, alla giustizia e ai diritti umani. Interessati deii problemi della gente. Diventa il presidente di cui la Turchia ha bisogno”.

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alessandro.passanti@oasport.it

Twitter: @AlePasso

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Foto: Lapresse

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