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America’s Cup, melina di New Zealand e avversari non rispettati. Scadenza bucata: dove si gareggerà? Auckland alla ribalta
Da sei mesi promettevano che venerdì 17 settembre avrebbero annunciato dove e quando si sarebbe svolta la prossima edizione della America’s Cup. Il tanto atteso giorno è arrivato, ma non c’è stata traccia della comunicazione tanto attesa. Team New Zealand non ha rispettato la scadenza che si era fissata, si è presa ulteriore tempo per comprendere meglio dove organizzare la competizione sportiva più antica al mondo e per valutare i dettagli delle singole candidature rimaste in gioco. Il tutto è stato comunicato in maniera ufficiale, con assoluta tranquillità e senza particolari agitazioni: da detentori della Vecchia Brocca hanno il diritto di scegliere dove e quando regatare, ma questo tirare troppo la corda appare oggettivamente poco gradevole.
Semplicemente ci sono altri equipaggi che aspettano di conoscere i dettagli dell’evento per poter lanciare la propria sfida e questo procrastinare, ora tra l’altro senza una data definita, non è rispettoso. Luna Rossa attende alla finestra, come anche i britannici di Ineos Uk (Challenger of Record) e il sodalizio statunitense (oltre ad altri possibili interessati, leggasi gli svizzeri di Alinghi), ma deve sottostare al gioco della realtà guidata dal CEO Grant Dalton: una melina asfissiante che arricchisce il romanzo della Coppa America, ma che nel panorama mondiale attuale sembra quasi stucchevole. Peter Burling e compagni hanno difeso il titolo lo scorso 17 marzo, sconfiggendo Luna Rossa per 7-3 in una tiratissima finale: avevano scelto di annunciare i dettagli della prossima edizione a sei mesi di distanza dal trionfo e invece…
“Ci prendiamo altro tempo per valutare meglio la situazione“. Questo il succo del comunicato ufficiale. Una quantità di tempo non meglio precisata. Per tutta l’estate si era fatto un gran parlare del rifiuto ai circa 60 milioni di euro offerti dal Governo Nazionale per mantenere l’evento nelle acque di Auckland, delle 35 candidature estere pervenute e della scrematura che ha portato alla shortlist, con il ballottaggio tra Cork (Irlanda), Jeddah (Arabia Saudita), Valencia/Barcellona (Spagna). Poi all’ultimo minuto, letteralmente all’ultimo minuto, è spuntata fuori la fantomatica lettera del miliardario Mark Dunphy.
Il presidente di Greymouth Petroleum aveva più volte dichiarato di volere mantenere l’evento ad Auckland, aveva offerto i propri soldi chiedendo però le dimissioni di Dalton. Aveva parlato tanto, ma senza avere nulla di concreto in mano. Anzi, gli stessi Kiwi avevano dichiarato che non c’erano stato incontri produttivi e che tutto era stato un po’ fumoso. Poi, quando ormai si stava entrando in venerdì 17 settembre, ecco che nella casella di posta di Team New Zealand spunta una e-mail di Dunphy e il mondo si ferma. Cosa ci sarà stato scritto di così importante per bloccare tutto non è dato da sapersi. Semplicemente, però, non si fa così e le promesse sono sempre un debito da onorare.
Grant Dalton ha dichiarato che “Auckland non è fuori dai giochi” e che “valuteremo meglio questa pista“. Sembrano quei salvataggi dell’ultimo secondo tipici dei blockbuster americani… Addirittura Dunphy ha aperto un sito internet per fornire informazioni riguardo allo status di questa operazione per mantenere la Coppa America nel Golfo di Hauraki. La sensazione è che a questo punto Auckland sia ripassata in vantaggio, ma è tutto letteralmente in alto mare e non è dato sapere quando la situazione si sbloccherà. Vero che Lessing affermava che “l’attesa del piacere è essa stessa piacere”, ma…
Foto: Luna Rossa Press