Rugby
Rugby, gli eroi di Grenoble e un’Italia che metteva paura ai colossi del Cinque Nazioni
Sono passati 23 anni, eppure sembra una vita fa. Il 22 marzo è una data che è entrata nella storia del rugby italiano e il nome di Grenoble, cittadina situata nella storica regione del Rodano-Alpi, nel sud-est della Francia, è uno di quelli che fanno illuminare lo sguardo agli appassionati. Come il Bernabeu ’82 per il calcio azzurro o Les Deux Alpes ’98 di Marco Pantani o Mosca ’80 di Pietro Mennea, questa data è diventata una leggenda.
L’Italia del rugby non era ancora entrata nell’élite della palla ovale mondiale, disputava la Coppa FIRA e guardava con ammirazione e invidia quel leggendario Cinque Nazioni dove si sfidavano annualmente Inghilterra, Irlanda, Scozia, Galles e Francia. Il sogno azzurro era entrare in quel gruppo ristretto e il neopresidente federale Giancarlo Dondi si era dato quell’obiettivo. Il rugby italiano nel 1997 arrivava da un decennio d’oro a livello di club, con squadre come Milano e Treviso che avevano convinto campioni incredibili a giocare nel Belpaese.
A livello di nazionale nel 1995 era arrivato il primo successo contro una delle big del rugby, l’Irlanda, battuta 22-12 a Treviso. Un segnale forte, ma una fiammata che non aveva scosso i piani alti della palla ovale mondiale. È, invece, il 1997 l’anno che cambia la storia del rugby italiano. Il 4 gennaio gli azzurri sfidano nuovamente gli irlandesi, ma questa volta a Dublino. Finisce 29–37 per l’Italia, con due mete di Paolo Vaccari e una a testa per Marcello Cuttitta e Diego Dominguez. Una vittoria storica, ma ancora manca qualcosa. Sì, perché quell’Irlanda è una squadra in crisi, che da lì a poco chiuderà ultima il Cinque Nazioni vinto trionfalmente dalla Francia.
Così, la sfida del 22 marzo a Grenoble diventa l’esame di maturità di una squadra azzurra che aveva passato gli esami a pieni voti, ma ora doveva dimostrare al mondo di potersela giocare con tutti. Alla guida degli azzurri c’è il guru del rugby, George Coste, mentre in campo c’erano capitan Massimo Giovanelli, i gemelli Marcello e Massimo Cuttitta, Paolo Vaccari, il mai abbastanza compianto Ivan Francescato e un giovanissimo Alessandro Troncon, tra gli altri. Campioni veri, giocatori che non avrebbero sfigurato schierati nelle nazionali più forti.
Contro, però, non c’è una squadra qualunque. La Francia, come detto, aveva appena vinto il Cinque Nazioni e allo Stade Lesdiguières scendono in campo leggende come Fabien Pelous, Raphael Ibanez e Philippe Saint-Andrè, solo per citarne qualcuno. Il destino appariva già scritto, troppo forti i Bleus per quest’Italia che sognava in grande, ma che a Grenoble era destinata a scontrarsi con la dura realtà. Eppure, dopo il fischio d’inizio di David McHugh, i giganti del rugby capiscono che il destino si scrive in campo, non nei pronostici.
Passano 5 minuti, gli azzurri strappano il pallone ai transalpini, lo muovono velocemente a Ivan Francescato che inizia a correre dalla metà campo azzurra e si invola fino in meta. Al 14’ pareggia la Francia con una meta tecnica contestata dagli azzurri, ma tant’è, si è pari. Al 17’ è Diego Dominguez a mettere tre punti dalla piazzola. Due piazzati francesi danno il vantaggio 13-10 ai padroni di casa, ma alla mezz’ora è il solito Diego a impattare nuovamente il risultato. Al 34’ fallo per l’Italia e mentre tutti si aspettano il piede di Dominguez, Troncon batte veloce, palla a Julian Gardner che sfonda centralmente. Seconda meta azzurra e vantaggio 20-13 con cui si va al riposo.
La ripresa inizia con la Francia che spinge e al 52’ una bellissima azione dei transalpini manda Bondouy in meta e nuovo, ennesimo, pareggio. Qui l’Italia potrebbe crollare, impaurita e conscia della forza transalpina, ma non è così. Al 56’ l’Italia rischia il patatrac, con Paolo Vaccari che fatica a raccogliere un pallone calciato dai Bleus. Ma da lì, dalla metà campo azzurra, ecco l’azione più bella. Un’azione corale, lunghissima, passaggi infiniti, placcaggi rotti e, alla fine, l’ovale che arriva nelle mani di Giambattista Croci, seconda linea, che schiaccia. 27 a 20 per l’Italia e pubblico azzurro in visibilio. Ma non è finita, è ancora lunghissima.
Ma la Francia trema, diventa fallosa e Diego Dominguez la punisce due volte, al 62’ e al 68’, portando l’Italia a +13 e oltre al break. Il sogno, che per molti sembrava un’illusione, inizia a diventare realtà. Realtà che porta i nomi di Julian Gardner e Paolo Vaccari al 74’. Il numero 8 azzurro afferra al volo un pallone a metà campo e, da solo, buca una difesa transalpina sorpresa e incapace di reagire. A un passo dalla meta il passaggio al largo, dove c’è Vaccari che raccoglie, ringrazia e va a schiacciare tra i pali. Dominguez trasforma, 40-20 per l’Italia e la storia si è scritta. I padroni di casa hanno un moto d’orgoglio nel finale, vanno in meta al 79’ con Sodourny e a tempo scaduto nuovamente con Bondouy, ma serve solo per le statistiche. Finisce 40-32 per l’Italia e, di fatto, a Grenoble si aprono le porte per l’ingresso dell’Italia in quello che, tre anni dopo, diventerà il Sei Nazioni.
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Foto: LaPresse