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Atletica
L’Italia è grande: Fiona May e il bis iridato di Edmonton 2001. L’unica donna azzurra con due ori ai Mondiali
Sei anni, con in mezzo due argenti olimpici, due argenti iridati ed europei e due bronzi iridati ed europei: tra l’oro mondiale di Goteborg del 1995 e quello di Edmonton nel 2001 è raccolto il meglio di una carriera straordinaria, forse irripetibile come quella di Fiona May, l’unica donna italiana che è riuscita nell’impresa di concedere il bis d’oro nella rassegna mondiale di atletica leggera, specialità salto in lungo.
In quei sei anni sono raccolti risultati straordinari ma anche tanta rabbia perché Fiona May, un oro olimpico e anche un titolo europeo li avrebbe meritati per la qualità della sua carriera, iniziata con la maglia britannica (due Giochi Olimpici, Seul e Barcellona, un oro al Mondiale juniores e un oro all’Europeo juniores e un argento alle Universiadi) e proseguita dal 1994, dopo il matrimonio con l’astista azzurro Gianni Iapichino, con una continuità di risultati straordinaria.
Quella rabbia che Fiona May aveva in corpo quando si apprestava nel 2001 a preparare il Mondiale di Edmonton. Tra i tanti argenti della sua carriera quello di Sydney alle spalle di Heike Drechsler, assieme a quello iridato di Siviglia, è sicuramente quello che brucia più di tutti, vuoi per la misura, vuoi per la rinascita di una rivale che l’azzurra pensava di poter battere e da cui invece ha subito la sconfitta nell’occasione più importante. Edmonton, dunque, per Fiona May è l’occasione di riscatto, una delle ultime di una carriera che da lì in poi le riserverà un crepuscolo con poca gloria, con il solo oro ai Giochi del Mediterraneo di Almeria ad impreziosire un cammino lastricato di sofferenza con inevitabili delusioni come l’eliminazione in qualificazione ad Atene 2004.
A Edmonton, senza la campionessa olimpica Drechsler, l’azzurra è tra le grandi favorite assieme alla russa Kotova, alla spagnola di origine cubana Niurka Montalvo e alla greca Niki Xanthou, anche se la sua stagione fino a quel momento è stata tutt’altro che esaltante: mai sopra i 6.80 con un sacco di piccoli problemi fisici che, sommati, avrebbero potuto far perdere la testa a tutti tranne che alla Fiona nazionale che, raggiunta la finale, piazza subito, al primo turno, il salto migliore della sua annata fino a quel momento: 6.86. Una gara in crescendo per Fiona May che sfrutta il vento a favore e vola prima a 6.97 e, al terzo salto, a quel 7.02 che ricorda l’argento olimpico di Atlanta 1996 alle spalle della nigeriana Ajunwa.
Stavolta, però, non c’è avversaria che tenga. La progressione dell’azzurra mette in soggezione tutte le agguerrite rivali che si devono accontentare di misure tutt’altro che straordinarie. Tutte tranne Tatjana Kotova che, al quarto tentativo, fa tremare Fiona e l’Italia intera atterrando a quota 7.01, ad un solo centimetro dall’azzurra. Gli ultimi tre salti dell’italiana vanno ad impreziosire una gara quasi perfetta: 6.70 al quarto, 6.97, ancora una volta, al quinto e 6.80 all’ultimo con la medaglia d’oro già al collo, mentre la rivale meno amata, la spagnola Montalvo, si ferma a quota 6.88 che le garantisce la medaglia di bronzo.
Dopo l’ultimo salto ecco il via ai festeggiamenti con salti e grida di gioia, tirando quasi giù dalle tribune il marito e tecnico Gianni Iapichino, afferrando il primo tricolore che le capita in mano per il giro d’onore e sciogliendosi nell’abbraccio delle avversarie: Kotova e Xanthou. “Finalmente è finita – dirà negli spogliatoi – Quest’oro spazza via l’incubo di Siviglia, quando dopo quel Mondiale volevo smettere e non l’ho fatto solo per tutte le lettere di incoraggiamento che ho ricevuto“.
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