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Kobe Bryant, il lutto che ha globalizzato il mondo dello sport

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La prima cosa che penso è il senso di famiglia; guardandomi intorno vedo tutti in lutto, stiamo soffrendo, abbiamo il cuore a pezzi: l’unica cosa da fare è appoggiarsi alla famiglia. Chi è qui fa parte di una famiglia e so che Kobe, Gianna, Vanessa, tutta la famiglia Bryant, vi ringraziano dal profondo del cuore. Celebriamo un ragazzo arrivato a 18 anni e rimasto fino a 38, diventato il miglior padre. Con i compagni vogliamo portare avanti la sua eredità. Non verrai mai dimenticato e vivrai per sempre, fratello“.

Con queste parole commosse ed emozionate il “Prescelto” LeBron James ha voluto rendere omaggio a chi non c’è più. Kobe Bryant, sua figlia Gianna e altre sette persone sette giorni fa sono state vittime di ciò che mai nessuno poteva immaginare. Un incidente in elicottero, la poca visibilità e l’impatto devastante. Tutto finito in pochi istanti.

Allo Staples Center i Los Angeles Lakers sono tornati a giocare affrontando i Portland Trail Blazers. Il palazzetto californiano ha reso onore alla memoria di Kobe: su ogni seggiolino sarà presente la canotta con il numero 8 o con il 24, i due marchi della sua esperienza giallo-viola. Non solo questo: l’alleluia al violoncello di Ben Hong e la voce di Kobe che ha risuonato in tutto l’impianto, i video tributo proiettati sui maxi schermi accompagnato dalla calda voce di Usher e Boyz II Men. Un’atmosfera surreale frutto di un lutto che ci ha unito. Sì perché, al di là delle polemiche di copertine o prime pagine dedicate e non, quanto accaduto una settimana fa è un “lutto coalizzante”.

In ogni angolo della pianeta la palla a spicchi è stata citata per parlare dell’ex asso dei Lakers. Ognuno di noi ha voluto mettere insieme concetti estrapolati da immagini, ricordi e da esperienze personali. L’ossessione del successo, la ricerca del miglioramento e il credere in se stessi, aspetti caratterizzanti di Kobe, sono da modello per qualsiasi ambito. Per questo, in maniera ideale, tutti ci siamo sentito presenti di partecipare a quanto è accaduto a migliaia di km di distanza, per dare un segno di rispetto e di riconoscenza.

Pertanto i cinque titoli NBA (2000, 2001, 2002, 2009 e 2010), le due le Finals perse, 2 ori olimpici con il Team Usa, gli 11.388 canestri realizzati dal campo, i 6.166 assist in stagione regolare, le 17 volte selezionato per l’All Star Game e gli 81 punti realizzati contro i Raptors nel gennaio 2006 sono solo parte di statistiche e numeri freddi che descrivono un giocatore che ha scaldato il cuore di tutti. In nome di quella passione oggi ci ritroviamo a ricordare chi non c’è più per far sì che la morte più che toglierci qualcosa renda indelebile il ricordo di ciò che è stato.

 

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Foto: LaPresse 

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