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Australian Open 2022, Matteo Berrettini risponde da n.7 del mondo allo scetticismo dei bookmakers…

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Sembrava quasi che in molti si fossero dimenticati un particolare fondamentale, nell’avvicinamento alla sfida tra Matteo Berrettini e Carlos Alcaraz, il terzo turno senz’altro di maggior richiamo mediatico tra tutti quelli presenti nel tabellone di singolare maschile. Tale particolare è legato al ranking del romano: numero 7 del mondo.

Dentro quel 7, che è un semplice numero, si nasconde tanto di più. C’è la capacità che ha sempre avuto Berrettini di alzare il livello di gioco nei momenti importanti, quella di saper soffrire, senza arrendersi praticamente mai anche quando la situazione era particolarmente complicata. E questo l’ha mostrato più volte in carriera. Basti citare, ad esempio, l’incredibile quarto di finale degli US Open 2019 contro Gael Monfils, con il francese a partire meglio, rimontare nel quarto set e farlo penare fino al tie-break del decisivo quinto su un Arthur Ashe Stadium trasformato in una bolgia (anche se non ai maleducati livelli di Monfils-Sinner di due anni dopo). E, sebbene non sia una storia finita bene, vale la pena anche ricordare i tre tie-break con il russo Karen Khachanov a Melbourne lo scorso anno, con il terzo giocato in preda a quei guai addominali che ne determinarono il forfait dal match con Stefanos Tsitsipas due giorni dopo.

Le agenzie di scommesse quotavano come più probabile una vittoria di Alcaraz rispetto a Berrettini, con quote che scendevano verso l’1.5 a favore dello spagnolo contro il poco più di 2 dell’italiano. Ma c’era di più: diversi si sono spinti a pronosticare, se non una mattanza, quantomeno una costante predominanza del murciano nei confronti del romano, cosa che pareva già di suo improbabile se fosse stato analizzato con attenzione il precedente di Vienna.

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Inoltre, l’impressione maggiore è stata certamente offerta dal fatto che Alcaraz abbia sì mostrato grandi doti, ma incontrando avversari ancora non in grado di dargli particolare fastidio. Un elemento, questo, comune a molti giocatori nei primi due turni (anche Nadal e Sinner, per citare due nomi, si sono trovati nella stessa situazione). Poca la consistenza che poteva offrire il cileno Alejandro Tabilo, maggiore quella potenzialmente in mano al serbo Dusan Lajovic, che però è lontano dai suoi tempi migliori. Per contro, Berrettini ha dovuto soffrire più del dovuto con l’americano Brandon Nakashima, un ottimo prospetto del futuro e già in grado di dar fastidio a molti, e per di più si è ritrovato con lo stomaco a dare segnali di ribellione. Due giorni dopo la tempesta era passata, ma con l’altro USA Stefan Kozlov non è stato ugualmente facile per certi tratti (e, del resto, più di una volta è capitato che Matteo cedesse un set nei turni iniziali degli Slam, senza che questo fosse un reale particolare preoccupante).

Il tratto distintivo del numero 1 d’Italia, però, è da sempre uno. Quello di saper capire il momento e le partite. Non è riuscito a sfruttare una situazione di 4-3 0-30 nel terzo set, di lì Alcaraz si è lanciato, ma lui non ha mollato, ha ricaricato le batterie e, nel quinto parziale, è stato sempre pronto, anche a costo di sbagliare. C’è, però, una ragione per cui nell’ultimo anno solo Novak Djokovic è riuscito a batterlo negli Slam, e nessun altro. Ma c’è di più: basta scorrere i nomi di chi lo ha sconfitto nei quattro tornei maggiori per capire che, tranne pochi episodi, non si parla di giocatori di secondo piano. Mannarino, Thiem, Simon, Kudla, Tsitsipas, Ruud, Federer, Nadal, Sandgren, Rublev, Altmaier, Djokovic: questi, da Melbourne 2018, quelli che lo hanno eliminato. Appare chiaro come i nomi che “stonano” siano quelli di Kudla, che giocò un gran match agli US Open 2018, per certi versi Sandgren, che però in Australia si spinse fino ai quarti nel 2020, e infine Altmaier, che sfruttò una pessima giornata di Berrettini, il quale patì il momento più duro, finora, della sua carriera da big.

Il numero 7 del mondo, del resto, la mentalità da top player ormai l’ha costruita. Con quella ha vinto tante partite che potevano creare problemi: restando solo al 2021, vengono in mente il primo turno con il sudafricano Kevin Anderson proprio agli Australian Open, il quarto di finale di Wimbledon con il canadese Felix Auger-Aliassime che vinse pur giocando male, in una giornata no, e i cinque set con il bielorusso Ilya Ivashka agli US Open. Ma c’è di più: probabilmente gli allibratori non hanno ricordato in sufficiente misura una partita giocata dal romano nel 2022, quella con Daniil Medvedev. Un anno fa ci perdeva in modo nettissimo, in ATP Cup è rimasto molto vicino, con una delle partite qualitativamente migliori di questo primissimo scorcio di stagione. Ed è anche una delle rarissime perse in lotta da Berrettini, che di norma tende a vincerle. Soprattutto quando si va al quinto set, del quale comprende sia gli splendori che le miserie, queste ultime per trasformarle nei primi.

Foto: LaPresse

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