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Sci alpino, Cortina 2021: le speranze di medaglia per l’Italia, azzurri competitivi in quasi tutte le specialità

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«E lucevan le stelle«, come da Tosca di Puccini. A Cortina sono tutti pronti a giurare su una messe di medaglie italiane, al femminile. Possibile, probabile, auspicabile. Mai sottovalutare, però, il cuore dei maschietti azzurri e soprattutto un dato: una volta terminata l’era di Alberto Tomba e Deborah Compagnoni (cioè dal 1999), sono stati proprio i ragazzi a regalarci tre titoli mondiali, e sempre nella medesima specialità, il superG, con la sorpresa Patrick Staudacher ad Åre 2007, la gloria di Cristof Innerhofer a Garmisch-Partenkirchen 2011 e la consacrazione per Dominik Paris, sempre in Svezia, nel 2019. Senza dimenticare il Giuliano Razzoli olimpionico in slalom a Vancouver 2010. Se le ragazze hanno colmato il vuoto proprio ai Giochi (Daniela Ceccarelli prima in superG a Salt Lake City 2002 e Sofia Goggia oro in discesa a PyeongChang 2018), nella rassegna iridata la storia è stata ben diversa. Si ripeterà? Difficile dirlo, ma gli indizi arrivati da Garmisch-Partenkirchen cominciano a fare una prova. 

In questo momento l’Italia maschile si aggrappa a un acuto del citato Paris o aa un lampo dell’immarcescibile Innerhofer, entrambi over 30 eppure assolutamente competitivi in velocità, pur con storie diverse, e recentemente accomunate da guai fisici. Ma venerdì, 381 giorni dopo il grave infortunio patito alla vigilia di Kitzbühel 2020, che aveva posto fine alla trionfale scorsa stagione, è tornato a vincere in Coppa del Mondo e lo ha fatto per la prima volta in carriera sulla leggendaria pista Kandahar di Garmisch Partenkirchen. Tecnicamente forse si può ancora crescere in vista della gara iridata prevista sulla Vertigine domenica prossima (14 febbraio) a Cortina, ma la capacità di mantenere sempre alta la velocità è intatta. Domme è salito a quota 15 successi in discesa in Coppa del Mondo, quarto all-the alle spalle di Franz Klammer (25), Peter Müller (19) e Stephan Eberharter (18).Non solo. Anche in chiave azzurra il successo è particolarmente significativo: dopo due podi distribuiti tra discesa libera e slalom, infatti, è arrivata la prima affermazione stagionale nel circuito maggiore per il settore maschile italiano dello sci alpino, che dalla stagione 1984-1985 in avanti non hai mancato l’appuntamento con la vittoria. E non l’ha fatto nemmeno quest’anno. Era il successo che tutti ci auguravamo di vedere prima della rassegna iridata perché restituisce a Paris le sue certezze, in pista, e grande fiducia, fuori. Il quinto posto di Innerhofer in discesa e superG in Baviera lancia decisamente Domme&Inner verso un possibile, grande Mondiale. Ambizioni rinnovate al massimo, insomma.

Certo, in discesa austriaci e svizzeri (su tutti Mayer, biolimpionico, ma mai medagliato ai Mondiali, e Feuz) restano gli avversari da battere, attualmente, mentre in superG l’orizzonte si allarga ulteriormente, anche se la Nazioni di riferimento rimangono le stesse, con l’inserimento in più della Norvegia, pur priva dell’infortunato Kilde. La carriera di Cristof e Dominik è già ricca di trionfi, in un caso soprattutto nei grandi eventi (3 medaglie iridate, 2 olimpiche), nell’altro più in Coppa del Mondo (18 vittorie, 38 podi, 4 gloriosi successi a Kitzbühel), senza però dimenticare l’argento iridato in discesa a Schladming 2013 e il titolo iridato da difendere in superG. Nel circuito maggiore, solo Alberto Tomba (50) e Gustav Thöni (24) vantano più successi del Carabiniere della Val d’Ultimo (19). Sulla nuova e intrigante pista Vertigine (non troppo difficile, però, e nemmeno tanto lunga) il favorito n.1 uno sarà forse Beat Feuz, in grado perché no di bissare il titolo già vinto in libera nel 2017 a St. Moritz; all’Austria l’oro in discesa manca da 18 anni, ma l’Italia maschile ne conta solo uno, e dal lontano passato, con il mitico Zeno Colò ad Aspen, nel 1950. Ripetere quel trionfo è possibile: «Ho fatto un bel passo in avanti da Kitz, sono riuscito a ritrovare la mia sciata, e così si che mi diverto – le parole di Paris -. Nelle ultime settimane abbiamo lavorato un po’ sulla tecnica e impostato una piccola novità sul materiale, che mi ha dato di sicurezza in più e che mi ha fatto essere più solido in pista. Non è più il tempo di parlare dell’infortunio: sto bene, il ginocchio è a posto. Mancava la sciata, ma per come mi sono sentito a Garmisch penso che sia passato tutto. Ora credo di essere messo veramente bene sugli sci: tutto è molto equilibrato, la mia tecnica e i materiali, tutto fila dritto. L’esperienza sicuramente ti dà una mano nel fare le cose, però alla fine conta il “momento” della gara, quando apri il cancelletto, devi buttarti in pista e devi farlo bene. Certo, la pista di Cortina è diversa da Garmisch. Qui è più tosto, molto buio. A Cortina penso che troveremo una neve diversa, ne è scesa davvero tanta. Ma è sempre così in discesa, ogni pista ha le sue caratteristiche e per quello è importante capirla e studiarne i passaggi chiave. Cortina sarà nuova per tutti e credo saranno davvero importanti le tre prove per conoscerla al meglio. E’ un pendio un po’ corto, che non perdona l’errore. Meglio conoscerlo bene prima, di fare la gara». 

Se cercate un titolo per il Mondiale degli azzurri a Cortina 2021, non può che essere «aggrappati agli esperti», evitando la parola anziani, così non si offende nessuno. Tant’è vero che in slalom c’è un talento classe ’82, tale Manfred Mölgg, che di medaglie iridate ne ha già conquistate tre (due in slalom, Åre 2007 e Garmisch-Partenkirchen 2011, una in gigante, a Schladming 2013, unico a riuscirci nella disciplina dopo Alberto Tomba) e che vuole provare l’ebbrezza del poker in Italia, laddove tra Bormio 2005 (Mondiali) e Torino 2006 (Olimpiadi) riuscì a portare a termine solo una gara su quattro, finendo 13esimo tra le porte larghe, in Valtellina. Alex Vinatzer o Luca De Aliprandini sono in grado di regalare sprazzi d’autore tra slalom e gigante, pur essendo altri, i favoriti.

RAGAZZE

Mario Cotelli, che oggi sicuramente guarderà le gare lassù, in cielo, magari assieme a “cavallo pazzo” Erwin Stricker, suo atleta ai tempi della “Valanga Azzurra” e come lui scomparso prematuramente, coniò il termine già a metà degli anni ’90, con largo anticipo sui tempi, come da prassi: “gigantisti veloci”. Il prototipo dello sciatore moderno, capace di partire proprio dal gigante (diventato decisamente più rapido dal 1990), per poi allargare l’orizzonte a discesa, superG e combinata alpina. Ecco. L’Italia dello sci alpino femminile, in questo momento, tra i migliori della sua gloriosa storia, sembra aver forgiato i modelli migliori nella categoria e con loro è pronta ad andare all’assalto di quel titolo mondiale assente ormai da 24 anni. Da quell’11 febbraio 1997 quando, al Sestiere, quindi sempre in Italia, e con una rimonta entusiasmante nell’ultima porzione di pista, a lei più favorevole, la gardenese Isolde Kostner mise in fila il gotha della specialità all’epoca, ovvero le tedesche Katja Seizinger (per 8 centesimi) e Hilde Greg (per 14), a suggello di un Mondiale storico e (forse) irripetibile, con altri due ori (Deborah Compagnoni, gigante e slalom) e un argento (Lara Magoni, slalom) nella stagione dei record, leggi 10 successi in Coppa del Mondo, per uno squadrone guidato dall’ex preparatore atletico di Alberto Tomba, il bravissimo Giorgio D’Urbano. 

Siccome la parola primato sembra il “mantra” della generazione moderna presa idealmente e concretamente per mano da Marta Bassino, Federica Brignone e Sofia Goggia (ahinoi non più della partita dopo la frattura composta del piatto tibiale alla gamba destra), che hanno sfatato il tabù Coppa del Mondo generale (2020), conquistato l’oro olimpico in discesa ancora mancante (2018) e confezionato tre triplette sul podio in quattro anni, tra gigante (Aspen 2017) e discesa (Bad Kleinkirchheim 2018, con il contributo di Nadia Fanchini; Bansko 2020, grazie anche a Elena Curtoni), proprio a loro, o meglio alle campionesse rimaste in corsa, Federica e Marta, chiediamo di compiere un ultimo sforzo e regalarci (o regalarsi) quel titolo iridato che non può mancare in un palmarés già ricco, il loro, ma ancora incompleto. Con il contributo, naturalmente, delle varie Pirovano, Marsaglia, Irene&Elena Curtoni (soprattutto, in grado di trovare l’acuto in qualsiasi momento) e le altre atlete convocate.

E’ incredibile, per esempio, che una campionessa del calibro di Federica Brignone vanti ben sette piazzamenti nella top 10 ai Mondiali, in tre specialità diverse, ma una “sola” medaglia iridata, l’argento in gigante di Garmisch-Partenkirchen 2011, vinto quando non era forte ed esperta come oggi e aveva appena 20 anni; Sofia Goggia avrebbe difeso il secondo posto in superG conquistato ad Åre 2019 dopo un recupero lampo dalla frattura al malleolo, sarebbe stata l’atleta da battere in discesa, e vanta, questo si può ricordare lo stesso nonostante l’infortunio appena subito, un interessante ruolino di marcia nei grandi eventi (bronzo in gigante, argento in superG ai Mondiali; oro in discesa ai Giochi Olimpici, vale a dire tre medaglie in tre specialità differenti). Certo, aveva anche un conto aperto con la discesa iridata da St. Moritz 2017, quando, pur dominando, finì quarta per aver incrociato le punte a metà tracciato. La aspettiamo per confermare l’oro olimpico a Pechino 2022. Marta Bassino, dulcis in fundo, era un cucciolo 18enne a Vail 2015, nella località americana stregata per l’Italia dello sci (zero medaglie in tre Mondiali, nel 1989, 1999 e 2015, maschi compresi) e fece sognare un podio per metà gara in gigante, prima di uscire; ai Giochi di PyeongChang 2018, tre anni più tardi, chiuse già quinta tra le porte larghe a due decimi dalla medaglia. Ora è pronta per il suo primo alloro internazionale e certamente favorita in gigante. Sia chiaro: sul podio possono provare a salire, come detto, anche tutte le altre italiane convocate, tranne, forse, in slalom, ma mi sa che i grandi eventi sono spesso il regno delle sorprese.

Con un pro e un contro. Quest’ultimo risiede nel fatto che, Goggia a parte (una vittoria e tre podi, ma purtroppo non potrà fare più nulla, in Veneto, quest’anno), tutte le atlete dell’attuale generazione presenti ai Mondiali di Cortina, sull’Olympia delle Tofane non sono mai entrate nemmeno tra le prime cinque classificate (la pista DrusciéA, quella dello slalom, va detto, sarà una novità a livello internazionale; quella di gigante non ospita invece gare di Coppa dal 2010) in nessuna disciplina; l’aspetto positivo riguarda il “momento”, che in uno sport di situazione come lo sci fa tutta la differenza del mondo. Oggi se Marta Bassino gareggiasse nello skeleton, tanto per capirci, forse salirebbe sul podio persino lì, mentre è vero che Brignone arriva ai Mondiali senza aver vinto ancora una gara. Umore, risultati, certezze, numeri, stato di forma e convinzione contano più di tutto, storia pregressa compresa. Conta l’hic&nunc, il “qui e ora”. E i Mondiali (non la vita, come cantava Baglioni), sono giusto adesso…

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Foto: Lapresse

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