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Formula 1
F1, Piloti immortali: Clay Regazzoni nei cuori dei ferraristi. Dal rapporto con Lauda al Mondiale 1974 perso per 3 punti
Il 15 dicembre 2006 sulla autostrada A1, all’altezza dello svincolo con la A15, in un incidente stradale, si è conclusa la vita di Clay Regazzoni, nel modo peggiore possibile. Uno schianto che ha spezzato il cammino dell’ex pilota, anche della Ferrari, e una vita nella quale aveva già dovuto affrontare non poche sfide. Lo svizzero, nato a Lugano il 5 settembre 1939, le aveva sempre affrontate con il suo solito piglio e carattere. Un pilota amato e rispettato da tutti che, probabilmente, non aveva a disposizione un talento clamoroso come Ayrton Senna, Michael Schumacher o il suo grande amico Niki Lauda, ma che ha lasciato un marchio indelebile nel mondo della F1 e, di conseguenza, anche degli appassionati italiani, che lo avevano adottato ufficialmente dopo il successo di Monza nel 1970 con la Rossa.
Gianclaudio Giuseppe “Clay” Regazzoni, il suo nome per esteso, era nato nel Canton Ticino e immediatamente ha avuto modo di scoprire il mondo dei motori dato che era nato in una famiglia impegnata con le quattro ruote. Suo padre, infatti, possedeva una carrozzeria e sin dalla più tenera età il piccolo Gianclaudio sapeva mettere le mani nelle macchine laddove era necessario. Nonostante questo “imprinting” i suoi esordi nel mondo delle corse arrivarono solamente nel 1963. In quegli anni Regazzoni fece suo il titolo europeo di Formula 2, prima di fare il proprio esordio in Formula 1 nel 1970.
La Ferrari seguiva già da tempo il pilota elvetico e gli fa firmare il primo contratto nel 1969. L’esperienza nella massima categoria del motorsport, tuttavia, avviene solamente nell’annata successiva, in maniera assolutamente peculiare. La scuderia di Maranello, infatti, prende il via nel campionato con un solo pilota: Jacky Ickx. Alla quinta gara decide di affiancarlo con Regazzoni e Ignazio Giunti, che disputano una gara a testa. Il suo primo anno con la 312 B è incredibile. Quarto alla prima assoluta a Zandvoort, in Olanda, nella gara vinta da Jochen Rindt, quindi di nuovo quarto a Brands Hatch, dove vinse ancora Rindt. La Ferrari a questo punto decide di non toglierlo più dalla proprio monoposto ed i risultati arrivano. Dopo un ritiro in Germania, Regazzoni centra tre secondi posti (Austria, Canada e Messico), quindi una clamorosa vittoria a Monza davanti a Jackie Stewart. Il tredicesimo posto nel GP degli Stati Uniti e lo “zero” di Hockenheim gli costano il titolo iridato. Jochen Rindt muore a Monza e si ferma a 45 punti, con Ickx secondo a 40 contro i 33 di Regazzoni che, va ricordato, non aveva disputato ben 5 gare.
Se l’esordio lo aveva visto duellare con i migliori per il titolo, tutti si attendevano un 1971 ancor migliore. Invece per la sua 312 B2 arrivano ben 7 ritiri su 11 gare e un settimo posto conclusivo in classifica, ben lontano da Jackie Stewart. Quando arriva al traguardo, tuttavia, lo svizzero centra tre terzi posti tra Sudafrica, Olanda e Germania. Discorso simile anche nel 1972 con una 312 B2 troppo fragile che lo lascia a piedi in 4 occasioni. Due soli podi totali, secondo a Hockenheim e terzo in Spagna, per un altro settimo posto finale a debita distanza da Emerson Fittipaldi. In quel periodo la Ferrari arranca dentro e fuori la pista, per cui il ticinese decide di salutare e firmare per la BRM assieme a Jean-Pierre Beltoise e Niki Lauda. In questo campionato così complicato (miglior risultato un sesto posto in Austria e Brasile) conosce quel giovane austriaco con il quale instaura un rapporto di amicizia speciale e un binomio in pista che prosegue anche nella stagione successiva, con il ritorno in Ferrari.
Il 1974 di Maranello dà un taglio netto rispetto alle annate precedenti. La 312 B3-74 è una vettura di livello che Regazzoni sfrutta nel migliore dei modi. Ben 7 podi totali con una grande vittoria al Nürburgring, quattro secondi posti (Brasile, Spagna, Olanda e Canada) quindi due terzi tra Argentina e Francia. Un ruolino di marcia di spessore che, tuttavia, non gli permette di acciuffare il titolo. L’undicesimo posto nella prova conclusiva, il GP degli Stati Uniti, gli fa chiudere la stagione a 52 punti, contro i 55 di Emerson Fittipaldi che nelle ultime tre gare lo va a sorpassare. Niki Lauda, invece, chiude la sua annata con un numero record di ritiri, prima di cambiare marcia nel 1975 con il suo primo titolo iridato. Regazzoni chiude al quinto posto finale con la vittoria a Monza e due terzi posti tra Svezia e Olanda, stesso risultato nel 1976, impreziosito dalla vittoria negli USA (a Long Beach) ed i secondi posti in Belgio, Olanda e Italia, ma ormai capendo come il suo giovane collega austriaco sia il punto di riferimento del team e della F1 in generale.
Anche per questo motivo nel 1977 saluta di nuovo la scuderia del Cavallino Rampante e passa alla non eccezionale Ensign. La sua MN177 è una vettura di secondo piano ed i risultati lo confermano: due volte non si qualifica alla gare, quindi totalizza ben 9 ritiri con i quinti posti di Monza e USA (a Watkis Glen) come migliori prestazioni. Nel 1978 nuovo cambio di casacca. Clay passa alla Shadow con un’altra monoposto che di competitivo ha ben poco. Cinque non qualificazioni, tre ritiri e un quinto posto in Brasile come fiore all’occhiello. Dopo anni così bui molti potevano pensare al ritiro. Regazzoni nel 1979 invece si rimette in gioco con la Williams. Una stagione iniziata in salita con un decimo posto in Argentina, un quindicesimo ad Interlagos, quindi nono in Sudafrica, prima di tre ritiri uno dietro l’altro. Tutto lascia intravedere il totale declino, ma l’elvetico si rimbocca le maniche e inizia a volare. Secondo a Montecarlo, primo a Silverstone (ultima vittoria della carriera) quindi ancora piazza d’onore in Germania e due terzi posti tra Monza e Canada. La graduatoria generale lo vede quinto con quello che si potrà definire l’ultimo guizzo della sua epopea in F1.
Nel 1980, infatti, torna alla Ensign per un capitolo quanto mai doloroso della sua vita. Dopo un avvio complicato, alla quarta gara il Circus corre a Long Beach. Nel corso del GP, al cinquantunesimo giro, la sua monoposto perde i freni e va a schiantarsi a circa 270 km/h contro la Brabham di Ricardo Zunino, che era stata improvvidamente abbandonata dai commissari nella via di fuga. L’impatto fu terribile e le gravi ferite che riportò alle gambe e alla spina dorsale lo resero per sempre paraplegico. Come se non bastasse un successivo intervento, che avrebbe dovuto essere risolutore, invece peggiorò ancor di più le condizioni.
Una menomazione che, tuttavia, non ha impedito allo svizzero di rimanere nel mondo delle corse. Partecipa a qualche rally e diviene anche commentatore sportivo. Negli anni ’90 si era anche segnalato con diverse iniziative a favore delle persone disabili nel mondo dello sport, prima di quel terribile schianto sulla A1 causato, probabilmente, da un malore mentre era alla guida. Due gravi incidenti hanno segnato la vita di Clay Regazzoni ma non hanno minimamente scalfito il suo ricordo e ciò che ha lasciato alla Formula Uno. Un pilota dal valore tecnico e umano davvero notevole che ha chiuso la sua carriera con 132 GP disputati, 5 vittorie, 28 podi, 5 pole position e 15 giri più veloci in gara e una grande amicizia (nonostante due caratteri pressoché opposti) con Niki Lauda.
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alessandro.passanti@oasport.it
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Foto: Lapresse