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Sochi 2014: la storia dell’Africa ai Giochi invernali

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Nella storia dei Giochi Olimpici invernali l’Africa è l’unico continente a non aver mai conquistato una medaglia, eppure i suoi sparuti concorrenti sono spesso divenuti degli idoli del grande pubblico, anche per il semplice fatto di cimentarsi in sport che sono molto distanti dal clima e dalle tradizioni del proprio Paese di origine.

La prima partecipazione di un Paese africano alle Olimpiadi invernali si ebbe nel 1960, a Squaw Valley, quando il Sudafrica, allora in pieno regime di apartheid, presentò una squadra di pattinaggio composta da quattro atleti di origine britannica: Patricia Eastwood e Marion Sage nel singolo femminile e la coppia formata da Marcelle Matthews e Gwyn Jones nella danza. Proprio i danzatori ottennero il miglior risultato, chiudendo al tredicesimo posto, piazzamento che resta tutt’ora il migliore mai ottenuto da un Paese africano ai Giochi invernali.

Se escludiamo questo episodio, per avere i primi rappresentanti africani dobbiamo fare riferimento a Grenoble 1968, quando il Marocco presentò una vera e propria squadra di sci alpino maschile, che prese parte sia allo slalom speciale che allo slalom gigante: Mimoun Ouitot, Mohamed Aomar, Hassan Lahmaoui e Said Housni, relegati agli ultimi posti, non ebbero però grande successo, e questo probabilmente scoraggiò i Paesi africani per lungo tempo.

Il 1984 segnò una svolta storica: a Sarajevo il Marocco tornò a prendere parte alla manifestazione, in compagnia dell’Egitto e del Senegal. Lamine Guèye, che aveva fondato poco prima la Federazione Senegalese di Sci, divenne così il primo africano di colore a partecipare alle Olimpiadi invernali, classificandosi 51° in discesa e 57° in gigante. Con il suo 38° posto in slalom, il marocchino Ahmad Ouachit fu il miglior rappresentante continentale della manifestazione.

A Calgary 1988 fu di nuovo il solo Marocco a presentarsi ai Giochi, ed Ahmad Ouachit risultò una nuova volta il migliore, concludendo al 41° posto lo slalom speciale vinto da Alberto Tomba.

Nel 1992, ad Albertville, oltre al solito Marocco, si ripresentò il Senegal e fecero il proprio esordio l’Algeria ed il piccolo Swaziland. Tante furono le novità: il Marocco e l’Algeria presentarono per la prima volta delle donne nelle competizioni di sci alpino, con la marocchina Nawal Slaoui che si classificò 41ma in slalom, ottenendo il miglior risultato in assoluto, uomini compresi, per il continente africano in questa edizione; lo Swaziland fece la sua unica apparizione grazie a Keith Fraser, sciatrice scozzese che aveva acquisito la cittadinanza del Paese africano; Lamine Guèye non fu più solo, ma si presentò assieme al connazionale Alphonse Gomis, ed entrambi presero parte a tutte le prove dell’alpino; il Marocco presentò per la prima volta una squadra di sci di fondo maschile.

A Lillehammer 1994 si presentarono solamente due delegazioni: il Senegal, con il solito Lamine Guèye, che divenne il primo africano a prendere parte a tre edizioni dei Giochi invernali, ed il Sudafrica, che fece il proprio ritorno dopo l’esperienza del 1968. Il Sudafrica presentò un atleta dalle chiare origini italiane, Dino Quattrocenere, che prese parte al singolo maschile del pattinaggio artistico, chiudendo 24°. Cindy Meyer fu invece la prima rappresentante del continente africano a cimentarsi nello short track.

A Nagano 1998, insieme al Sudafrica fece il proprio esordio il Kenya, con un’atleta che, un po’ come Lamine Guèye nello sci alpino, diventerà il simbolo dell’Africa nel fondo: Philip Boit. Iscritto nella 10 km in tecnica classica, Boit chiuse 92° la sua prima esperienza a cinque cerchi. La pattinatrice sudafricana Shirene Human si classificò ventiquattresima nel singolo femminile.

In compagnia del Kenya e del Sudafrica, a Salt Lake 2002 fece la sua unica apparizione, almeno fino ad ora, il Camerun, con il fondista Isaac Menyoli. Nella sfida con il keniota Philip Boyt, però, l’architetto camerunese uscì sconfitto, sia nella sprint che nell’inseguimento. Alla sua seconda partecipazione olimpica, lo sciatore sudafricano Alexander Heath ottenne un più che dignitoso 27° posto in slalom.

A Torino 2006, l’Africa entrò in massa ai Giochi invernali: non solo parteciparono il Kenya e il Sudafrica, ma l’Algeria fece il proprio ritorno dopo 14 anni, così come il Senegal dopo dodici, ed esordirono l’Etiopia ed il Madagascar. I nomi degli esordienti sono forse noti ai più attenti: Robel Teklemariam rappresentò l’Etiopia nella 15 km tecnica classica, e riuscì a battere nettamente il keniota Boyt, alla sua terza partecipazione; Mathieu Razanakolona fu invece 39° nel gigante per il Madagascar. Il sudafricano Alexander Heath fu nuovamente 27°, questa volte in gigante, ed un suo connazionale, Tyler Botha, ruppe il ghiaccio – è il caso di dirlo – nello skeleton, chiudendo al 21° posto. Il Senegal presentò un nuovo sciatore: il giovane Leyti Seck.

Il record di partecipazioni africane, sei, è condiviso con Vancouver 2010, quando i Paesi iscritti furono Algeria, Etiopia, Senegal, Sudafrica, Marocco (al rientro dopo diciotto anni) e l’esordiente Ghana. Il migliore di tutti fu proprio il novizio ghanese Kwame Nkrumah-Acheampong, che in slalom chiuse al 47° posto. In questa edizione, però, nessuna donna africana prese il via. Il fondista Robel Teklemariam si ripresentò per l’Etiopia, mentre Philip Boit non riuscì a qualificarsi per i suoi quarti Giochi Olimpici. Anche il Senegal ripropose Leyti Seck nell’alpino.

Fino ad ora, quindi, sono undici i Paesi africani ad aver preso parte alle Olimpiadi invernali, con il record di partecipazioni che spetta al Sudafrica (sei). Lo sci alpino, lo sci di fondo, il pattinaggio di figura, lo short track e lo skeleton sono gli sport che hanno potuto vantare almeno una partecipazione africana, mentre le donne non sono mai andate al di là dell’alpino, dello short track e del pattinaggi di figura, e ad oggi solo il Sudafrica, l’Algeria ed il Marocco hanno presentato delle atlete. Inoltre, nessun atleta africano è andato oltre le tre partecipazioni, un record condiviso da Lamine Guèye, Philip Boyt ed Alexander Heath. Tanti sono quindi i record e le barriere da infrangere, magari a partire dal mese prossimo.

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giulio.chinappi@olimpiazzurra.com

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