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Rugby femminile, Sei Nazioni 2020: l’Italia riparte dallo storico secondo posto del 2019. Cosa manca per vincere

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Inizia domenica pomeriggio il Guinness Sei Nazioni 2020 femminile e l’Italia arriva all’appuntamento sulle ali dell’entusiasmo del secondo posto conquistato un anno fa. Tre vittorie, un pareggio e un solo ko hanno permesso alle ragazze di Andrea Di Giandomenico di ottenere il miglior risultato della sempre di una nazionale azzurra nel Torneo continentale, che si parli di uomini, donne o juniores. Ma cosa serve per conquistare il titolo?

I limiti dell’Italdonne sono tanti e nessuno imputabile a giocatrici e staff tecnico. Il primo problema è il disinteresse che per anni ha permeato il mondo femminile del rugby. Gli investimenti federali, la regolarità dei raduni e i test match internazionali durante l’anno sono stati per anni ridotti ai minimi termini, mentre le avversarie più forti – in primis Inghilterra e Francia – puntavano forte sul rugby in rosa, con soldi e programmazione. Recuperare questo gap non è facile e il secondo posto di un anno fa è stato un risultato straordinario partendo da questi presupposti.

A ciò si aggiunga che, sempre Francia e Inghilterra, hanno campionati nazionali di alto livello, con le atlete che sono professioniste (quasi) alla pari con i colleghi maschili, con tornei che modellano e costruiscono le campionesse che poi partecipano al Sei Nazioni. In Italia il campionato femminile è un “work in progress” da anni, con la formula che cambia di anno in anno, con gap tecnici tra le (poche) formazioni d’alto livello e chi fatica ad avere una rosa per partecipare al torneo. Anche qui si sta lavorando, ma i tempi non sono brevi, gli investimenti ancora minimi e avvicinare il livello dei tornei nazionali degli altri Paesi è difficile, se non impossibile. Una situazione non molto diversa dai maschi, ma senza un Pro 14 per dare esperienza internazionale alle migliori azzurre.

Detto ciò, sicuramente il lavoro fatto da Andrea Di Giandomenico e il suo staff negli ultimi anni è importante e oggi l’Italdonne ha sicuramente una profondità che fino a pochissimi anni fa era impensabile. Basta vedere la rosa delle azzurre che parteciperanno al Guinness 6 Nazioni di quest’anno per vedere come un ricambio generazionale è sempre più ampio e veloce. Si parte da Laura Paganini, unica apertura convocata, con due caps e classe ’99, ma si arriva a ragazze giovanissime, le cosiddette Millennials, come l’esordiente Vittoria Ostuni Minuzzi e Francesca Sgorbini, che può vantare già due caps in azzurro, che sono delle 2001 e già fanno parte del gruppo ristretto che esordirà domenica in Galles e che garantiscono un futuro roseo all’Italdonne.

L’Italdonne per vincere deve ripartire da qui. Dalle giovani che portano entusiasmo in un gruppo esperto e consolidato, e da un gruppo che nel 2020 ha l’obiettivo di confermarsi ai massimi livelli nel Sei Nazioni e che a settembre si giocherà l’accesso ai prossimi Mondiali di rugby. Conquistare un posto iridato darebbe un’ulteriore spinta a un movimento in crescita, su cui si deve puntare e credere, per poter presto rispondere alla domanda su cosa serva per conquistare il titolo con una frase sibillina. Nulla, perché già vincono.

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Foto: Pier Colombo

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