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Formula 1

Formula 1, la storia della Ferrari F92A. Bellissima, ma… lentissima!

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Nelle scorse settimane abbiamo raccontato la sfortunata epopea della 312T5, passata alla storia come la Ferrari peggiore di sempre. Proseguiamo questa catartica “carrellata dell’orrore” riguardante le monoposto di Maranello entrate negli annali non per i loro trionfi, bensì per il loro clamoroso insuccesso, con la famigerata F92A, a sua volta ricordata come una delle vetture meno competitive mai prodotte dal Cavallino Rampante.

Per la Ferrari il 1992 si presenta come un “anno zero”. Il team è reduce dal burrascoso 1991, iniziato con l’improvvisa esautorazione del direttore sportivo Cesare Fiorio e terminato con il clamoroso licenziamento di Alain Prost. Per rilanciare un’azienda allo sbando, la Fiat decide di affidare la presidenza a Luca Cordero di Montezemolo, che a Maranello aveva gestito la Squadra Corse ai tempi di Niki Lauda, il quale viene peraltro ingaggiato come consulente dal neo-presidente. Insomma, i totem di un passato glorioso tornano in rosso con l’obiettivo di costruire un futuro altrettanto trionfale. Il problema è il presente, perché il team è in macerie ed è obbligatorio ricominciare da capo.

Sul fronte dei piloti, per la prima volta dal 1968 la Ferrari schiera una coppia che non ha ancora vinto neppure un Gran Premio. Jean Alesi, considerato uno degli astri nascenti del Circus, è stato confermato. Il ventottenne francese è forte di cinque podi e ha sfiorato il successo nel GP del Belgio 1991. È lui l’uomo di punta della nuova Ferrari. L’ingrato compito di non far rimpiangere Prost viene invece affidato a Ivan Capelli, il quale viene preferito in extremis a Pierluigi Martini. Il ventinovenne milanese avrà finalmente l’opportunità di gareggiare in un team di vertice dopo aver realizzato diversi exploit con la March/Leyton House. Sul piano tecnico è inoltre cambiato il progettista. Steve Nichols viene sostituito da un tandem composto da Harvey Poltesthwaite, che fa il suo ritorno a Maranello dopo qualche anno, e da Jean-Claude Migeot. Proprio quest’ultimo è a tutti gli effetti il “padre” della F92A, monoposto interamente sviluppata attorno a concetti innovativi. D’altronde nel 1990 il giovane aerodinamico transalpino ha avuto l’intuizione di dotare la Tyrrell di un musetto rialzato rispetto all’ala anteriore, una trovata riuscitissima che nel giro di qualche anno sarà adottata da tutte le monoposto di Formula 1. Tale caratteristica viene presentata anche sulla F92A, che sin dal momento della sua presentazione colpisce profondamente per il suo aspetto. Non solo per la parte anteriore, ma soprattutto per le sue fiancate, che sono scavate sotto le prese d’aria, peraltro molto strette e staccate dall’abitacolo. In questo modo viene creato un autentico condotto tra il fondo della vettura e quello delle pance, con l’obiettivo di ricreare l’effetto Venturi utilizzato dalle wingcar tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. L’aspetto della monoposto le vale il soprannome di “caccia”, poiché sembra davvero un aeroplano riconvertito a monoposto di Formula 1. Inoltre, tra le tante novità, ve n’è anche una nascosta sotto la carena. La sospensione anteriore è stata strutturata per avere un ammortizzatore unico, anziché due.

Insomma, sulla F92A ci sono parecchie soluzioni innovative. Forse troppe. L’auto, appena messa in pista, si rivela infatti un disastro. Le intuizioni di Migeot avevano dato eccellenti risultati in galleria del vento, ma all’atto pratico si dimostrano controproducenti. La minima variazione di altezza dal suolo rende il doppio fondo inefficace, togliendo gran parte del carico aerodinamico alla vettura, che risulta di fatto inguidabile. Addirittura su alcune piste si trova a sottosterzare nelle curve veloci e a sovrasterzare in quelle più lente! Il mono-ammortizzatore, poi, è un fiasco che genera grosse noie meccaniche. Come se non bastasse, il nuovo motore è una sciagura. Non solo è poco potente, ma è anche soggetto al blow-by (una piccola e costante perdita d’olio), che costringe gli ingegneri a montare un serbatoio di lubrificante supplementare per poter finire le gare!

In quel 1992 le Williams si rivelano imprendibili per chiunque. Tuttavia, per le “Rosse” anche le McLaren e le Benetton si dimostrano fuori portata. Per il “caccia” l’unica speranza di fare risultato è quella di riuscire ad arrivare al traguardo in un GP con parecchi ritiri. Tuttavia, a causa di un’affidabilità scadente, è difficile persino approfittare delle defaillance altrui! L’irriducibile Alesi è quantomeno in grado di conquistare due podi, piazzandosi terzo in Spagna e in Canada. Capelli invece racimola le briciole e vede la sua carriera di fatto affossata dall’esperienza negativa, tanto che il milanese si ritirerà dalla Formula 1 pochi mesi dopo. Complessivamente la Ferrari raccoglie 21 punti (contro i 164 della Williams, i 99 della McLaren e i 91 della Benetton), riuscendo ad avere ragione della Lotus nella corsa al quarto posto del Mondiale costruttori solo nel finale di stagione. Un disastro del genere non può passare inosservato, ma a pagare è solo Migeot, il quale sarà esautorato e sostituito da John Barnard. Il dito viene infatti puntato esclusivamente sulle pecche aerodinamiche della monoposto, mentre si sorvola (almeno ufficialmente) sul pessimo motore 038.

Nel complesso la F92A risulta una delle peggiori vetture mai prodotte dal Cavallino Rampante, seconda solo alla 312T5. C’è però una profonda differenza tra i due fallimenti. Quello del 1980 fu causato da un’auto obsoleta, la cui filosofia costruttiva era ormai superata. La monoposto del 1992 invece soffrì del problema opposto, poiché nata su concetti potenzialmente rivoluzionari, ma all’atto pratico rivelatisi un esagerato azzardo.

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paone_francesco[at]yahoo.it

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Foto: Iwao Wikipedia

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