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Basket femminile, Italia: i talenti non mancano. Ora serve cambiare marcia sognando Parigi 2024
Una delle assenze di squadra dell’Italia dal programma delle Olimpiadi è stata quella del basket femminile. Ed è stata anche una delle prime situazioni in cui il nostro Paese sapeva già da due anni di non esserci, a seguito dei risultati degli Europei 2019, finiti agli ottavi con la Russia. Lo stesso risultato si è avuto quest’anno, dopo un biennio che ha visto accadere mille cose, e contro la Svezia, in quella che è risultata essere davvero un’occasione persa per andare avanti e tentare l’assalto ai Mondiali 2022 via qualificazione nel prossimo febbraio (novità del nuovo ciclo FIBA).
Il biennio più recente, in particolare, ha vissuto tante fasi diverse. La prima: l’approdo di Lino Lardo, giunto dopo due partite con Andrea Capobianco alla guida, dopo il lockdown e dopo che un contatto neanche troppo misterioso con Pierre Vincent, ormai ex allenatore di Schio, non era andato a buon fine. La seconda: la scelta dello stesso Lardo di non portare più Giorgia Sottana, veterana e capitana, nonché nell’annata 2020-2021 miglior tiratrice da tre dell’intero campionato di Serie A1 con il 47.58%, per le qualificazioni agli Europei. Il gruppo che si è creato ha portato a casa quattro vittorie, tra cui quella importante con la Repubblica Ceca.
La terza: alla vigilia degli Europei, scelta di non portare neppure la giocatrice più importante dal punto di vista difensivo dell’era recente, Martina Crippa, con decisione di fatto di affidarsi in gran parte a Cecilia Zandalasini, al blocco di Venezia e a quello di Schio. Tutto bene (anche in termini di espressione del gioco del gruppo) fino alla partita con la Serbia, persa nel finale, e a quella con il Montenegro, andata via facilmente, ma già con la Grecia si sono viste le avvisaglie di quello che poi è accaduto con la Svezia, dove solo “Zanda” è riuscita a tentare invano di tenere la barca a galla, prima che affondasse definitivamente.
Tutto questo ha portato l’obiettivo temporale direttamente sul 2023, con annessa nuova edizione degli Europei e nuovo ciclo verso le Olimpiadi. Va detto: non sarà semplice per noi, ma nemmeno per tante altre (la Serbia non avrà più Sonja Vasic che si è ritirata e Jelena Brooks che smette con la Nazionale, e anche in Francia e Spagna ci sarà del ricambio generazionale). Sarà importante cogliere il segnale di questi due anni di potenziale transizione, ma serviranno anche vari interventi a tutti i livelli.
Oltre alla formazione del gruppo per il 2023, bisogna guardare più indietro. E la realtà parla di un nutrito gruppo giovanile che può far bene, specialmente per quanto riguarda la classe 2001-2002, ma che ancora non è stata mandata a “rischiare” in campo europeo, dove la più giovane era la decisamente talentuosa Lorela Cubaj, classe ’99 al via già due anni fa e che avrà un futuro importante in Europa (e forse anche in America, se ne avrà la possibilità). Naturalmente, sia ben chiaro, il discorso è molto più ampio di così: ci sono tante valutazioni legate al gruppo che devono essere messe in atto, perché non è detto che inserendo una persona in un contesto, allora quel contesto si rivela automaticamente più performante. In questo senso, per esempio, vanno viste le presenze per il Canada di Laeticia Amihere, terza miglior rimbalzista, classe 2000, e per la Francia di Marine Fauthoux, importante nella finale per il 3° posto (12 punti, anche ben distribuiti), classe 2001.
A livello giovanile non ha aiutato nemmeno la decisione di non far giocare alle selezioni Under 18 e Under 16 i rispettivi European Challengers, che pur essendo non dei veri e propri Europei per struttura avevano perlomeno i crismi di qualcosa di competitivo. Soltanto gli European Challengers Under 20 e gli appena iniziati Mondiali Under 19 sono rimasti, anche se in quest’ultimo caso ancora un’altra decisione ha impedito che ci fossero le classe 2004, da Matilde Villa in giù. Spazio, dunque, solo alle 2002 e 2003 (e a numerosi acciacchi capitati in preparazione). Non hanno aiutato, queste cose, perché il confronto internazionale, a queste età, è di grande importanza: basta chiedere a chiunque faccia parte di un gruppo nazionale se preferisca un’estate di “riposo” oppure un’opportunità di andarsi a giocare qualcosa in compagnia di altre persone con cui, in fin dei conti, non si condivide solo la pallacanestro.
C’è tanto, dunque, di cui parlare esternamente a un non semplice tentativo di caccia a Parigi 2024, un tentativo che vedrebbe presumibilmente Zandalasini nei migliori anni della carriera, l’ingresso della nuova linea giovane alle prime grandi responsabilità continentali, il mantenimento di un collante azzurro rappresentato dalle certezze attuali, che sono Penna, Pan e la già citata Cubaj. Tutto passa dalle qualificazioni: sorteggio proprio in questo mese, prima finestra a novembre. E c’è un altro segnale positivo da prendere dai tempi attuali: le cinque squadre italiane nelle Coppe europee. Reyer Venezia e Famila Schio sempre in Eurolega, l’una nei gironi e l’altra nelle qualificazioni (la qual cosa è sostanzialmente un evento, dato che il Famila da tanti anni è direttamente nella regular season), Virtus Bologna, Campobasso e Sassari in EuroCup, l’una già nella prima fase, le altre due nei preliminari. Il che corrisponde proprio a quel contesto europeo che è necessario a un basket femminile che, in tempi recenti, ha sofferto proprio per non averlo a livello di club. E una simile situazione (unita al viaggio di qualcuna all’estero, come Alessandra Orsili in Spagna) può anche aiutare in termini di conoscenza di nuove responsabilità. In breve: bagaglio di esperienza, quello che poi torna utile.
Foto: FIBA – Ciamillo