Formula 1
F1, i fallimenti di Alain Prost e Nigel Mansell con la Ferrari. Due fuoriclasse senza titoli a Maranello
Alain Prost e Nigel Mansell sono indiscutibilmente due dei più grandi piloti della storia della Formula 1. Nel corso della loro carriera entrambi hanno avuto un’esperienza in Ferrari, incrociandosi peraltro proprio a Maranello nel 1990. Eppure, per ambedue l’avventura con il Cavallino Rampante si è conclusa malamente. Come è stato possibile? Andiamo ad analizzare le ragioni del perché sia il francese che il britannico hanno fallito a bordo della “Rossa”.
Nigel Mansell arriva alla Ferrari nel 1989 e la sua prima annata non può certo essere definita negativa, anzi. Quell’anno la scuderia di Maranello schiera l’innovativa 640 F1, la prima monoposto nella storia della Formula 1 dotata di cambio semiautomatico. Proprio questa nuovissima componente, ancora tutta da perfezionare, crea grandissimi problemi all’affidabilità e l’inglese vede il traguardo solo sei volte. Cionondimeno, quando raggiunge la bandiera a scacchi, è sempre sul podio e si toglie la soddisfazione di ottenere due vittorie strappacuore. In Brasile, all’esordio assoluto con il Cavallino Rampante, realizza il cosiddetto “miracolo di Jacarepagua”, riuscendo a imporsi in un Gran Premio dove tutti sono convinti che entrambe le “Rosse” dureranno pochi giri prima di fermarsi con il cambio a pezzi. Invece, tra la sorpresa generale, la Ferrari di Nigel regge sino al traguardo, andando addirittura a conquistare un’inaspettata vittoria. Invece in Ungheria, sul tortuoso Hungaroring, il britannico primeggia nonostante la dodicesima posizione di partenza, con tanto di clamoroso “sorpasso a tre” ai danni del battistrada Ayrton Senna mentre il brasiliano sta doppiando la Onyx di Stefan Johansson. Alla fine il bilancio del 1989 è positivo. Lottare per il titolo era impossibile, tuttavia Mansell sovrasta nelle prestazioni il compagno di squadra Gerhard Berger e si dimostra l’unico in grado di poter infastidire le McLaren di Senna e Alain Prost.
Già, Prost. Lupus in fabula. Per il 1990, il francese trasloca proprio in Ferrari e il suo arrivo si rivelerà un enorme problema per il Leone. Il britannico, infatti, è un puro. Malizia e sotterfugi gli sono completamente alieni. Questa sua indole semplice e per certi inversi ingenua diventa facile preda di una persona arguta come il Professore. Il transalpino, infatti, arriva a Maranello e grazie al suo savoir faire riesce a diventare rapidamente il centro di gravità dell’intera squadra, trasformando Nigel in una sorta di corpo estraneo. Come avvenuto nel 1987, quando alla Williams l’inglese era stato destabilizzato dalle astuzie di Nelson Piquet, Mansell patisce sul piano psicologico il carisma di un compagno di squadra più scaltro e più abile “politicamente”. Vedendosi messo ai margini e di fatto relegato a seconda guida, piomba in una crisi di motivazioni e di risultati, venendo peraltro anche bersagliato dalla sfortuna (se nel 1990 una Ferrari si rompe, è quasi sempre quella del britannico). Esasperato dalla situazione, arriva addirittura ad annunciare il ritiro, salvo poi cedere alle lusinghe di Frank Williams e tornare nel team di Didcot. Dunque, a conti fatti, la ragione principale del fallimento di Mansell con la Ferrari ha un nome e un cognome: Alain Prost, dal quale è stato soffocato all’interno della squadra.
Invece, ben diversa è la parabola del Professore a Maranello. Come detto, il francese prende subito le redini del Cavallino Rampante, riuscendo a mettere in un angolo proprio Mansell, non certo l’ultimo arrivato. Il 1990 è comunque un’annata positiva, poiché per la prima volta dopo un lustro la Ferrari torna a lottare per il Mondiale. Il fuoriclasse originario della Loira diventa il primo ferrarista dai tempi di Niki Lauda capace di vincere 5 Gran Premi nella stessa stagione. Il titolo non viene conquistato, ma avere ragione della “santissima trinità” Senna-McLaren-Honda è impresa tutt’altro che semplice. Inoltre, si verificano anche alcuni episodi sfortunati che si rivelano letali per le ambizioni iridate ferrariste. Per esempio a Montecarlo il transalpino è coinvolto in una collisione con Berger al primo giro. Viene esposta la bandiera rossa, ma Alain è costretto a ripartire con il muletto, sul quale è montato un cambio a 7 marce e non a 6 come sulla sua vettura da gara. La differenza si rivelerà cruciale, poiché sulle stradine del Principato, lo stress generato dai sette rapporti fa letteralmente esplodere la batteria della Ferrari.
Inoltre, e soprattutto, si verifica il “fattaccio dell’Estoril”. Sul tracciato portoghese le “Rosse” sono dominanti, tanto da monopolizzare la prima fila con Mansell in pole position e Prost al suo fianco. Tuttavia al semaforo verde accade qualcosa di strano. Il Leone scatta quasi in derapata e stringe il Professore contro il muretto dei box, permettendo alle McLaren di issarsi in prima e seconda posizione. Durante la gara le Ferrari risalgono la china e, a dieci giri dal termine, Nigel è al comando, seguito da Senna e da Alain, il quale è in decisa rimonta. Difatti ha appena sorpassato Berger e si appresta a fare altrettanto con il brasiliano. Però, proprio in quel momento, Alex Caffi e Aguri Suzuki entrano in contatto. L’italiano va a sbattere violentemente contro le barriere e non riesce a uscire dall’abitacolo. Viene quindi esposta la bandiera rossa e, dato che il 75% della distanza è già stato completato, viene ufficializzata la classifica al momento dell’interruzione. Un’autentica fregatura per il francese, il quale infatti sbotta, affermando che “la Ferrari non merita il titolo mondiale e quanto avvenuto è assolutamente inaccettabile”. Oltre a sentirsi pugnalato alle spalle dal compagno di squadra, accusa apertamente il direttore sportivo Cesare Fiorio di incapacità gestionale.
Mansell giustifica il pasticcio del via affermando di essere stato sorpreso dal nuovo cambio (la Ferrari aveva infatti appena modificato la lunghezza del primo e del secondo rapporto allo scopo di essere più incisiva in partenza, ma solo Prost aveva effettuato test con la novità tecnica) e di non aver danneggiato volontariamente il transalpino. In effetti, la domenica successiva in Spagna il britannico correrà da scudiero, tuttavia l’accaduto del Portogallo cambia completamente gli equilibri nella corsa al Mondiale. Una gara in cui il Professore avrebbe potuto recuperare 5 punti a Magic, si tramuta in una prova in cui invece ne cede 2. Con il senno di poi, l’esito di quel GP darà ad Ayrton l’occasione di speronare il grande rivale a Suzuka per vincere matematicamente l’Iride con una gara d’anticipo e vendicare l’incidente del 1989.
Sono proprio i fatti dell’Estoril a far perdere a Prost fiducia nel management della Ferrari. Il rapporto con Cesare Fiorio si incrina definitivamente e nei mesi seguenti si inserisce in una serie di lotte intestine che rendono irrespirabile l’aria a Maranello. D’altronde il 1991 è un autentico annus horribilis per il Cavallino Rampante, vuoi perché la nuova vettura si rivela incapace di reggere il confronto con le McLaren e le Williams, vuoi perché si viene a generare un clima di tutti contro tutti che avvelena l’ambiente. Alla luce delle difficoltà iniziali, l’allora presidente della Ferrari Pietro Fusaro coglie la palla al balzo per defenestrare Fiorio e, al tempo stesso, una lotta di potere in seno alla Fiat tra i fratelli Gianni e Umberto Agnelli, porta quest’ultimo ad attaccare pubblicamente sul Corriere della Sera proprio il Professore che, oltre a essere esasperato per la situazione, si trova a vivere situazioni paradossali. Addirittura in Spagna il team lo costringe a partire con le gomme da bagnato, quando invece il francese vorrebbe tentare l’azzardo delle slick. La sua intuizione si sarebbe rivelata vincente, ma la decisione della squadra lo obbliga ad accontentarsi del secondo posto! Ormai ai ferri corti con una Ferrari in piena crisi gestionale, il transalpino viene clamorosamente appiedato subito dopo il GP del Giappone, quando paragona a “un camion” la sua vettura in preda al sottosterzo. Un siluramento che fa pone fine a una relazione ormai logora.
Dunque, perché Prost ha fallito con la Ferrari? Il 1990 tutto sommato è stato ottimo, ci può stare di perdere di un’incollatura contro Senna e la McLaren-Honda. Tuttavia, la congiuntura sfavorevole di arrivare a Maranello nel momento peggiore, ovvero nell’interregno tra la morte di Enzo Ferrari e la forte leadership di Luca Cordero di Montezemolo, ha fatto colare a picco un sodalizio iniziato con ottime prospettive. Insomma, se il Professore non è riuscito a laurearsi campione del mondo a bordo del Cavallino Rampante è stato anche per una serie di circostanze negative. Nel suo caso “mancò la fortuna, non il valore”.
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paone_francesco[at]yahoo.it
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Foto: La Presse