Scherma
L’Italia è grande: Alfredo Rota e la stoccata al supplementare che fece piangere la Francia a Sydney 2000
All’epoca si parlò persino di “vendetta” post Rotterdam, cioè dopo la finale europea in Olanda che l’Italia di calcio stava vincendo prima di vedersi beffare al Golden Gol in maniera clamorosa da David Trezeguet. Ma la scherma è un’altra storia ed ecco che dopo Atlanta ’96 gli spadisti azzurri, senza Cuomo, ritiratosi, ma con Rota e Milanoli in più, vanno a bissare il trionfo americano di quattro anni prima, a squadre. In maniera folle e indimenticabile.
Se quel torno in Georgia era stato ad alta tensione in ogni assalto italiano, pur vittorioso, allo stesso modo il titolo australiano arriva dopo una giornata all’insegna della sofferenza. Con Angelo Mazzoni che ha 39 anni suonati e Maurizio Randazzo, 36. Con loro il debuttante milanese Alfredo Rota, 25 anni, e il piemontese Paolo Milanoli, 31 anni, riserva nel 1996, guascone, teatrale, ma anche talentuoso e geniale tanto che conquisterà il titolo iridato individuale a Nimes nel 2001, impresa mai riuscita nemmeno ai citati Cuomo e Mazzoni.
A proposito. A livello individuale i nostri eroi arrivavano proprio da un altro torneo individuale pieno solo di delusioni e arrabbiature. Quando fanno squadra, però, sanno trasformarsi. A Sydney il tabellone è super equilibrato. Anche se l’Italia è fortunata, perché nei quarti trova l’unico avversario “debole”, l’Australia, regolata 45-34. Gli altri tre incontri vengono decisi da una sola stoccata. Come avviene in una semifinale e nella sfida per l’oro. Il thriller si fa avvincente già con Francia-Ungheria 43-42, posto nelle prime quattro assegnato all’ultimo secondo. L’azione, poi, diventa rocambolesca nella semifinale azzurra. Mazzoni, alla sua sesta Olimpiade, incassa un complessivo 4-13 che consente alla Corea del Sud di portarsi sul 40-35 prima dell’ultimo assalto tra Rota (il più in forma dei nostri) e Lee Sang-Yup. La situazione è delicatissima e Milanoli la traduce con efficacia: «Come stare 0-3 nel calcio». Appunto. Le rimonte clamorose, però, ogni tanto avvengono. Rota ne firma una con uno spettacolare parziale di 9-3 che vale il 44-43 utile per passare in finale.
Contro i favoriti francesi c’è un cambio. Al posto di Mazzoni, che sta tirando male, entra Randazzo. La suggestione resta quella dell’ennesimo derby tra grandi potenze. Con un tocco in più, quello dell’ancora fresca beffa subita dall’Italia del calcio nella finale degli Europei. La rivincita firmata dagli spadisti è ugualmente beffarda. Fin dal 4-2 di Srecki su Rota la Francia guida il match. Sta avanti, salvo un momentaneo 18-18 con la sigla di Randazzo. Gli azzurri sanno di battersi contro i più forti e hanno una sola chance: «La tattica era uscire dagli schemi tecnici per portarli sul terreno dell’improbabile». Milanoli traduce le parole in fatti, diventando il mattatore della pedana. Provoca, irride, temporeggia, trova colpi di classe, si ferisce, si fa ammonire. È un ciclone che stordisce i rivali. Ma dopo otto assalti sono ancora loro a comandare per 38-36. Chiudono Rota e Obry, fresco argento individuale e poco amato, si dice, dagli azzurri, ma anche da molti altri avversari. Il nostro uomo dei miracoli si ripete: due stoccate per il pareggio, il vantaggio della priorità decisa dal computer per il minuto supplementare e, infine, la botta al ginocchio che equivale a un «golden gol». Un trionfo folle di cui si parla ancora oggi per la gioia di Rota in ginocchio contrapposta al pianto disperato del francese. Come a Rotterdam, Al contrario.
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gianmario.bonzi@gmail.com
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Foto: LaPresse