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Ginnastica, il crollo del dominio USA e un nuovo paradigma. Sunisa Lee salva il carrozzone, ma il sistema è a nudo

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Gli USA hanno dominato l’ultimo decennio nella ginnastica artistica femminile. La corazzata a stelle e strisce ha indirizzato l’universo della Polvere di Magnesio, vincendo la gara a squadre alle Olimpiadi di Londra 2012 e di Rio 2016 oltre che in cinque edizioni dei Mondiali (ovvero tutte quelle disputate dal 2011 al 2019 in cui era previsto il team event). Un sistema formidabile a livello agonistico e tecnico, ma che è crollato quando è emerso lo scandalo abusi sessuali che ha portato alla condanna ultrasecolare del medico Larry Nassar e all’uscita dai vertici federali dei coniugi Karoly.

Sembrava, però, che gli States riuscissero comunque a portare a casa il titolo anche a Tokyo 2021, ma il castello di carte è definitivamente caduto quando Simone Biles decideva di ritirarsi a causa dei suoi problemi psico-motori dopo i problemi avuti al volteggio (ha rischiato tantissimo in termini fisici). Senza la stella indiscussa, il resto della scuola d’oltreoceano si è dimostrato vulnerabile: Jordan Chiles ha commesso grossi errori, Grace McCallum non ha potuto inventarsi molto e Sunisa Lee non è bastata. La Russia risulta imbattibile e si prende il suo primo titolo a cinque cerchi trascinata dalla capitana Angelina Melnikova e dalle giovani Viktoriia Listunova e Vladislava Urazova: gli USA non sono più il movimento di riferimento a livello mondiale.

Scossi dalle dichiarazioni di Simone Biles, che ha evidenziato le pressioni ricevute e ha messo a nudo un sistema che mangia e divora gli atleti, si temeva di perdere lo scettro anche nel concorso generale individuale. Sunisa Lee si è però inventata la magia e a 18 anni si è laureata Campionessa Olimpica all-around, giganteggiando alle parallele asimmetriche e sfruttando un paio di uscite di pedana della brasiliana Rebeca Andrade al corpo libero. La ragazza del Minnesota prolunga la striscia di sigilli americani nella gara che premia la ginnasta più completa sui quattro attrezzi e trionfa dopo Carly Patterson (Atene 2004), Nastia Liukin (Pechino 2008), Gabby Douglas (Londra 2012), Simone Biles (Rio 2016). La 18enne ha salvato la situazione e ha un po’ mascherato i problemi di una corazzata che non è più tale e che forse è alle prese con problemi esterni alle pedana più che con criticità tecniche.

Foto: Lapresse

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