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Basket: è scontro tra Gianni Petrucci e la GIBA sull’utilizzo degli italiani in Serie A
Domenica piuttosto agitata nel basket italiano, almeno sulle onde di quello che è stato un sabato non propriamente tranquillo dalle parti della Federazione Italiana Pallacanestro, o meglio di Gianni Petrucci. Il massimo dirigente del movimento tricolore è al centro di una vigorosa polemica legata alle modalità d’uso in tempi futuri dei giocatori italiani in campo.
Petrucci, infatti, dalle pagine dell’edizione di ieri del Corriere dello Sport aveva paventato, pur senza citazione esplicita alcuna, il cambiamento della regola per cui a roster, in Serie A, ci devono essere almeno cinque o sei italiani (a seconda della formula 5+5 o 6+6, legata alla conformazione della squadra). Queste le sue parole ad Andrea Barocci: “Per me bisognerà rivalutare tante norme che abbiamo e che possono essere cambiate. Ad esempio quelle “protezionistiche”: vanno studiate bene per capire se portano vantaggi o svantaggi. Noi dobbiamo essere aperti a tutti, perché nei prossimi tre anni si adotteranno delle nuove regole. Insomma, va capito se quelle adottate in passato sono ancora attuali“.
Pronto il comunicato di risposta della GIBA, l’associazione che sovraintende ai diritti dei giocatori del nostro Paese. Il comunicato è chiaro e potente: “Il tema delle quote di atleti formati nella massima serie italiana è da tempo argomento che sta a cuore alla GIBA. I risultati degli ultimi anni, con una crescita dell’impiego dei giovani nel nostro campionato di Serie A, sono legati alla possibilità di avere l’obbligo di presenza di giocatori di formazione italiana e alla previsione di premialità per chi investe su di loro. Regole che oggi sono simili in ogni paese europeo e che per noi dovrebbero essere riviste con una previsione di maggiore impiego di atleti di formazione. L’esempio di giocatori che hanno raggiunto la Serie A e hanno avuto la chance di giocare e magari non andare in prestito o rimanere in Serie A2 ha portato ad avere italiani pronti per la nazionale e per giocare al massimo livello europeo. Le statistiche in nostro possesso e i risultati degli Azzurri dello scorso anno ne sono la testimonianza. Siamo convinti che il Presidente Petrucci, da sempre garante dei giocatori italiani, ascolterà con attenzione le nostre proposte e guarderà alle statistiche di questi anni che mostrano inequivocabilmente come le quote obbligatorie di atleti di formazione non sono protezionismo, bensì giusta programmazione e tutela per la pallacanestro italiana“.
A fine giornata, risposta tramite il sito della FIP di Petrucci, indirizzata evidentemente proprio alla GIBA più che a qualsiasi altro interlocutore: “Dal momento della mia ultima rielezione ho ravvisato la necessità di attuare alcuni cambiamenti a mio avviso imprescindibili per rilanciare il movimento del basket italiano. Si rende dunque inevitabile una profonda e ampia analisi che non può non riguardare anche l’impiego dei giocatori italiani nei nostri campionati, tema che ho sempre avuto a cuore anche in veste di Presidente del CONI e che reputo tutt’ora centrale per la tutela del nostro patrimonio di atlete ed atleti. Quando si vagliano cambiamenti così centrali per una disciplina è determinante prendere in considerazione tutte le opzioni possibili. È per questo motivo che, pur considerando importante il dialogo con tutte le componenti, ritengo controproducente ricevere aut aut da qualunque soggetto in causa“.
Il tema degli italiani in campo è sempre stato particolarmente caldo negli ultimi 20 anni di pallacanestro: nelle ultime stagioni sembra essersi trovato un accettabile equilibrio tra la quota stranieri e quella italiani. Il tema resta però sempre caldo, soprattutto nel momento in cui l’Italia, in un modo o nell’altro, è tornata a produrre giocatori da Eurolega (lasciando il discorso NBA per un attimo da parte) e, soprattutto, ha sfiorato l’ingresso in semifinale olimpica, passato letteralmente a uno scarico di Heurtel di distanza.
Credit: Ciamillo