Motocross
Motocross, si è conclusa la carriera di Tony Cairoli. Le statistiche di un fuoriclasse misconosciuto dal grande pubblico italiano
Quest’oggi si è concluso il Mondiale di Motocross 2021 e, con esso, la carriera di Tony Cairoli. Il siciliano, classe 1985, ha deciso di appendere il casco al chiodo a 36 anni preferendo dire “basta” in un momento in cui è ancora competitivo, senza correre il rischio di trascinarsi e diventare l’ombra di sé stesso. Infatti la sua ultima stagione agonistica non è certo stata da disdegnare. L’italiano ha chiuso la classifica iridata al sesto posto, raccogliendo due vittorie.
Una carriera cominciata con le stigmate del predestinato, poiché la sua attività giovanile è stata infarcita di successi. Arrivato nel Mondiale nel 2002 con una Honda, inizia a farsi valere dal 2004, quando si trasferisce in Yamaha, raccogliendo la prima vittoria in MX2, la categoria cadetta. Da lì è un crescendo rossiniano. Nel 2005 arriva il primo titolo iridato, mentre nel 2006 si deve inchinare per una manciata di punti al francese Christophe Pourcel. Poco male, perché Antonio nel 2007 è un mostro, imponendosi in undici dei quindici GP a cui prende parte. Il secondo Mondiale viene conquistato sul velluto e chissà come sarebbe finito il 2008, quando Cairoli si infortuna seriamente ai legamenti di un ginocchio poco dopo metà stagione, in un momento in cui guida la classifica generale seguito dal sudafricano Tyla Rattray, che infatti si trova la strada spianata verso il successo finale.
Il 2009 è l’anno del salto nella classe regina, la MX1, ed è qui che comincia la leggenda. Pronti, via, e Tony è subito Campione del Mondo, sempre con Yamaha. A questo punto, però, si concretizza “il matrimonio del secolo”, quello tra Cairoli e la KTM. Nozze molto rischiose, perché la Casa austriaca non vince un titolo dal 1985. Eppure l’unione genererà uno sodalizi più proficui di sempre. Montato in sella alla SX-F 350, Antonio instaura un autentico dominio, perché nei successivi cinque anni non ha avversari. Il siciliano si fregia in scioltezza degli Iridi 2010, 2011, 2012, 2013 e 2014 con numeri da paura, poiché, da solo, vince 43 GP. Tutti gli altri piloti messi assieme arrivano a 37!
Soprattutto, con sei titoli consecutivi nella top-class (nel frattempo diventata MXGP) riesce a battere il record del belga Joel Robert, che ne aveva fatti propri cinque di fila dal 1968 al 1972. Per Tony si materializza la possibilità di eguagliare il primato di 10 Mondiali tout-court, detenuto dall’altro belga Stefan Everts. Ne mancano “solo” due, però qualcosa si rompe. È il suo gomito, che gli impone di prendersi una lunga pausa proprio nell’anno in cui passa dal modello 350 al 450. Cairoli abdica, lasciando sul piatto l’Iride 2015. Come se non bastasse, alla vigilia della stagione 2016, si infortuna alle costole. Il nuovo fenomeno del motocross, lo sloveno Tim Gajser, di undici anni più giovane ringrazia, poiché proprio all’inizio dell’anno prende un vantaggio decisivo.
Il siciliano, però, dimostra viepiù di essere un fuoriclasse, tornando Campione del Mondo nel 2017, contenendo il ritorno del compagno di squadra Jeffrey Herlings. Quest’ultimo nel 2018 non lascia scampo a nessuno, ma per Antonio nel 2019 il decimo titolo iridato sembra potersi concretizzare. Quattro vittorie e due secondi posti nei primi sei GP stagionali lo lanciano in testa alla classifica, ma poi un serio infortunio alla spalla manda il sogno in frantumi. Trovatosi di fronte rivali di un decennio più giovani, Cairoli capisce che la natura sta facendo il suo corso. Dopo il 3° posto nel Mondiale 2020, a settembre 2021 la decisione di smettere, ancora in forze e competitivo.
La carriera del siciliano si chiude con 9 Mondiali complessivi, di cui 6 nella top-class, e 94 Gran Premi vinti. Solo il già citato Everts (10 titoli, 7 nella top-class e 101 vittorie) ha fatto meglio, anche se il belga sta per essere scavalcato da Herlings in tema di affermazioni (a Campionati, invece, siamo ancora lontani). Oggi ha detto addio all’agonismo uno degli sportivi italiani più vincenti in assoluto, capace di tramutare il numero 222 in un simbolo di successo. Peccato solo che, nel corso degli anni, sia stato misconosciuto nel nostro Paese, non avendo ottenuto il riconoscimento mediatico che avrebbe meritato.
Foto: Valerio Origo