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Il coronavirus si può sconfiggere. I segreti del Vietnam: come arginare l’epidemia e far volare l’economia
HỒ CHÍ MINH CITY – Alla mattina del 19 aprile, il Vietnam contava 268 casi di nuovo coronavirus (Covid-19), di cui solamente sessantasette ancora attivi, e nessun morto, registrando lo zero alla voce dei nuovi positivi per 72 ore consecutive. Eppure, il Paese confina a nord con la Cina ed intrattiene importanti relazioni economiche e commerciali con Pechino. Questi risultati sono figli della celerità e del decisionismo del governo centrale di Hà Nội e dei Comitati del Popolo delle singole province, e sono valsi al Paese i riconoscimenti da parte delle autorità internazionali, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Per il Vietnam, come per la Cina, l’inizio dell’epidemia è arrivato in corrispondenza delle festività per il capodanno lunare, il Tết Nguyên Ðán. Il governo, dal canto suo, non ha perso tempo ed ha subito preso sul serio la minaccia quando, alla fine di gennaio, si sono registrati i primi casi importati dalla Cina. Sfruttando le festività, il primo ministro Nguyễn Xuân Phúc ha inizialmente proclamato una settimana ulteriore di vacanza per le scuole e le attività economiche non essenziali, al fine di studiare l’evoluzione dell’epidemia.
Al di là delle scuole, rimaste chiuse sin da allora, il Vietnam ha messo in piedi un sistema che ha permesso all’economia di continuare a marciare nonostante lo stato di allerta. Controlli a tappeto della temperatura nei luoghi di lavoro, nei supermercati e negli altri luoghi affollati hanno permesso di monitorare la situazione interna, mentre sono state imposte due settimane di quarantena obbligatoria a tutti i viaggiatori provenienti dall’estero. Il governo ha infatti rapidamente allestito dei campi di quarantena nella periferia di tutte le principali città, per ospitare coloro che fossero sospettati di avere il virus, riconvertendo a questo fine strutture militari e alberghiere.
In tal modo, il Vietnam è riuscito a contenere la prima ondata di contagi a solamente sedici casi entro la fine di febbraio. Nonostante le precauzioni, una nuova ondata epidemica ha colpito il Vietnam a partire da marzo, causata da turisti stranieri o da vietnamiti che rientravano da alcuni Paesi colpiti. Ma il protocollo di test e quarantene ha limitato al massimo la diffusione del virus, limitando i casi unicamente a persone che provenivano dall’estero o a coloro che avevano avuto contatti con i primi. Inoltre, il sistema di tracciamento volontario attraverso un’app ha permesso di ricostruire tutti i movimenti dei soggetti che risultavano infetti e di testare le persone con le quali erano venuti in contatto.
In risposta alla seconda ondata di casi positivi, sono stati sospesi i visti turistici, permettendo l’ingresso nel Paese solamente ai lavoratori ed ai cittadini vietnamiti residenti all’estero. Da domenica 22 marzo, però, il governo ha deciso di bloccare tutti i voli internazionali, nonché di chiudere le frontiere terrestri e marittime del Paese. Gli unici voli autorizzati sono al momento quelli organizzati appositamente dal governo per riportare in patria i cittadini vietnamiti bloccati all’estero, che continuano ad essere sottoposti alle due settimane di quarantena obbligatoria, o per permettere il rimpatrio di cittadini stranieri rimasti bloccati in Vietnam.
Le forme di prevenzione adottate sin da subito dal governo del Partito Comunista hanno permesso di mantenere il numero di positività basso, esercitando un controllo efficace per mettere in quarantena i malati ed i casi sospetti, e potendo concentrare le forze della sanità nazionale sui pochi casi gravi registrati. Inoltre, il numero molto basso di contagi ha permesso al Paese di continuare a funzionare in maniera piuttosto normale. Nonostante l’obbligo di indossare la mascherina fuori casa, la circolazione delle persone continua ad essere possibile, a patto di mantenere la distanza di sicurezza di due metri.
Questo tipo di gestione dell’emergenza ha permesso al Vietnam di mantenere comunque un discreto ritmo nella crescita economica e si calcola che il Paese avrà il più alto tasso di crescita del PIL in Asia per quest’anno (+4.8%, secondo i dati della Banca Asiatica dello Sviluppo), anche se naturalmente meno elevato rispetto agli anni passati (+7% nel 2018 e nel 2019). Il Vietnam è infatti un Paese che dipende molto dalle esportazioni (riso, caffè, tessile…), e sta subendo l’effetto della crisi sanitaria nei Paesi che generalmente acquistano le sue merci (Cina, Stati Uniti ed Europa). Il governo ha comunque previsto misure di sostegno nei confronti delle imprese e delle famiglie in difficoltà, stanziando oltre due miliardi e mezzo di euro a questo fine, mentre alcuni supermercati hanno iniziato a distribuire gratuitamente determinati beni essenziali.
Oltre alla capacità di ridurre l’impatto dell’epidemia sul territorio nazionale, il Vietnam ha dimostrato di essere particolarmente all’avanguardia anche nella ricerca medica, mettendo a punto test che utilizzano tecniche di biologia molecolare, inclusa la reazione a catena della polimerasi a trascrizione inversa ed in grado di fornire risultati più rapidi rispetto a quelli tradizionali. Inoltre, il governo della Repubblica Socialista ha convertito molti stabilimenti industriali alla produzione di beni necessari per far fronte all’emergenza, come mascherine e ventilatori polmonari.
La capacità di far fronte all’emergenza sia dal punto di vista sia politico che scientifico ha permesso al Vietnam di venire in soccorso nei confronti dei Paesi più colpiti. Tra quelli che hanno ricevuto assistenza a vario titolo dal governo di Hà Nội, troviamo Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Svezia, Stati Uniti, Cambogia, Laos, Myanmar e Indonesia. Proprio in queste ore, l’Italia ha ricevuto il secondo carico di aiuti dal Vietnam con un volo che ha trasportato anche cinquanta cittadini italiani che avevano chiesto il rimpatrio.
Chiudiamo con qualche parola sull’ambito sportivo. In Vietnam le attività sportive sono state chiuse sin da subito, ma questo non ha impedito al Paese di ottemperare ai propri impegni internazionali: ancora l’11 marzo, lo stadio di Cẩm Phả ha ospitato a porte chiuse la partita di calcio femminile valida per le qualificazioni olimpiche, che ha visto l’Australia staccare il ticket per Tokyo imponendosi contro le padrone di casa per 2-1. Niente da fare, invece, per il primo storico Gran Premio del Vietnam di F1, che si sarebbe dovuto svolgere ad aprile: visti gli sforzi economici e materiali per la realizzazione del circuito della capitale Hà Nội, siamo certi che il governo farà di tutto per permettere lo svolgimento della gara nei prossimi mesi.
Di Giulio Chinappi
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Foto: Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Socialista del Vietnam