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Tiro a volo, Gabriele Rossetti: “Ero in forma, ma lo sarò anche nel 2021. A Tokyo con serenità e spirito d’adattamento”

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Gabriele Rossetti = serenità. Se si dovesse utilizzare una sola parola per descrivere questa intervista, al campione olimpico in carica di tiro a volo nella specialità dello skeet, non ci sarebbero dubbi. La notizia del rinvio delle Olimpiadi al 2021, e di una stagione 2020 dove molto probabilmente non si sparerà neanche a un piattello, non l’ha minimamente turbato.

Il toscano delle Fiamme Oro, Gruppo Sportivo che supporta il tiratore classe ’95 da molto tempo, appare infatti comunque focalizzato sui suoi obiettivi anche in questo periodo di inattività forzata dove sta cercando di mantenersi in forma con modalità alternative.

Spirito di adattamento, consapevolezza, esperienza maturata e mentalità vincente: sono quattro ingredienti che troverete in questa intervista.

Gabriele, è passato qualche tempo dall’annuncio ufficiale del rinvio delle Olimpiadi: ora che idea ti sei fatto della vicenda?
“Dal momento in cui è arrivata la notizia del coronavirus, e vedendone purtroppo lo sviluppo, il rinvio delle Olimpiadi era un pensiero che albergava nella mia testa. Organizzare i Giochi mentre una pandemia si stava espandendo non sarebbe stato il caso, anche perchè non tutti sarebbero stati allo stesso livello di evoluzione. Ritengo lo spostamento al 2021 una scelta giusta: prima dello sport dobbiamo pensare alla salute delle persone.
A Marzo sarei dovuto andare a Cipro per l’inizio della stagione in Coppa del Mondo, ma poi tutto è stato bloccato (per la nazionale italiana di skeet, anche se le competizioni si sono regolarmente svolte, ndr), lì ho realmente capito che non ci sarebbe stato molto da fare”.

Un 2020 quindi che va già in archivio…
“Quest’anno praticamente non lo vivrò, ma come capiterà ad altri sportivi: non faremo gare. Mi ero preparato bene per questa annata, sia tecnicamente sia fisicamente. Grazie all’appoggio delle Fiamme Oro e alla possibilità di aver partecipato a diversi ritiri della nazionale con il nostro direttore tecnico Andrea Benelli ho lavorato sul perfezionamento della tecnica.
Mi fermo per un po’ di mesi, ma ripartirò da un ottimo livello e una base all’interno della quale ero in forma e sparavo bene: non credo ci saranno grossi problemi per tornare al top della forma, io conto di tornare su ottimi standard in un mese o due dopo la ripresa delle attività. E’ questione di recuperare sensazioni e qualche automatismo, ma sarò pronto”.

In questo momento come passi le tue giornate, sei completamente fermo o fai qualcosa a livello fisico?
“Al campo di tiro non stiamo più andando. Lavoro a casa mia: fortunatamente ho una piccola stanza con delle attrezzature. Riesco a fare qualcosa e a passare un po’ di tempo, anche perché le giornate sono lunghe da trascorrere. Cerco di tenermi attivo, faccio anche le pulizie”.

Nel tiro a segno esistono i simulatori di tiro che stanno consentendo agli atleti di riprodurre il più possibile la sensazione dello sparo all’interno del poligono, ci sono tecnologie simili anche per il tiro a volo?
“Sono due cose totalmente differenti: il tiro a segno si pratica con un bersaglio fermo, mentre nel tiro a volo il target è in movimento. Inoltre gli ambienti di tiro sono completamente diversi, il campo nel quale spariamo è grande. 
Hanno inventato un simulatore, presente in uno o due stati nel mondo, ma non è perfetto: perché non riesci a ricostruire in maniera identica tutte le dinamiche del nostro sport. Servirebbe un grande schermo che possa riprodurre le otto pedane e gli altrettanti angoli di tiro. La cosa potrebbe essere in costruzione, un paio di idee sono uscite fuori, con dei prototipi; ma è un progetto che richiederà tempo per essere a punto. In ogni caso, parlo personalmente, non credo si riuscirebbe a simulare quello che è davvero una gara di tiro a volo: aria aperta e campo visivo enorme. Potrebbe aiutare sicuramente a mantenere il feeling con l’arma, quello sì. Delle imbracciature a freddo però, riproducendo qualche movimento di tiro, si possono tranquillamente replicare anche in casa”.

Molte nazioni, compresa l’Italia dello skeet di cui tu farai parte, avevano già annunciato la squadra per Tokyo 2020: visto il rinvio all’anno prossimo, secondo te, ci sarà qualcuno che modificherà il proprio roster nel 2021?
“Credo che chi abbia già annunciato le formazioni per Tokyo le terrà immutate. Chi si è meritato il posto nella squadra olimpica lo conserverà. Secondo me è giusto ripartire da una base sulla quale poggiavano delle certezze. Tanti tiratori erano già proiettati anche mentalmente verso l’appuntamento a Cinque Cerchi, andare a stravolgere questo equilibrio potrebbe essere controproducente”. 

Il mondo del tiro, fra tutti gli sport, forse è quello che soffre meno del posticipo in avanti di dodici mesi…
“Se tu vai a fare una gara e trovi vento forte, questo lo sarà per tutti. La competizione è slittata, bisognerà adattarsi. Dobbiamo essere bravi noi a viverla con serenità e tranquillità cercando di prepararci al meglio per la prossima stagione”.

Ogni anno per voi ci sono Europei e Mondiali o Olimpiadi: quindi questo, nell’idea di preparare gare importanti, vi facilità un po’ o sbagliamo a pensare questo?
“Guarda, su questo sono fatto un po’ a modo mio. A ogni gara che faccio, sia esso un Mondiale, un’Olimpiade, gli Europei o il Campionato italiano, do sempre lo stesso peso. Alla fine le condizioni di gara sono le medesime, sparerò sempre ai miei piattelli: io le vivo tutte alla stessa maniera cercando di portare a casa sempre il miglior risultato”.

Chiacchierando con te ora, ci sembra che l’oro olimpico di Rio ti abbia dato più consapevolezza di te stesso: sbagliamo?
“Prima di partecipare alle Olimpiadi in Brasile avevo già comunque sicurezza nei miei mezzi, perché avevo compiuto un percorso di crescita nel quale mi ero meritato il posto in nazionale ed ero consapevole di poter provare a vincere i Giochi; poi è chiaro che nello sport ci sarà sempre una piccola percentuale di fortuna che ti aiuta. L’importante è dare il massimo, con serenità, e non avere rimpianti. Se fosse già tutto scritto sarebbe inutile andare a fare le gare, ma non è così: anche nel calcio, una squadra coi migliori giocatori, non è detto che vinca sempre. 
So che ci saranno alti e bassi, nello sport è normale, ma in quei momenti è importante conservare la tranquillità e non far spegnere mai la propria voglia di vincere e di mettersi in gioco”.

Stringiamo il focus sulla squadra maschile italiana di skeet: la competizione interna per arrivare alle Olimpiadi è stata “feroce” per certi aspetti, viste le punte di rendimento che tutti hanno avuto nei vari periodi di avvicinamento alla convocazione olimpica. Come te lo spieghi?
“E’ vero. Nel tiro a volo siamo per tradizione uno dei Paesi più forti del mondo. Personalmente ero tranquillo: cercavo di fare il mio in ogni gara dando il massimo. Sono campione olimpico in carica e ho conquistato la carta per Tokyo, questo mi ha dato serenità; però devo dire che la concorrenza e la competitività sono alte. Questo è positivo, ci sono ragazzi che spingono per arrivare ad un determinato livello e toglierti il posto: è uno stimolo. I miei compagni di squadra sono tutti bravi e tutti meriterebbero di partecipare alle Olimpiadi, purtroppo non è possibile. Io sono contento di andare a Tokyo con Tammaro Cassandro, con il quale siamo amici da una vita”.

A proposito di Tammaro Cassandro, siete molto legati, tu potresti essere un po’ la sua chioccia in questo primo percorso alle Olimpiadi?
“Come ho sempre fatto penserò a dare il massimo. Con Tammaro ho sempre avuto un rapporto molto forte: quest’anno ricorre il decimo anno di gare svolte insieme. Siamo cresciuti nello stesso corso partendo dalla prima trasferta europea, a Monaco nel 2010.
Io sono esploso, sportivamente parlando, un po’ prima avendo la possibilità di disputare le Olimpiadi e maturando quell’esperienza che mi ha consentito anche di mettermi a sua disposizione per dargli qualche consiglio o rispondere alle sue domande rispetto a quanto fatto in pedana. So quanto vale Tammaro e a che risultato può ambire, poi quando saremo in gara a Tokyo vedremo chi farà meglio sommando tutti i fattori”.

L’ultima domanda riguarda un po’ la psicologia del tiratore in pedana: quali sono le due sensazioni contrapposte che provi quando colpisci un piattello con una chiamata difficile o quando sbagli invece su un bersaglio e poi devi risistemarti dal punto di vista mentale? 
“Nel nostro sport non va fatto l’errore di pensare che per vincere non si debba mai sbagliare, anzi. A imporsi è chi fa meno errori. Ogni gara poi è differente: si possono trovare condizioni climatiche complicate, un campo che tecnicamente è difficile. Bisogna essere bravi a concentrarsi su un piattello alla volta cercando di romperne un in più degli altri.
Grazie a mio padre (il grande Bruno Rossetti, anch’egli tiratore della nazionale italiana: scomparso nel 2018), ho imparato a vedere lo “zero” come un amico e non come un nemico: ti sta avvisando che qualcosa non va. In quel caso bisogna essere bravi a capire dove si è commesso un errore e a correggersi. Dev’essere un elemento di forza, non una cosa che dà fastidio. Lo “zero” fa parte del gioco: se entri in un casinò non puoi pensare di vincere tutti i giorni. Il tiro a volo ha dentro di sè il meccanismo dell’errore. Bisogna sbagliare meno degli avversari”.

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michele.cassano@oasport.it

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Foto: FITAV

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