Ciclismo
Vuelta a España 2020: Primoz Roglic ringrazia la Jumbo-Visma e una terza settimana con una sola tappa dura
Primoz Roglic, con la forza di un eroe della mitologia greca, è riuscito in breve tempo a rialzarsi dopo la cocente sconfitta al Tour de France e a conquistare prima la Liegi-Bastogne-Liegi e, ora, la Vuelta a España 2020. Nel grande giro spagnolo, però, lo sloveno, per avere la meglio di Richard Carapaz, ha avuto bisogno di una Jumbo-Visma che ha vinto nettamente il confronto con il Team Ineos. Mentre il sodalizio britannico si è dimostrato praticamente incapace di inasprire la gara per favorire il suo leader, i neerlandesi hanno sempre avuto qualche uomo in grado di aiutare lo sloveno durante i momenti di difficoltà. Anche oggi, sull’Alto de la Covatilla, quando Richard ha staccato Primoz e Sepp Kuss e George Bennett si sono sciolti come neve al sole senza riuscire a dare un minimo aiuto alla maglia roja, il re della Doyenne ha trovato il prezioso aiuto di Lennard Hofstede.
Il nativo di Poeldijk, solitamente uomo che lavora nelle fasi iniziali delle tappe, era stato mandato in fuga al mattino dalla Jumbo-Visma. Sull’erta finale ha tenuto bene e Roglic lo ha ritrovato a duemila metri dalla vetta, quando la salita spianava e restare a ruota per qualche minuto era fondamentale per rifiatare. Hofstede ha permesso a Roglic di rimanere protetto dal vento per un po’ senza perdere nulla da Carapaz, dopodiché Primoz ha fatto lo sforzo decisivo e ha contenuto i danni in modo egregio.
Anche il disegno della Vuelta, che, come al solito, prevedeva le frazioni più dure nella seconda settimana e una terza un più blanda, ha giocato a favore di Roglic. Ma d’altronde la Vuelta presenta tracciati del genere sin da quando, nel 1979, l’ultima frazione arriva a Madrid. Intorno alla capitale spagnola ci sono le ascese del Sistema Central, le quali, in buona parte, sono lunghe, ma molto pedalabili. Sono rare le occasioni in cui la terza settimana della Vuelta si snoda lungo altre zone della Spagna e rarissime quelle in cui presenta più di due arrivi in quota (2013 e 2018). Tutto ciò, però, non sminuisce la vittoria di un fuoriclasse che, al contrario dei rivali per il successo finale, ha corso la Vuelta dopo aver lottato per il trionfo anche al Tour de France. Negli scontri tra due campioni come Roglic e Carapaz difficilmente uno dei due la spunta in maniera netta e sovente sono le variabili a fare la differenza.
Al Giro d’Italia 2019 tutto aveva girato a favore dell’ecuadoriano. Roglic si era ammalato nella prima settimana e dopo pochi giorni aveva perso il suo gregario più forte: Laurens De Plus. Inoltre, Robert Gesink, altro uomo che doveva aiutare lo sloveno in salita, si era infortunato poco prima dell’inizio della Corsa Rosa e al suo posto fu convocato un Sepp Kuss non in forma. Carapaz, invece, si trovò di fianco una Movistar fortissima, con Landa come braccio destro. Primoz, al contrario, in montagna era sempre isolato. Nelle frazioni di Ceresole Reale e Courmayeur Roglic e Nibali si erano marcati in maniera strettissima tra loro e Richard, che comunque era il più forte in salita, ne aveva approfittato per guadagnare, con gli interessi, il tempo perso a crono.
Nella tappa di Como, invece, poco prima del Civiglio Primoz forò, ma la sua ammiraglia era ferma poiché i suoi DS dovevano fare i loro bisogni. Così lo sloveno fu costretto a fare il resto della tappa con la bici del compagno Tolhoek e non con la sua e fu proprio la difficoltà nel guidare un mezzo non suo che causò la brutta caduta di cui fu vittima sulla discesa dell’erta sopraccitata. Lo sloveno, scivolando, finì addosso a un guard rail e riportò problemi fisici, rivelati solo mesi dopo a CyclingNews, che lo rallentarono nella terza settimana. In questa Vuelta, al contrario, le cose hanno girato meglio a Primoz e peggio a Richard e il verdetto finale ha sorriso allo sloveno e non all’ecuadoriano. D’altronde così funziona il ciclismo da centovent’anni a questa parte.
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luca.saugo@oasport.it
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Foto: Lapresse