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Olimpiadi. L’eterna rivalità tra Sebastian Coe e Steve Ovett: l’età dell’oro del mezzofondo britannico

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Il 25 marzo 1972 un ragazzo di nome Kirk Dumpleton dominava la gara riservata alla categoria ragazzi dei Giochi Studenteschi di Hillingdon, in Inghilterra. Venti secondi dopo, uno studente di Brighton di 16 anni, alto, con uno straccio in testa a tenere fermi i capelli, tagliava il traguardo in seconda posizione: il suo nome era Stephen Michael James Ovett. Più indietro, in decima posizione, concludeva la sua gara un quindicenne di Sheffield chiamato Sebastian Newbold Coe. Due di questi tre ragazzi, quelli apparentemente meno forti, diedero il via ad una delle più grandi rivalità dell’atletica. Dumpleton, che poi avrebbe fatto il bidello ad Harpenden, Hertfordshire, può dire forte di aver battuto due fenomeni.

Coe e Ovett, invece, furono gli avversari perfetti: uno arrivava da un ambiente povero, l’altro da un ceto privilegiato, uno era brevilineo, l’altro spilungone, uno era nato nella costa meridionale dell’Inghilterra, l’altro nel nord, uno aveva il sogno di diventare giornalista, l’altro dai giornalisti era terrorizzato. Niente di loro era uguale, fatta eccezione per la velocità con cui correvano. Anche la preparazione era diametralmente opposta. Peter Coe, padre di Sebastian, portava il figlio a correre attorno alle colline di Sheffield e aveva un approccio scientifico all’allenamento, con analisi chimiche del sangue, test fisiologici e utilizzo della biomeccanica. Tutto programmato, insomma. Ovett aveva un approccio più casuale: gli allenamenti sulle dune di sabbia a Merthyr Mawr vicino Bridgend, la scelta delle distanze da correre, tanto diverse tra loro, dagli inusuali 600 metri alla mezza maratona.

Due protagonisti del mezzofondo odierno si affrontano almeno sei o sette volte nel giro di un paio di stagioni, Coe e Ovett, dopo quella gara del 1972, si affrontarono sei volte in tutto il resto della carriera, ed in quattro occasioni si trattava di una finale olimpica. Spesso si scansavano volutamente, chiedendo agli organizzatori dei vari meeting a cui erano invitati di non essere messi nella stessa gara. Se uno correva gli 800, l’altro avrebbe dovuto correre i 1500. Nel 1978 si trovarono di fronte, uno contro l’altro, nella finale degli 800 metri agli Europei di Praga. Fu una battaglia, ma alla fine a spuntarla fu il tedesco Olaf Beyer, 21 anni, ai più sconosciuto, tanto che Ovett, secondo, a fine gara si diresse verso Coe, terzo, chiedendogli: “Questo chi diavolo è?“.

La marcia di avvicinamento a Mosca fu travolgente per entrambi. Coe nel ’79 a Oslo stabilì i record del mondo degli 800 e del miglio, poi migliorò anche quello del 1500. Ovett nel 1980 ritoccò il primato del miglio ed eguagliò il record di Coe nei 1500 nonostante un saluto al pubblico nel rettilineo finale. Coe, alle Olimpiadi di Mosca, squarciate dal boicottaggio degli Stati Uniti, si presentò da favorito negli 800 e Ovett avrebbe dovuto dominare i 1500, distanza in cui era imbattuto da tre anni.

La prima gara in programma a Mosca erano gli 800. I due superarono senza problemi i primi turni con Ovett che, all’arrivo, tracciava linee nell’aria con il dito (poco dopo si seppe che disegnava le lettere ILY, I Love You, rivolte alla futura moglie Rachel, che lo guardava da casa). In finale, alle 7 e 25 del 26 luglio, il primo giro fu corso in 54”3 con il brasiliano Guimaraes in testa e i due giganti della Germania Est Busse e Wagenknecht a fare da scorta ad Ovett, pimpante ma un po’ imbottigliato, e Coe, reduce da una notte insonne, e che in mattinata aveva colto cupi presagi dal rovesciamento della tazza del latte durante la colazione, il quale restò in coda al gruppo, a controllare.

Ai 300 metri Warren passò in testa, seguito dal russo Kirov, e Ovett non si fece sorprendere guadagnando la seconda posizione. Coe, indeciso sul da farsi, restò ultimo, ma non più così sicuro del suo finale bruciante. Ovett, chiedendosi dove fosse finito il rivale, superò Kirov nel rettilineo conclusivo e lo sprint di Coe iniziò troppo tardi per andare a riprendere il connazionale già lanciato verso l’oro. Ovett, incredulo, primo, con lo stesso tempo che lo relegò al quinto posto quattro anni prima a Montreal e Coe secondo e battuto.

La grande sorpresa si era consumata e il giudizio più tagliente sulla gara lo esprimette proprio Sebastian Coe definendolo il peggior 800 della sua carriera. Le critiche, però, non fecero che caricare un grande campione come Coe e nella finale dei 1500, quattro giorni dopo gli 800, si trovarono di fronte Ovett, senza sconfitte da tre anni su quella distanza, e Coe, deciso a riscattarsi a tutti i costi. Prima della gara, in camera di chiamata, Ovett, particolarmente loquace, ma anche un po’ nervoso, disse al rivale che, comunque sarebbero andate le cose, lo avrebbe invitato per un drink in un locale di Mosca. Coe rispose con un grugnito, a metà fra l’assenso e l’invidia di chi l’oro ce l’aveva già al collo.

La gara di Coe fu impostata diversamente dagli 800. Niente controllo, niente ultimo posto. Il britannico di Sheffield si mise subito alle spalle del tedesco Straub, che provò a sparigliare le carte con una prima parte di gara molto veloce. Agli 800 metri il battistrada tedesco era tallonato da Coe e Ovett, all’ultimo giro provò l’ultimo allungo, raggiungendo un vantaggio massimo di 4 metri su Coe, che non perse contatto, lo fece sfogare e alzò il ritmo nell’ultimo giro. Il cambio di passo di Coe prima dell’ultima curva fu micidiale. L’inglese corse gli ultimi 400 in 52”2 e gli ultimi 100 in 12”1. Un ritmo insostenibile per qualsiasi rivale, compreso Steve Ovett, che si dovette accontentare di ingaggiare la lotta per l’argento con Straub, perdendola malamente. Coe primo, Ovett terzo. Il destino aveva deciso: uno a uno per una delle sfide indimenticabili della storia olimpica.

Coe e Ovett continuarono la loro battaglia a distanza nei quattro anni successivi, a colpi di record del mondo e, nel 1984, fu la bronchite a mettere ko Steve Ovett, al crepuscolo della carriera ed incapace di essere competitivo a Los Angeles sia negli 800, dove Coe conquistò l’argento alle spalle del brasiliano Barbosa, sia nei 1500, che lo videro uscire in barella per problemi respiratori, e che invece videro trionfare Sebastian Coe, primo ed unico uomo al mondo a vincere due ori olimpici consecutivi nei 1500 metri.

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Foto: LaPresse

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