Seguici su

Atletica

L’Italia è grande: Pietro Mennea e la leggendaria cavalcata d’oro della Freccia del Sud a Mosca 1980

Pubblicato

il

Gli assenti hanno sempre torto. E’ uno dei dogmi della storia dello sport ma per due volte, nella storia olimpica, scattò la deroga a questa verità quasi sempre assoluta. Mosca 1980 e a Los Angeles 1984 gli assenti, per via del boicottaggio degli Usa prima e di parte del blocco occidentale e del blocco sovietico poi, furono semplicemente vittime di giochi politici e di quella che prenderà il nome di Guerra Fredda.

Pietro Mennea nasce a Barletta in Puglia con il sogno di poter vincere un’Olimpiade nei 200 metri. E’ terzo di cinque fratelli: papà Salvatore ha sempre fatto il sarto e mamma Vincenza la casalinga, perché crescere cinque figli non è mica facile. Casa sua è la strada. Le partite a calcio all’oratorio che non finiscono mai ma soprattutto le corse attorno al quartiere. Sfida chiunque a batterlo. Una sera scappa di casa. Il cugino grande del suo amico Peppe voleva batterlo, lui con la 500 del babbo, Pietruzzo a piedi. Scommette 200 lire sulla sua vittoria e vince perché prima che prenda velocità, quel “catorcio di macchina”, lui ha già tagliato il traguardo. Solo quel diavolo gigante di Pallammolla riesce a batterlo. Lui è alto e muscoloso, io Petruzzo è la metà ma il maestro di ginnastica, il professore Autuorino dice che Mennea può diventare più forte, di Pallammolla e di tutti gli altri.

Il professore non sbaglia. Dopo sette sconfitte sulla distanza dei 50 metri su terra battuta e dopo un tentativo fallito di provare con la marcia, l’esatto contrario della velocità nell’atletica, Pietruzzo Mennea batte finalmente Pallammolla e da lì scatta qualcosa nella sua mente. Passato sotto la guida del professor Franco Mascolo, continua a gareggiare in molte competizioni giovanili vincendo un po’ ovunque, anche ad Ascoli Piceno dove ad assistere alle gare c’è l’allenatore della squadra italiana di atletica, Carlo Vittori. Mennea ha fatto una bella figura sui 300 metri e a Mascolo è sembrato opportuno segnalare personalmente a Vittori il ragazzo, per farlo partecipare a qualche raduno collegiale della federazione: ma questi dichiara che quel ragazzo magrolino più che a correre doveva senz’altro pensare a… mangiare!

Vittori si ricrederà: diventerà il suo allenatore fino a portarlo alle Olimpiadi di Monaco 1972, dove Mennea vince un bronzo a sorpresa sui 200, poi il trionfo nei 200 europei a Roma, la delusione olimpica di Montreal 1976 dove arriva un quarto posto che brucia, il doppio successo su 100 e 200 agli Europei di Praga e la straordinaria impresa di Città del Messico, nel 1979 quando in finale alle Universiadi, con 19”72, Mennea stabilisce il record del mondo dei 200 metri piani destinato a durare 17 anni e un record europeo che dura a 41 anni di distanza.

Non sapremo mai se l’assenza degli statunitensi a Mosca, permise a Pietro Mennea, velocista di Barletta, soprannominato “La freccia del Sud”, di portare a casa il primo e unico oro olimpico della sua straordinaria carriera ma di sicuro, statunitensi o no, la gara dei 200 corsa allo stadio olimpico moscovita è entrata nella storia dell’atletica leggera non solo italiana.

Mennea, tirato un sospiro di sollievo per avere già svolto gli obblighi di leva, visto che il Coni, per via del boicottaggio, impedì agli atleti militari di partecipare ai Giochi, era partito per Mosca teso e preoccupato per via del clima incerto che circondava l’evento. Il barlettano era il favorito per l’oro, visto che un anno prima alle universiadi di Città del Messico, aveva migliorato il record del mondo con quel 19”72 destinato a durare per i successivi 17 anni ma la gara olimpica era un’altra cosa e in passato la mancanza di serenità nei grandi appuntamenti gli aveva sempre nuociuto. In effetti la prima gara, i 100 metri, non era andata per niente bene tanto che Mennea aveva mancato la qualificazione per la finale, vinta poi in rimonta dal forte scozzese Alan Wells sul cubano Silvio Leonard Tartabull.

In testa, però, Mennea aveva solo i 200, la sua gara. I turni di accesso alla finale filarono via tranquillamente e il 28 luglio 1980, alle 20 circa, si corse la finale. Gli avversari da tenere d’occhio erano Wells (fresco di oro nei 100, che aveva sorpreso nella distanza doppia Mennea l’anno precedente in Coppa Europa), il giamaicano Quarrie (l’oro di Montreal) ed il cubano Leonard (argento nei 100 autore di brillantissime prestazioni). A Mennea venne assegnata la scomodissima 8^ corsia, quella dove non si ha alcun punto di riferimento perchè gli avversari sono tutti dietro. Pietro non la prese bene e ciò aumentò il suo nervosismo. Wells era dietro di lui, in 7^, Quarrie più distante, in 4^.

Lo starter diede il via: lo scozzese Wells partì come una scheggia, la sua tattica prevedeva di raggiungere e staccare immediatamente Mennea per poi resistergli fino alla fine. L’azzurro da parte sua, ebbe una partenza quantomeno prudente, quasi volesse farsi superare dagli altri per poterne studiare la posizione all’entrata del rettilineo. Dopo la curva Mennea era penultimo ma proprio in quel momento si compì un vero e proprio prodigio. A 50 metri dal termine il barlettano era ancora in ritardo anche se qualche avversario stava pagando la fatica di quella partenza a razzo. Wells però sembrava irraggiungibile, i due viaggiavano alla stessa velocità, lo scozzese aveva tre metri di vantaggio, il traguardo si stava avvicinando velocemente ma qui iniziò una delle più memorabili progressioni della storia dell’atletica moderna.

Mentre tutti gli avversari calarono le frequenze dei passi, compreso Wells, Mennea innestò la marcia superiore e li superò uno ad uno. A meno di dieci metri dal traguardo superò anche Wells che cercò l’ultimo guizzo gettandosi con il corpo in avanti a caccia del colpo di reni di cui Mennea non ebbe bisogno. L’azzurro piombò sul traguardo primo, senza che ci fosse bisogno del fotofinish, con il dito indice che poi è divenuto il suo simbolo, alzato in segno di vittoria. Mennea fece segnare un 20”19 non straordinario ma il suo successo nei 200 restò una delle immagini scolpite nella storia dei Giochi Olimpici di Mosca.

Ma erano giochi boicottati dagli Usa, patria della velocità e, anche se gli assenti hanno sempre torto, qualcuno poteva obiettare che Mennea non fosse il più forte di tutti. Il velocista pugliese però aveva previsto tutto e al Golden Gala di Roma prima e a Barletta, sulla pista di casa poi, batté per ben due volte i due più forti specialisti statunitensi dei 200, Steve Williams e Frederick Taylor, facendo segnare nella gara di Barletta il tempo di 19”96, miglior crono del 1980 al mondo.

CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE NOTIZIE DI ATLETICA LEGGERA

[sc name=”banner-article”]

Clicca qui per seguire OA Sport su Instagram
Clicca qui per mettere “Mi piace” alla nostra pagina Facebook
Clicca qui per iscriverti al nostro gruppo
Clicca qui per seguirci su Twitter

Foto Lapresse

Pubblicità

Dalla Home

Pubblicità

Facebook

Pubblicità