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Basket, NBA: tutti i giocatori che hanno contratto il coronavirus. Rudy Gobert il primo, ad oggi sono in dieci tra cui Kevin Durant

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Sono finora dieci (più un membro dei Denver Nuggets e tre dei Philadelphia 76ers di cui è al momento ignota l’identità) i giocatori che hanno contratto il coronavirus COVID-19 all’interno del cerchio di coloro che hanno il privilegio di competere nella NBA, la massima lega professionistica americana per quel che riguarda la palla a spicchi.

Il primo di essi è anche colui che ha fatto più rumore: il centro francese degli Utah Jazz Rudy Gobert. La sua positività al virus è stata resa nota poche decine di minuti prima del match che, nella notte tra mercoledì 11 e giovedì 12 marzo, opponeva la franchigia di Salt Lake City agli Oklahoma City Thunder. Nel giro di pochissimo tempo l’incontro è stato rinviato, e non ne è passato molto altro che la NBA si decidesse, con enorme rapidità, a sospendere tutte le partite da lì in avanti. La lega, peraltro, stava già discutendo piani su possibilità di giocare le partite a porte chiuse, stante l’allarme crescente negli Stati Uniti per il COVID-19. Molto scalpore (e altrettanta rabbia) ha destato un video di un paio di giorni prima in cui Gobert ridicolizzava il pericolo, toccando tutti i registratori dei giornalisti in sala stampa.

A poche ore di distanza, è emerso che anche il suo compagno Donovan Mitchell è stato contagiato; in poche ore si è scoperto che, sempre incurante del potenziale pericolo, Gobert aveva continuato come se nulla fosse a toccare oggetti dei compagni in spogliatoio, oltre che i giocatori stessi, esponendoli a enorme rischio. Mitchell, guardia titolare e punta di diamante dei Jazz, ha poi confessato di esser stato arrabbiato per parecchio tempo con il francese.

Lo scorso lunedì è stata poi resa nota la positività anche di Christian Wood, ala dei Detroit Pistons che aveva aumentato minutaggio e rendimento dopo l’addio di Andre Drummond, andato ai Cleveland Cavaliers non senza rimostranze da parte del diretto interessato. Dopo l’All Star Game le sue medie erano passate a 23.1 punti e 10.1 rimbalzi, ed è anche questo il motivo per cui i New York Knicks lo hanno messo nel mirino.

Martedì, invece, è stata la volta di quattro giocatori dei Brooklyn Nets, tre dei quali asintomatici e uno con qualche lieve segnale degli effetti dati dal coronavirus. Poche decine di minuti dopo l’emergere della notizia, uno dei quattro uomini è uscito allo scoperto. E non si è trattato di uno qualsiasi, ma di Kevin Durant, superstar che, a causa di un gravissimo infortunio al tendine d’Achille riportato nelle scorse NBA Finals giocate con i Golden State Warriors contro i Toronto Raptors, non ha potuto mettere piede in campo in questa stagione e molto difficilmente l’avrebbe fatto in ogni caso.

A causa di tutti questi casi, varie franchigie hanno disposto la quarantena per giocatori e staff: prima i Toronto Raptors (con Chris Boucher che l’ha violata, scusandosi successivamente; il suo tampone era comunque negativo), poi gli Oklahoma City Thunder e infine i Los Angeles Lakers. Nel frattempo si è alzato un polverone a causa della facilità con cui le squadre NBA hanno accesso ai tamponi rispetto alla popolazione normale. La critica è arrivata dal sindaco di New York, Bill de Blasio; gli ha risposto Michele Roberts, prima donna a ricoprire il ruolo di direttore esecutivo della NBPA (l’associazione dei giocatori), che ha ricordato come di colpe ne abbia, e non poche, il Governo federale.

Ed è proprio di questa notte la notizia che due giocatori dei Lakers, di cui non si conosce l’identità, hanno ricevuto la comunicazione della positività al virus; il loro nome è rimasto segreto. Anche per i Boston Celtics un caso, e di un nome piuttosto di peso, quello di Marcus Smart, una delle stelle della franchigia, che si è già messo in quarantena volontaria.

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federico.rossini@oasport.it

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Foto: LaPresse

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