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Formula 1

F1, i Mondiali della Ferrari: 1953, il bis di Alberto Ascari

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Alberto Ascari ha scritto pagine epiche della storia della Ferrari e della Formula Uno. Dopo aver vinto il primo titolo mondiale per la scuderia del Cavallino Rampante nel 1952, seppe centrare il bis immediato nel 1953, in un biennio nel quale non lasciò scampo a nessuno. Dominante, senza mezzi termini. In una epoca nella quale i piloti erano chiamati a superarsi gara per gara, con il rischio della morte che si nascondeva veramente dietro ogni curva, e una passione che tracimava, dentro e fuori la pista. La stagione 1953 fu la quarta in assoluto nel Mondiale di F1 e fu riservata alle vetture di Formula 2. Come spesso accadeva in quella era così pioneristica, l’annata si rivelò tragica, in quanto si verificarono i primi decessi in pista da parte di Chet Miller durante le prove della 500 Miglia di Indianapolis e Carl Scarborough durante la gara. La Ferrari sostanzialmente dominò il campionato, vincendo sette gare sulle otto disputate con Alberto Ascari, Nino Farina e Mike Hawthorn, mentre schierò anche Luigi Villoresi, Piero Carini e Umberto Maglioli.

La stagione prese il via con il Gran Premio di Argentina del 18 gennaio. Sui 3.912 metri del tracciato di Buenos Aires, Ascari centrò pole e vittoria (la settima di fila contando la stagione precedente) doppiando tutti. Secondo posto per il collega di marchio Luigi Villoresi, mentre terzo chiuse l’argentino Josè Froilàn Gonzàlez. Nell’occasione successe davvero di tutto. L’inizio della gara era previsto alle ore 16.00 ma l’autodromo era già gremito molto tempo prima. I cancelli vennero chiusi ma una massa incredibile di gente iniziò a premere disperatamente per entrare. Una marea di pubblico si sparse ovunque, e si corse letteralmente tra due ali di folla. Ascari scattò in testa mentre la gente avanzava sempre più verso la pista, togliendo addirittura visibilità ai piloti. Ad un certo punto una ruota si staccò dalla Cooper di Adolfo Schwelm Cruz e volò in mezzo alla folla ferendo varie persone. Poco dopo un bambino attraversò addirittura la strada mentre sopraggiungeva la Ferrari di Farina, il pilota sterzò per evitarlo e finì in mezzo al pubblico provocando una decina di morti. Ma i disastri a Buenos Aires non erano ancora conclusi. Come se non bastasse, infatti, una ambulanza che procedeva in senso contrario alla gara sbandò e uccise altre due persone.

Il secondo appuntamento del campionato fu la prestigiosissima 500 Miglia di Indianapolis del 30 maggio. Sull’ovale più celebre del mondo corsero solamente piloti statunitensi, con Bill Vulkovich su Kurtis Kraft-Offenhauser che chiuse i 200 giri in programma davanti ai compagni di scuderia Art Cross a 3:30 e Sam Hanks/Duane Carter a 4:11. Il 7 giugno si tornò a correre in Europa, per il Gran Premio d’Olanda. La pista di Zandvoort (4.193 metri) vide il nuovo trionfo di Alberto Ascari che ancora una volta piazzò pole position e vittoria, questa volta con appena 10.4 secondi su Nino Farina, mentre Felice Bonetto su Maserati chiuse ad un giro.

Dall’Olanda si passò al Belgio. Il Gran Premio del 21 giugno si disputò ovviamente a Spa (nella vecchia versione di 14,120 chilometri) con l’ennesima prova dominata da Ascari che precedette per 2:48 il suo collega di marchio Luigi Villoresi, mentre il podio fu completato dall’argentino Onofre Marimon (Maserati) ad un giro. Si arrivò quindi nel cuore dell’estate e il campionato sbarcò in Francia per il Gran Premio disputato sul circuito di Reims lungo ben 8,347 metri. Incredibile a dirsi, ma Alberto Ascari non vinse, nonostante l’ennesima pole position. A trionfare dopo quasi tre ore di gara fu il britannico Mike Hawthorn sugli argentini Fangio e Gonzàlez su Maserati a un secondo. Quarto Ascari a 4.6.

La stagione proseguì con il classico appuntamento del Gran Premio di Gran Bretagna. A Silverstone (nella versione da 4.7105 chilometri) il 18 luglio si consumò l’ennesima cavalcata indisturbata di Ascari, in grado di rifilare un minuto esatto a Fangio e ben 2 giri a Nino Farina. Ormai Ascari aveva già in tasca il Mondiale quando mancavano le ultime 3 gare dell’annata. Il 2 agosto toccò al Gran Premio di Germania, nel clamoroso scenario del Nürburgring con i suoi mitologici 22,810 chilometri. Ascari scattò dalla pole e si mise a condurre la gara ma, al quinto giro passò davanti ai box su 3 ruote. Come scrisse Fangio: “Solo la sua grande abilità valse ad evitare una catastrofe. Seppe rimanere in equilibrio evitando un quasi certo capottamento”. Il successo a questo punto andò a Nino Farina su Fangio e Hawthorn, con Ascari solamente ottavo.

La penultima prova dell’anno fu il Gran Premio di Svizzera sul circuito di Bremgarten di 7,28 chilometri. Ascari chiuse i discorsi a livello di classifica generale con un ennesimo trionfo. Secondo Nino Farina a 1:12, mentre Hawthorn fu terzo a 1:35. L’ultimo impegno fu il Gran Premio d’Italia di Monza del 13 settembre. Ascari partì dalla pole, primo di ben sei Ferrari iscritte, ma non chiuse il GP. La gara si decise in volata all’ultima curva dell’ultimo giro. Ascari la imboccò al comando a velocità elevata, la macchina perse aderenza e finì in testacoda. Il doppiato Marimon gli piombò addosso, mentre Farina che si trovava all’esterno si buttò coraggiosamente fuori pista per non finire nel mucchio. Fangio trovò un pertugio fra le vetture incidentate e volò a vincere (dopo 2 anni di digiuno) davanti a Farina ed Hawthorn.

Una stagione trionfale per Alberto Ascari e la Ferrari. Il pilota milanese (che morirà proprio a Monza il 26 maggio 1955) non si limitò a dominare il Mondiale di Formula Uno conquistando il suo secondo e ultimo alloro iridato, ma si aggiudicò anche due gare esterne: il XIV Grand Prix de Pau ed il XIV Grand Prix de Pau. Il suo motto: “Io obbedisco soltanto a una passione. Le corse. Senza non saprei vivere” rimarrà stampato nella storia della massima categoria del motorsport e della scuderia di Maranello assieme ai suoi due titoli.

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alessandro.passanti@oasport.it

Twitter: @AlePasso

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Foto:  Lapresse

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