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Ciclismo, l’era dei Fenomeni. Evenepoel, Van Aert, Van der Poel, Pogacar e Bernal: agli altri le briciole

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Il ciclismo, in questo momento, sta vivendo un notevole ricambio generazionale che ha rapidamente rivoluzionato l’universo del pedale. Un’incredibile ondata di giovani, nati tra la metà degli anni ’90 e l’inizio degli anni ’00, sta letteralmente prendendo possesso del mondo delle due ruote. Remco Evenepoel, Egan Bernal, Wout Van Aert, Tadej Pogacar, Mathieu van der Poel. Questi sono i nomi già più noti, quelli più altisonanti, ma non sono certamente gli unici. Potremmo citare anche Pavel Sivakov, che nell’ultimo anno e mezzo ha ottenuto grandissimi risultati all’ombra di Bernal, Alexander Vlasov, il quale pochi giorni fa ha spazzato via tutti sul Mont Ventoux, o Sergio Higuita, che Bernal l’ha battuto a inizio stagione al Tour Colombia 2.1. E pur non rientrando in questo gruppo a livello meramente anagrafico, ha detto di sentirsi parte di esso, dato che si dedica al ciclismo da pochi anni, anche Primoz Roglic. Lo sloveno, d’altronde, nonostante i suoi quasi 31 anni, è passato professionista solo nel 2016, in contemporanea con Bernal.

Sono tanti gli alfieri della nuova generazione, sono fortissimi e adatti a tutti i terreni. Van der Poel e Van Aert, dopo essersi sfidati per anni nei tracciati di ciclocross, sembrano pronti a dare vita a un nuovo dualismo nelle grandi classiche. Wout ha incantato negli ultimi dieci giorni, vincendo Strade Bianche e Milano-Sanremo, gare nelle quali aveva dimostrato di trovarsi a meraviglia già nelle passate stagioni. Mathieu, ancora un po’ imballato dopo i mesi di stop, lo aspettiamo al Nord e alle Ardenne, ove già l’anno scorso aveva recitato il ruolo di primattore conquistando Dwars door Vlaanderen, Freccia del Brabante e Amstel Gold Race.

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Il settore in cui, però, la nuova generazione sembra più attrezzata sono le corse a tappe. In epoca recente abbiamo assistito a edizioni molto meste dei grandi giri. Pensiamo al Tour de France 2017, ad esempio, vinto quasi di inerzia da Chris Froome senza sfornare prestazioni memorabili in salita o a cronometro. E che dire del Giro d’Italia del 2015 che vide trionfare un Contador che non si impose in nessuna tappa e andò anche in crisi sul Colle delle Finestre? Nel futuro prossimo, tuttavia, sembrano prospettarsi battaglie epiche come non se ne vedevano da un po’.

Su questo versante, infatti, la truppa dei giovani fuoriclasse ne ha davvero per tutti i gusti. C’è Remco Evenepoel, il prototipo di dominatore, fortissimo in salita e in pianura e capace di prodursi in attacchi a lunga gittata. C’è Egan Bernal, un corridore con doti di fondo eccelse, il quale si esalta quando si fa tanta fatica e quando si sale oltre i 2000 metri. C’è Tadej Pogacar, l’eclettico, un atleta che può vincere in volata ristretta o con un assolo solitario sotto la pioggia battente, condizione meteorologica che adora. C’è Pavel Sivakov, il quale da professionista ancora non ha potuto dare completamente sfoggio di quella sua indole da attaccante che lo aveva reso un cannibale tra gli U23. C’è Alexander Vlasov, che dalla sua vanta una solidità e un acume tattico fuori dal comune. Come detto in precedenza, inoltre, potremmo dire che c’è anche il “giovane vecchio” Primoz Roglic, il quale sembra migliorare di stagione in stagione e oltre alle doti classiche di un passista-scalatore possiede anche uno spunto veloce che gli permette sovente di imporsi in sprint ristretti. Potremmo continuare all’infinito, per la verità, a fare nomi di giovani prospetti che stanno diventando delle realtà nelle corse a tappe, quelli sopra sono coloro che hanno dimostrato di più, al momento, ma atleti come Sosa, Higuita, McNulty o Almeida ben presto saranno considerati, a loro volta, dei punti di riferimento per questo tipo di manifestazioni.

Ci preme, tuttavia, fare almeno un altro nome: Richard Carapaz. L’ecuadoriano ha comunque solo 27 anni, è passato a sua volta professionista molto tardi, nel 2017, ed è pur sempre il vincitore in carica del Giro d’Italia. I media, di recente, lo hanno un po’ bistrattato, ma al Giro di Polonia l’alfiere del Team Ineos ha dato sfoggio, una volta di più, del suo scintillante talento vincendo con una sparata da finisseur su un arrivo che tirava leggermente all’insù. Un gesto tecnico che Richard ha dimostrato più volte di possedere nella sua faretra e che pochi altri, non solo tra gli scalatori, ma in generale nel gruppo, possono dire di saper replicare.

Con quest’avanguardia di giovani affamati che scalpitano, per la generazione di corridori che dovrebbero essere nel fiore della carriera, ovvero quelli che hanno tra i 28 e i 33 anni, rischiano di restare solo le briciole. Atleti come Thibaut Pinot o Nairo Quintana, ad esempio, hanno appena trent’anni, ma l’impressione è che al primo sia sfuggita la grande opportunità di vincere il Tour nella passata stagione e che il secondo sia all’ultima spiaggia in questo 2020. Solo il tempo ci dirà come andranno realmente le cose, ma pare proprio che questa generazione di fenomeni possa rivoluzionare il ciclismo.

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luca.saugo@oasport.it

Twitter: @LucaSaugo

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Foto: Lapresse

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