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America’s Cup, New Zealand odiata in patria. “Rifiutati i soldi dei contribuenti”. Trofeo all’estero “per un pugno di dollari”

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In Nuova Zelanda la vela è sport nazionale insieme al rugby e ogni successo è in grado di unire l’intero Paese in un virtuale abbraccio collettivo. Proprio come succede alle nostre latitudini quando la Nazionale di calcio riesce a regalare dei trionfi di prestigio, come ad esempio con l’apoteosi dei Mondiali 2006. I successi degli All Blacks fanno parte della quotidianità dei Kiwi e allo stesso modo i sigilli di Team New Zealand in acqua vengono celebrati a dovere e con tutti gli onori del caso.

L’ultima America’s Cup, difesa strenuamente al termine di una serratissima lotta con Luna Rossa in una finale al cardiopalma (i detentori della Vecchia Brocca hanno tremato sul 3-3), ha rappresentato un vero e proprio momento di svago per l’intera popolazione, in un momento di grandissima difficoltà dovuto all’emergenza sanitaria (anche se le parole contagio e lockdown erano decisamente meno impattanti rispetto a quanto lo fossero da noi).

Peter Burling e compagni hanno alzato al cielo la Coppe delle 100 Ghinee sotto il cielo di Auckland, in mezzo a un tripudio vero e proprio, meritandosi le copertine di tutti i giornali e la gloria imperitura. Team New Zealand ha accettato il guanto di sfida lanciato da Ineos Uk e ha subito iniziato le trattative con il Governo Nazionale guidato da Jacinda Ardern per mantenere la Coppa America nel Golfo di Hauraki anche per la prossima edizione, ma già da quel momento circolavano voci su un possibile trasferimento all’estero per volere del sodalizio guidato dal CEO Grant Dalton.

L’Esecutivo Neozelandese ha fatto la propria offerta: 99 milioni di dollari neozelandesi (circa 59 milioni di euro) per restare ad Auckland a difendere il trofeo. Team New Zealand non li ha accettati dopo tre mesi di colloqui e ha deciso che si andrà altrove, sono già diverse le opzioni sul tavolo. La mossa dei Kiwi ha però generato parecchio malumore in Patria e sul tavolo degli imputati non c’è il Governo, anche perché la premier Ardern è molto apprezzata (è stata rieletta nel 2020) e perché l’offerta economica è stata fatta.

In un momento del genere quasi 60 milioni di euro sono davvero molti e la popolazione lo ha pienamente capito, anche perché si è trattato di uno sforzo non indifferente. A essere giudicato ingrato è proprio Team New Zealand che ha rifiutato i soldi dei contribuenti e dei propri primi tifosi. I trionfatori di tre mesi fa non sono più così amati e ben visti, perché portare via la America’s Cup da casa soltanto per soldi è stato un vero e proprio schiaffo. Dalton e soci volevano il doppio dal Governo, ma si tratta di cifre insostenibili in un momento del genere.

Avremo più soldi per scuole, ospedali, farmacie” è la voce di qualche amareggiato neozelandese. Jacinda Ardern è stata molto chiara: “Sono una Kiwi anche io e anche io avrei voluto una difesa in casa, noi abbiamo fatto la nostra migliore offerta e non potevamo fare di più“. Team New Zealand ha abbandonato la propria gente per inseguire qualche petrodollaro in più (se si andrà in Medio Oriente) o qualche sterlina di guadagno (se si gareggerà all’Isola di Wight per buona gioia di Ineos), ma ne è valsa la pena?

Le casse di NZ non sono floride, ma va ricordato che l’ultima campagna di Coppa America aveva avuto un costo stimato di circa 60 milioni di euro. Dunque perché non accettare la cifra del Governo, supportata poi magari da qualche sponsor (Emirates è in difficoltà), e restare nel Golfo di Hauraki? “Non c’è un albero dei soldi” aveva detto Aaron Young, Commodoro di RNZYS (lo Yacht Club a cui fa riferimento Team New Zealand). Non c’è nemmeno per i contribuenti, i cui soldi erano stati messi generosamente sul banco da Jacinda Ardern.

Il trofeo sportivo più antico al mondo verrà conteso in altre acque, gli eventuali trionfi di Team New Zealand saranno sempre festeggiati dall’intera Nazione ma… “Per un pugno di dollari”, giusto per citare una delle opere più celebri di Sergio Leone, con Clint Eastwood protagonista sul grande schermo: anno di uscita 1964 ed erano dollari americani, qui siamo nel 2021 e si parla di dollari neozelandesi ma il discorso non cambia…

Foto: ACE Studio Borlenghi – America’s Cup Press

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