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Sci di fondo, per Federico Pellegrino e l’Italia la vera “grande occasione” è di non gareggiare a Davos e Dresda

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La scorsa settimana l’ambiente dello sci di fondo è stato scosso dalla decisione presa da Norvegia, Svezia e Finlandia in merito alla sospensione della propria attività internazionale. I tre Paesi nordici, preoccupati per potenziali contagi di Covid-19, hanno infatti scelto di disertare le tappe di Coppa del Mondo di Davos e Dresda, mettendo in dubbio persino la propria partecipazione al Tour de Ski, il cui inizio è programmato per la giornata di Capodanno. Chiaramente, la scelta avrà come effetto quello di ridurre notevolmente la concorrenza che Federico Pellegrino si troverà ad affrontare durante le sprint programmate in Svizzera e in Germania. D’altronde, senza scandinavi e finnici, mancheranno almeno cinque dei migliori dieci specialisti delle prove veloci, il che rappresenterebbe una ghiotta occasione per il valdostano.

Attenzione però ai facili entusiasmi, perché avversari ridotti non significa inesistenti. I francesi saranno della partita e sovente hanno corso da protagonisti sia nei Grigioni che in Sassonia. Inoltre non mancheranno i russi, capitanati da Alexander Bolshunov e Gleb Retivykh, i quali hanno saputo già lasciare il segno in entrambe le competizioni. Aggiungiamoci che gli svizzeri, soprattutto in casa, possono essere brutti clienti e il Jovian Hediger che ha sorpreso a Kuusamo dovrebbe essere più competitivo a skating di quanto non lo sia a tecnica classica. Dunque, non è affatto scontato che il trentenne di Nus possa ottenere due affermazioni. Cionondimeno, al di là di questo fatto, l’azzurro ha comunque di fronte a sé un’occasione d’oro, ovvero quella di lanciare un forte segnale politico, allineandosi ai tre Paesi nordici. Una posizione che, in realtà, dovrebbe essere presa dall’Italia in toto e da quante più nazioni possibile.

Federico Pellegrino ha 30 anni e non ha più nulla da dimostrare a nessuno. Già oggi è uno dei più grandi fondisti italiani di tutti i tempi, nonché uno dei migliori sprinter di sempre. Risultati alla mano, solamente tre uomini possono vantare un palmares indiscutibilmente superiore a Chicco nelle sprint. Parliamo di Johannes Høsflot Klæbo, Ola Vigen Hattestad e Tord Arne Hetland. Il valdostano si può infatti confrontare alla pari con altri grandi interpreti della disciplina quali Thobias Fredriksson, Björn Lind, Jens Arne Svartedal ed Emil Jönsson. Anzi, alcuni di questi forse non potrebbero neppure sedersi al suo stesso tavolo. Insomma, volendo stare larghi, l’azzurro è tra i primi otto di sempre, ma può essere considerato un serio pretendente alla top-five. Peraltro, i più attenti avranno notato come siano stati citati solamente norvegesi e svedesi. Non va dimenticato come l’italiano sia, a oggi, l’unico sprinter non scandinavo ad aver vinto la Coppa del Mondo di specialità. Un trofeo peraltro oltremodo significativo, perché ottenuto nell’inverno 2015-16, quando non c’era alcuna medaglia olimpica o mondiale in palio, e quindi la Sfera di cristallo rappresentava l’obiettivo principale della stagione.

Un paio di facili vittorie a Davos e Dresda, peraltro ancora tutte da conquistare alla luce di quanto esposto in precedenza, non aggiungerebbero nulla alla grandezza di Pellegrino, così come poco cambierebbe con un’eventuale Coppa del Mondo sprint conquistata grazie alle assenze dei più forti. La Storia, quella con la “S maiuscola”, è già stata scritta un lustro orsono, quando Chicco è stato il primo a spezzare il monopolio scandinavo nella classifica di specialità. Un ruolo che gli apparterrà per sempre e lo ha già consegnato negli annali. Federico non ha bisogno di quella che sarebbe un’autentica “Sfera di cartone”, vinta perché i vari Klæbo e Valnes si sono chiamati fuori dalla contesa. Sono altri gli atleti che dovrebbero anelare disperatamente il trofeo senza preoccuparsi del peso specifico dello stesso. Magari gli Chanavat e i Jouve del caso, eterni piazzati di lusso ancora in cerca di consacrazione.

In questi giorni si sta giocando una partita ben più grande di quella della Coppa di specialità della sprint, ovvero quella relativa al futuro dello sci di fondo. Da tempo la gestione della disciplina suscita enormi dubbi e l’attuale dirigenza è in auge da anni. L’ultima trovata, quella di assegnare punti individuali anche nelle gare a squadre, ha lasciato perplessi tutti gli addetti ai lavori. Le critiche, anche da parte dei protagonisti, sono all’ordine del giorno. Lo stesso Pellegrino nel recente passato ha dichiarato pubblicamente di ritenere mal strutturato il calendario, ed è proprio questa la ragione per cui Norvegia, Svezia e Finlandia hanno deciso di non uscire più dai propri Paesi nell’anno solare 2020.

Infatti la cancellazione della tappa di Lillehammer e l’incapacità di trovare un’alternativa hanno automaticamente rotto la bolla dello sci di fondo, in quanto è stato impossibile trasferire l’intero circuito da un luogo all’altro. Al tempo stesso, la sequenza Davos-Dresda non ha molto senso di questi tempi, poiché diventa complicatissimo creare una bolla. Sotto questo aspetto in Svizzera si “ricomincerebbe da capo” e per di più gli sprinter si troverebbero a condividere il campo con atleti specializzati nelle distance, dopodiché questi si fermerebbero in attesa del Tour de Ski, mentre altri sprinter si aggiungerebbero al gruppo per la tappa tedesca. Insomma, un caos generato da un calendario assolutamente inadeguato alle sfide poste dalla pandemia di Covid-19.  E dire che lo sci di fondo, così come tutte le altre discipline invernali, ha avuto mesi per prepararsi alle problematiche attuali. C’è chi lo ha fatto bene, anche in ambito Fis, e chi invece è incappato nell’ennesimo buco nell’acqua. La stessa Russia, nemica giurata della Norvegia, pur non allineandosi al Paese scandinavo ha evitato di condannarne le scelte. Basta questa dinamica a far riflettere sulla situazione attuale. La triade nordica ha seguito un semplice ragionamento: “Se non possiamo stare in bolla, non prenderemo certo il rischio di mandare i nostri atleti a intraprendere tre viaggi in due settimane. Meglio tenerli in patria, anche perché non si perdono certo eventi di grido. Peccato per Davos, ma non ci strapperemo i capelli, soprattutto se c’è il pericolo di infettarsi e di perdere almeno un quarto di stagione”.

Se davvero questo sci di fondo non piace, se davvero lo si ritiene in declino, se davvero si pensa che il calendario sia strutturato male, allora questa è l’occasione giusta per gridarlo una volta per tutte, allineandosi alla scelta dei Paesi nordici. Se invece non si seguirà questa linea, decidendo di gareggiare a Davos e Dresda, allora non si lancerà alcun segnale. Nel qual caso, d’ora in poi qualsiasi critica mossa alla dirigenza Fis da parte di chi sarà della partita nei Grigioni e in Sassonia sarà da considerarsi ipocrita.

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Foto: La Presse

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