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Formula 1
F1, Piloti immortali: Jackie Stewart, tre titoli emozionanti per entrare nella leggenda
Sir John Young “Jackie” Stewart. Solamente leggere questo nome non può che farci alzare in piedi e rendere onore ad una delle leggende della Formula Uno. Perchè, effettivamente, il pilota britannico (nacque a Milton of Colquhoun, nel West Dunbartonshire, Scozia) deve essere inserito di diritto nel novero dei più grandi di sempre, con una carriera che parla da sola. Nei 99 Gran Premi disputati, infatti, il classe 1939 ha centrato 27 vittorie, 43 podi, 17 pole position, 15 giri veloci e, soprattutto, 3 titoli iridati in appena 9 campionati.
Come spesso capita nelle storie dei piloti più grandi di sempre, il destino traccia loro la via sin dalla più tenera età. Il piccolo Jackie è cresciuto infatti tra le auto che il padre vendeva, ex pilota a sua volta (era proprietario di una concessionaria di Austin, quindi della Jaguar), anche se il suo primo amore fu il tiro al piattello, tanto da far divenire Stewart campione britannico, scozzese e gallese di skeet, e perfino a vederlo vincere il Campionato delle Nazioni. Provò la qualificazione alle Olimpiadi di Roma 1960, ma ne fece parte solamente come riserva. A quel punto chiuse la sua esperienza con la carabina, e si sposò anima e corpo con i motori.
Dopo una trafila nelle corse giovanili, fino alla Formula 2, l’esordio nella massima categoria del motorsport avvenne nel 1965 sulla BRM. Per lo scozzese l’impatto è straordinario. Sesto all’esordio in Sudafrica, quindi subito terzo a Montecarlo nella gara vinta da Graham Hill, quindi secondo in Belgio, Francia e Olanda. Un ruolino di marcia eccezionale culminato con il successo a Monza. La classifica generale lo penalizza per tre ritiri, per cui il titolo andò a Jim Clark con 54 punti, contro i suoi 33.
Se l’esordio era risultato scintillante, le stagioni 1966 (nella quale sfiorò la vittoria nella 500 Miglia di Indianapolis) e 1967, lasciano molto più a desiderare. Nella prima occasione partì bene vincendo subito a Montecarlo, ma la stagione proseguì con ben cinque ritiri. Tra questi uno anche nella gara di Spa. Una prova disputata sotto la pioggia, con Stewart che chiuse anzitempo con un incidente nel corso del primo giro. Lo scozzese non poteva uscire dalla vettura, dato che il piantone dello sterzo gli bloccava una gamba e non c’erano nelle vicinanze commissari di pista pronti a soccorrerlo. La situazione iniziò a farsi quanto mai pericolosa, dato che rimase intrappolato nell’abitacolo, con la tuta inzuppata di benzina proveniente dai serbatoi squarciatisi durante l’urto. L’incendio per fortuna non divampò e, dopo che fu liberato, venne adagiato in furgone in attesa dell’ambulanza, che arrivò con notevole ritardo. Fu infine trasferito al pronto soccorso del circuito, dove venne medicato sul pavimento in mezzo a dozzine di mozziconi di sigaretta e sporcizia varia. Una situazione che lo segnò per tutta la vita e che spiega perfettamente perchè, durante e dopo la sua carriera, si è sempre battuto per una F1 più sicura. Se il 1966 fu una annata negativa, il 1967 è letteralmente da incubo. 11 appuntamenti, 9 ritiri.
La riscossa si materializza nel 1968 con il passaggio alla Matra. Arrivano i successi di Zandvoort sotto il diluvio e del Nürburgring nella nebbia, quindi terza vittoria a Watkins Glen per il GP degli Stati Uniti. Il Mondiale, tuttavia, è saldamente nelle mani di Graham Hill che chiude con 48 punti, contro i suoi 36, ma è solo l’antipasto di quello che succederà 12 mesi dopo. Nel 1969, infatti, non c’è storia. Jackie Stewart vince a raffica e fa suo il primo titolo: trionfa in Sudafrica, Spagna, Olanda, Francia e Gran Bretagna, quindi secondo in Germania, prima dell’ennesimo successo a Monza. I due ritiri tra Canada e USA non cambiano le carte in tavola e lo scozzese domina la classifica generale con 63 punti contro i 7 di Jacky Ickx.
La monoposto passa da Marta a March Tyrrell e cambia anche i risultati. Il 1970 è disastroso con una sola vittoria in Spagna, prima di otto ritiri che lo relegano al quinto posto della classifica generale. Il 1971 vede tornare in auge il marchio Tyrrell e anche Stewart che conquista il suo secondo alloro grazie a sei vittorie: Spagna, Montecarlo, Francia, Gran Bretagna, Germania e Canada. Ancora una cavalcata incontrastata con 62 punti finali, contro i 33 di Ronnie Peterson. Stewart prova il tris nel 1972, ma Emerson Fittipaldi vince il titolo con 61 punti, contro i suoi 45. Il portacolori delle Tyrrell vince in Argentina, Francia, Canada e Stati Uniti, ma paga tre ritiri ed un undicesimo posto in Germania.
Si arriva al 1973, quello che diventerà l’ultimo anno della carriera del britannico, e si concluderà con il terzo titolo mondiale. Subito a podio in Argentina, quindi secondo in Brasile e vittoria in Sudafrica, poi dopo il ritiro in Spagna arrivano due vittorie tra Belgio e Montecarlo. Dopo una estate sottotono, Stewart cambia marcia e vince tra Olanda e Germania, prima del secondo posto in Austria, il quarto a Monza ed il quinto in Canada. 71 punti totali che gli permettono di staccare Emerson Fittipaldi di 16 lunghezze. In occasione dell’ultimo GP della stagione a Watkins Glen, a seguito della morte del suo compagno di scuderia François Cevert durante le qualifiche, decise di non prendere il via alla gara, mancando il GP numero 100 della sua esperienza in F1 e, soprattutto, rendendosi contro che per lui non c’erano più gli stimoli giusti per correre.
Dopo il ritiro Jackie Stewart è sempre rimasto nel mondo dei motori. Dopo essere divenuto consulente Ford, nel 1997 divenne proprietario della scuderia Stewart GP, fino al 2000, quando il team divenne Jaguar Racing, prima del passaggio alla Red Bull nel 2005. Stewart è diventato cavaliere nel 2001 ed è stato presidente dal 2000 al 2006 del British Racing Drivers’ Club, associazione che gestisce il circuito di Silverstone e l’organizzazione del Gran Premio di Gran Bretagna di F1.
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alessandro.passanti@oasport.it
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Foto: Lapresse