Ciclismo
Giro d’Italia 2021, il premio alla carriera del Rosso di Buja. Alessandro De Marchi, un duro che non si è arreso
Da Rosso di Buja, a Rosa di Buja. Oggi è il giorno di Alessandro De Marchi, che dopo undici anni di carriera passati quasi sempre all’attacco, giunto al suo quinto Giro d’Italia, super protagonista di una fuga bidone, sotto una pioggia torrenziale, e un traguardo, quello di Sestola, decisamente infernale, è finalmente riuscito a togliersi la soddisfazione più grande della sua vita da ciclista. Ha raggiunto il sogno di ogni corridore: vestire la Maglia Rosa di leader del Giro d’Italia.
35 anni ancora da compiere il prossimo 19 maggio, una vita in supporto degli altri, alla costante ricerca di qualche soddisfazione personale. Un uomo tutto d’un pezzo, cresciuto e forgiato da un piccolo paesino friulano (Buja per l’appunto) di poco più di 6000 anime, orgoglioso del suo campione, capace di emozionare sempre e comunque quando è all’attacco. Alessandro è una delle immagini più belle e, possiamo dirlo, romantiche del nostro caro e amato ciclismo. Un uomo, un marito, un padre (a breve papà bis), un atleta sempre molto posato, senza fronzoli per la testa, che rappresenta un gran bell’esempio per i giovani di oggi che vorrebbero tanto arrivare sino al Giro d’Italia ma che forse, talvolta, non si rendono conto dei sacrifici, della dedizione che c’è alle spalle.
Il portacolori dell’Israel Start-Up Nation ha faticato per ben undici anni sino ad arrivare a questo giorno. Si è portato dietro rabbia, delusione per tutte quelle volte che ha accarezzato i suoi sogni più grandi. Ha vinto cinque volte nella sua carriera: tre tappe alla Vuelta a España, una più emozionante dell’altra, il Giro dell’Emilia nel 2018, e una frazione al Giro del Delfinato nel 2013; ma si sarebbe meritato molto, ma molto di più. Eppure non si è mai arreso. Ha sempre lasciato da parte tutta l’amarezza che ha dovuto pagare in tante, troppe occasioni. E anche oggi è stato così. Oggi forse di più rispetto a tante altre volte.
Sapeva che quella fuga di venticinque uomini, tutti molto vicini alla Rosa di Filippo Ganna, si sarebbe potuta rivelare l’occasione della vita. La stava cullando nella sua testa, nel suo cuore, ma senza sperarci troppo, come suo solito. Il finale era perfetto per lui. Appena la strada ha iniziato a salire nella seconda parte della tappa, appena Taaramae e Juul-Jensen hanno incrementato la loro azione, Alessandro non ci ha pensato due volte, e ha ridato vigore all’azione del suo gruppetto di inseguitori.
Non ha desistito, si è avvicinato chilometro dopo chilometro ai battistrada rendendosi protagonista di un forcing, tra un GPM e l’altro, semplicemente infernale, come ben pochi sanno fare. L’unico a resistergli è stato un abile Joe Dombrowski. Ripresa la coppia, Alessandro ha iniziato a crederci sul Colle Passerino, ma lo statunitense e un rapporto un po’ più agile, hanno avuto la meglio, lasciando comunque al friulano il secondo posto, il piazzamento, più bello della sua vita. Oggi De Marchi, nella sua purezza e semplicità, ha scritto una delle pagine più esemplari della storia del ciclismo, rappresentando a pieno l’essenza di questo sport.
Foto: Lapresse