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MotoGP, la rinascita di Valentino Rossi. Cosa è cambiato in 7 giorni

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Jerez de la Frontera, domenica 19 luglio 2020, Gran Premio di Spagna. Valentino Rossi soffre tremendamente ed è il peggiore della pattuglia Yamaha. Mentre Fabio Quartararo vince, Maverick Viñales conclude secondo e Franco Morbidelli sfiora il podio piazzandosi quinto, il Dottore si ritira per un problema tecnico dopo aver costantemente navigato tra la settima e l’ottava posizione, incapace di tenere un ritmo in linea con quello dei compagni di marca.

Stesso luogo, sette giorni dopo, Gran Premio di Andalucia. Rossi resta a lungo in seconda posizione e conclude terzo, lottando ad armi pari con Viñales e Morbidelli, venendo sovrastato solo da Quartararo. È evidente come sia stato il quarantunenne di Tavullia a migliorare con decisione, mentre gli altri tre alfieri della Yamaha siano rimasti allo stesso livello. Cosa è cambiato nell’arco di pochi giorni?

In America si dice “if it works, don’t fix it”, ovvero “se una cosa funziona, non toccarla”. Valentino ha seguito la stessa filosofia, ma al contrario, dicendo “Visto che la situazione non va, allora cambiamo tutto”. Certamente è stato fondamentale capire subito dove era necessario lavorare, ovvero sul posteriore del suo mezzo. In tal senso, Rossi ha compreso che l’attuale M1 non si adattava alle sue caratteristiche e, affinché lui potesse essere competitivo, era necessaria una soluzione personalizzata. Il quarantunenne di Tavullia ha infatti connotati fisici differenti rispetto alla stragrande maggioranza degli altri centauri, essendo più alto della media, con ovvie ripercussioni sul peso e sul bilanciamento della moto. Oltre a questo fatto, ognuno ha il suo stile e le nuove gomme hanno rimescolato un po’ le carte.

Proprio per questa ragione è stato fondamentale riuscire a imporsi con la casa di Iwata, chiedendo di tornare a un assetto già utilizzato in passato, ma poi abbandonato dalle moto dei tre diapason. In altre parole, Valentino ha posto l’aut aut a Yamaha: “Se credete in me, dovete consentirmi di esprimermi al meglio” è stato il messaggio lanciato. I nipponici non hanno fatto orecchie da mercante e lo hanno accontentato, soddisfacendo la sua richiesta. Affinché il Dottore potesse lavorare al meglio, si è deciso di fornirgli un perno dell’attacco del forcellone al telaio più basso del solito (il famoso pivot di cui si è parlato nei giorni scorsi). Questa modifica ha permesso di apportare cambiamenti cruciali al set-up della M1 numero 46, perché tale componente è determinante per gestire al meglio l’assetto della parte posteriore della moto, il nodo gordiano delle difficoltà di Rossi. Grazie a questa novità, il sette volte campione del mondo della classe regina ha immediatamente ritrovato la competitività perduta.

Questo è cambiato nell’arco di sette giorni, ovvero il fatto che la Yamaha utilizzata dal Dottore fosse decisamente più in linea con le sue caratteristiche fisiche e con le sue preferenze in tema di bilanciamento. In questo modo è stato possibile recuperare rapidamente terreno, addirittura arrivando a ottenere prestazioni in linea con quelle del compagno di squadra Maverick Viñales, di sedici anni più giovane. Insomma, Valentino ha preteso di essere messo nelle migliori condizioni di esprimersi, dimostrando di poter essere ancora competitivo tanto quanto il compagno di team e Franco Morbidelli.

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Certo, Quartararo resta di un livello superiore, ma è un discorso che vale per tutti coloro che hanno gareggiato nel GP di Andalucia. Il secondo appuntamento di Jerez de la Frontera ha comunque dimostrato come Rossi abbia ancora qualcosa da dire quest’anno e magari anche in quelli a venire con il team Petronas, soprattutto se dovesse essere assecondato nelle proprie richieste.

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paone_francesco[at]yahoo.it

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Foto: La Presse

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