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Australian Open 2022, Matteo Berrettini e le vittorie “pesanti” che mancano: sempre ko contro i migliori

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Una premessa: quanto fatto da Matteo Berrettini in questo Australian Open è stato di ottimo livello e storico, per quanto concerne le tradizioni italiche. Una costanza di rendimento che si è rivelata la vera qualità di Matteo, finora, tenendo conto che il romano è l’unico italiano della storia ad aver raggiunto le semifinali di tre dei quattro tornei del Grande Slam.

Tuttavia, alla fine della fiera, il Major non è stato ancora raggiunto e le motivazioni possono essere sia tecniche (rovescio non così solido ed efficace come servirebbe a un top-5) che fisiche (i tanti infortunio non hanno permesso a Matteo di raggiungere uno status di forma ideale).

Ciò detto, lo sviluppo degli Open australiani ha il sapore dell’occasione sprecata? Per certe versi sì. Non si vuol essere “incontentabili” però è chiaro che per vincere un torneo di questa tipologia vadano affrontati e sconfitti i migliori. Da questo punto di vista, Berrettini ha messo in evidenza che con giocatori come Novak Djokovic e Rafael Nadal le criticità non mancano nel raggiungimento non mancano, anche quando questi non sono al meglio, senza dimenticare il computo dei precedenti contro Daniil Medvedev (3-0) o Stefanos Tsitsipas (2-0).

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Contro un Nadal non al top per l’assenza dei campi e una preparazione un po’ particolare condizionata dal Covid, pensare di prevalere non era certo una chimera, ma l’andamento del confronto è stato ad appannaggio sensibilmente del maiorchino. Da ricordare che sul cammino di Matteo, in origine nei quarti ci sarebbe dovuto essere Djokovic.

Una sopravvalutazione di Matteo e delle sue possibilità? No, perché quanto fatto resta e nessuno lo può togliere. Tuttavia, al di là di questioni di ranking, è necessario anche tener conto delle vittorie “pesanti” nel proprio percorso che a conti fatti mancano. Le motivazioni possono essere diverse, ma probabilmente spiegano per quale motivo il romano non sia riuscito a entrare nel circolo virtuoso della top-5. Il definitivo salto di qualità passa proprio da questo.

Foto: LaPresse

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