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Rugby a 7
Rugby 7s: Italia, la strada è ancora molto lunga
Si è chiuso con un sesto posto l’esordio dell’Italseven nelle Grand Prix Series di rugby a sette. Un risultato anonimo, figlio di due soli successi nelle due giornate e che messo in evidenza i tanti problemi che i ragazzi di Andy Vilk hanno.
In campo, infatti, si è vista una squadra che ha faticato principalmente a costruire azioni pericolose d’attacco, con un possesso palla spesso sterile, con gli azzurri incapaci di guadagnare la linea del vantaggio. Non solo, perché spesso – e con il Portogallo nei quarti di finale è costato carissimo – banali errori di handling non solo hanno fermato potenziali azioni di meta dell’Italia, ma ha regalato agli avversari la chance di contrattacchi che hanno chiuso i match in largo anticipo.
Guardando alle individualità, sicuramente ci sono alcuni nomi che spiccano e dai quali si può e si deve partire. Con gli addii di giocatori come Niccolò Fadalti e Giovanni D’Onofrio l’Italseven ha perso due elementi che davano molto dal punto di vista di visione del gioco, il primo, e velocità e capacità di segnare mete, il secondo. Oggi Andy Vilk deve ripartire da Diego Antl, spesso l’unico a leggere le difese avversarie e trovare i break decisivi, Juan Alejandro Wagenpfeil, perfetto a farsi trovare pronto quando Antl scattava, Jacopo Salvetti e Alessandro Ciofani, i migliori in campo in Portogallo.
Ma, ancora una volta, a evidenziarsi è la scarsa attitudine degli azzurri a questo tipo di rugby. Una disciplina completamente diversa dal rugby a XV e che ha bisogno di giocatori specializzati. Serve sempre più un’Accademia dedicata al rugby a sette o, quantomeno, aspettando una riforma seria della disciplina olimpica da parta della FIR, di un numero maggiore di raduni da parte degli azzurri affinché Andy Vilk possa presentarsi ai tornei internazionali con ragazzi che non mostrino quella “timidezza” che si è evidenziata nella prima tappa delle Grand Prix Series.
Foto: Luigi Mariani – LPS